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Il Dpcm del 10 ottobre 2016, in attuazione di quanto previsto dal decreto Sblocca Italia, prescriveva il potenziamento delle capacità di trattamento di quaranta impianti già presenti in Italia e disponeva la realizzazione di nuovi su tutta la Penisola.
In particolare, relativamente alla Sicilia, il testo recita che “risulta evidente l’assoluta necessità di localizzare sul territorio dell’Isola di almeno n. 2 o più impianti di incenerimento di capacità pari al relativo fabbisogno”. Secondo l’analisi condotta dal Governo, “La Sicilia presenta un fabbisogno residuo di incenerimento pari a 685.099 tonn/anno, corrispondente al fabbisogno di incenerimento in quanto la regione risulta priva di qualsiasi infrastruttura impiantistica dedicata all’incenerimento dei rifiuti”.
In contrapposizione all’ipotesi di realizzare due inceneritori sul territorio siciliano si è subito schierata Rifiuti Zero Sicilia, associazione ispirata alla strategia ideata dal chimico ambientale americano Paul Connet, che – ispirandosi al riutilizzo delle risorse che avviene in Natura – si propone di riprogettare la vita ciclica delle risorse in modo tale da riutilizzare tutti i prodotti, facendo tendere la quantità di rifiuti da conferire in discarica allo zero, in contrapposizione alle pratiche che prevedono un processo di incenerimento o discarica.
Proprio Rifiuti Zero Sicilia ha guidato l’azione legale per bloccare il provvedimento di realizzazione degli inceneritori previsto dal decreto del 2016, che ha portato a una sentenza del TAR del Lazio che ha accolto il ricorso presentato dagli ambientalisti: «La sentenza ha accolto uno dei rilievi che abbiamo posto all’attenzione del tribunale», spiega l’avvocato dell’associazione Giovanni Pappalardo. «Nello specifico è stata riconosciuta la necessità che il piano venisse sottoposto a valutazione ambientale strategica (VAS) prima di essere esitato. Per il governo nazionale, invece, sarebbe bastato effettuarla nella fase di progettazione di ogni singolo impianto».
Questa vittoria dimostra da un lato l’importanza che riveste il confronto con la società civile, dall’altro la percorribilità di una strada che porta verso un nuovo modello di gestione dei rifiuti, già oggetto di sperimentazioni più che positive in diverse città italiane: sono infatti sono 309, per un totale di 6.863.468 abitanti, i Comuni che hanno già adottato la strategia Rifiuti Zero.
«Il Tar ci ha dato ragione dopo anni di impegno. Ha confermato che non si può fare a meno di confrontarsi con i territori», ha detto la presidente regionale di Rifiuti Zero Sicilia Manuela Leone. «Quando si parla di impiantistica strategica, le soluzioni calate dall’alto non vanno bene. L’obiettivo deve rimanere sempre quello di ridurre la produzione dei rifiuti, per poi gestirli puntando su riciclo».
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