La parità di genere ed il linguaggio emotivo siano il cuore di un cambiamento radicale
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Giorni fa su “La Repubblica” Nicola Zingaretti ci apriva al futuro: “La pandemia ha messo in luce tutte le contraddizioni e le cose che non vanno, tra queste lo scarso ruolo e peso delle donne nel lavoro, nelle imprese e nella società. Questa per l’Italia è l’occasione di un cambiamento radicale. Promuovere davvero l’occupazione femminile ci chiede una visione di sistema, politiche che liberino il tempo delle donne, quindi investimenti nelle infrastrutture sociali che trasformino l’organizzazione sociale. Serve coerenza. La vita, le scelte, il protagonismo delle donne contano”.
Non a caso, penso, stiamo attraversando un periodo particolare e denso della nostra vita dove ci vengono richieste nuove progettualità, nuove finalità. È come se il Covid volesse rappresentare uno spartiacque. Sappiamo quanto una malattia, una guerra, una crisi esistenziale possa produrre in cambiamento, in rinascita.
Su queste nuove finalità le donne possono rappresentare un ottimo motore di avanzamento, di ricerca innovativa volta al superamento di vecchie logiche di appartenenza, di categorie precostituite. Sui temi del Sociale che investono la collettività, le donne rappresentano il valore aggiunto che deve essere riconosciuto e potenziato come già avviene da parte di alcune rappresentanze autorevoli di forte significato valoriale, se pensiamo ad esempio alle voci lungimiranti e costanti del nostro Presidente Mattarella e del nostro Papa Francesco. Sono uomini intellettualmente eletti con una veduta sul futuro sempre aperta al cambiamento, al rinnovamento, alla crescita interiore, ad una rinascita collettiva.
Abbiamo bisogno di figure maschili altamente culturali e avanti nel pensiero che creino un’onda corale di assenso verso questo riconoscimento istituzionale e sociale del femminile che rafforza il pregio della dignità umana e la conoscenza evolutiva a vantaggio di tutta la collettività.
Una nota aggiuntiva e molto importante per i nostri tempi attuali va fatta. Manca su questa direzione quel linguaggio emotivo e sentimentale che diviene sempre più prioritario (1), pietra miliare per la costruzione e costituzione di relazioni feconde e progetti appaganti che siano di avanzamento culturale. La cultura non si adagia mai, ma è sempre sotto avanzamento, in continuo movimento. E il linguaggio emotivo crea sempre movimento, trasporto, approfondimento e discernimento. La cultura senza educazione emotiva, sentimentale, non può vantarsi a pieno titolo nella sua accezione più profonda se noi non la trasformiamo anche in sentire, in condivisione, in memoria (citando Liliana Segre). Mancando queste basi che poi sedimentano e costruiscono la nostra storia è come se la Cultura camminasse zoppa, senza un pezzo della sua crescita sanatoria.
Le voci sociali e intellettuali si devono sentire, ampliare, da più parti devono consacrarsi; siamo alla ricerca fervida di quella coesione sociale in cui ognuno di noi si deve sentire responsabile della altrui voce significativa per accrescere benessere sociale, migliorare la qualità di vita. Ciò che viene a mancare è coro unanime, voci diverse e persistenti a seguito del nostro Padre Costituente, del nostro Padre gesuita; quelle voci fanno la differenza e creano merito a chi se ne assume la responsabilità e significato. L’anello di congiunzione fra il femminile e il maschile cammina fra noi ed è proprio rappresentato da quel coro che avanzando nella sua forma collettiva diventa auspicio, intenzionalità, responsabilità e agito personale e collettivo.
La voce unica va trasformata in agito personale e collettivo. Il coro alimenta sempre il pensiero, “repetita iuvant” alimentando approfondimenti comuni. Il coro trascina la storia, la condivisione può essere la nostra forza che ci aiuta a proteggere la bellezza del nostro vivere e a non inquinare il malessere come forza negativa che ci chiude, che ci blocca in una paura persistente e non costruttiva, senza poi saperci proteggere con assunzione di crescita, di merito. Mi unisco a queste voci: a Mattarella, al nostro grande gesuita, a Liliana Segre, al caro amico Bartolomeo Sorge post-martiniano, a chi oggi parla con saggezza e lungimiranza. Questa è veramente per l’Italia un’occasione di un cambiamento radicale.
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