O stafî: rinasce dopo un secolo il giornale scritto in genovese
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Genova - «La voglia di mettere in luce la visione di tanti fatti e avvenimenti di cui si parla poco è ciò che ci ha fatto riprendere in mano questo progetto ottocentesco». Così Camilla Ponzano mi racconta di come è rinato dopo più di cento anni O stafî, giornale scritto interamente in genovese. «Il numero zero, quello pilota, è uscito subito dopo i risultati delle elezioni europee, a maggio 2019, interamente autoprodotto grazie ai fondi e alle donazioni di Che l’inse, un’associazione che dal 2013 si occupa di valorizzare la cultura e la coscienza identitaria ligure».
LA REDAZIONE
Andrea Acquarone, il direttore editoriale, è il giornalista che ha aperto “Parlo ciæo”, la seguitissima pagina in genovese su Il Secolo XIX: «per questo ha deciso di rifondare l’O Stafi, un giornale esistito fino ai primi del ‘900, di stampo progressista, che, per esempio, invocava il suffragio universale per uomini e donne, già intorno al 1865».
La co-direttrice, Camilla Ponzano, architetto e attivista urbana, è diventata da subito la sua spalla per la realizzazione di questo progetto che propone una voce diversa, all’interno del ventaglio di giornali locali.
«Oltre a me e ad Andrea, a comporre la redazione ci sono diverse personalità che si dedicano con passione al progetto ed è grazie a loro che questa avventura, un po’ pazza, va avanti». Ogni numero, per esempio, contiene almeno un’illustrazione di una pittrice genovese, Irene Tamagnone, che trasforma in immagine alcuni articoli del giornale.
IL GIORNALE
Proprio questo mix di professionalità dà vita a un mensile che ragiona in modo lucido e che, oggi come ieri, si conferma in prima linea per dare voce a fatti poco conosciuti. «Si affrontano temi di attualità, c’è la pagina dedicata all’ambiente, all’economia, di scala ligure ma che guarda sempre all’Europa e al mondo, “la via internazionale”, in cui si parla di un fatto che accade fuori dai nostri territori, raccontato da un cronista dall’estero, passando per la letteratura e l’intrattenimento, con il cruciverba, dalle definizioni sempre molto taglienti, amatissimo da tutti i lettori».
La “frustata”, che richiama il nome stesso del mensile e che strappa un sorriso, talvolta amaro, è il tipico approccio dell’ironia ligure ed è uno dei motivi per cui questo giornale è così letto e apprezzato.
L’ESORDIO
Fino a gennaio 2020, i primissimi numeri sono stati una presentazione del progetto, per tastare l’interesse collettivo e dare il via alla campagna di abbonamenti. «Abbiamo deciso di iniziare con una tiratura di trecento copie, appoggiandoci a venticinque edicole amiche ed è andata molto bene».
Il primo numero ufficiale è uscito a febbraio 2020 e da agosto è in tutte le edicole da Cogoleto fino a Chiavari, con una tiratura più alta, millecinquecento copie.
«Non esiste ancora una parte web del mensile, ma verrà lanciata a partire dal numero di ottobre, che uscirà intorno al 26: abbiamo dato la priorità alla versione su carta perché ci piace pensare che l’“oggetto fisico” consenta alle persone che lo comprano di riscoprire il piacere di prendere un giornale in mano e ritagliarsi il tempo per leggerlo».
A calzare perfettamente con il progetto, poi, è la tipografia scelta, la KC, la prima stamperia a basso impatto della Liguria.
UNA LINGUA COME STRUMENTO D’INCLUSIONE
«Naturalmente ci sono tantissimi over 60 che leggono il nostro giornale, poi ci sono i critici d’arte che lo comprano come oggetto artistico, ma c’è anche una fascia molto giovane che si sta appassionando, perché c’è una tendenza a voler ritrovare le lingue delle proprie origini: così si riscopre la lingua dei nonni, col piacere di leggere argomenti su cui si è più ferrati».
Si affrontano temi che toccano da vicino fasce d’età più bassa: per esempio, si parla dei ragazzi di Friday for future e di questioni molto “g-local”, che riuniscono una dimensione locale, facendo da collegamento con il globale, attraverso lo strumento della lingua.
In questo senso, o stafi è un buon ponte di inclusione sia tra diverse generazioni che tra i vecchi e i nuovi cittadini liguri: «Sono tanti i ragazzi che per sentirsi parte di un luogo imparano qualche parola nella lingua locale e penso che trovare il modo di far parte dei sentimenti di un territorio sia uno strumento efficace di coesione sociale».
E se è vero che è arrivato il momento di raccontare questo mondo in fermento, di cui poco si parla, perché non farlo scrollando la polvere alla propria lingua d’origine?
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