I nuovi centri culturali italiani, laboratori permanenti di futuri possibili
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“Fabbriche, dighe, centrali elettriche abbandonate restituite alla comunità e convertite in laboratori teatrali, gallerie, sale proiezioni. Residenze artistiche nate spontaneamente in sperduti villaggi di montagna. Vecchie aziende agricole ed ex caserme diventate auditorium e spazi espositivi. Sono i nuovi centri culturali, una rete di realtà spesso lontane dai riflettori che unisce artisti, giovani antagonisti, attivisti, operatori del sociale, studenti. O semplicemente persone che amano il proprio quartiere e la propria comunità.
Si tratta di ecosistemi collaborativi che nel rispetto e nella valorizzazione del territorio hanno trovato una risposta alternativa alla crisi, trasformandosi in laboratori permanenti in cui immaginare nuovi, migliori, futuri possibili”.
“Bagliore”, edito dal Saggiatore e curato dall’agenzia cultura cheFare, riunisce sei racconti di giovani scrittori che si sono immersi nella vita quotidiana dei Bagni Pubblici di via Agliè a Torino, degli spazi del Cre.Zi. Plus a Palermo, dell’ExFadda a San Vito dei Normanni, dell’Ex Villaggio Eni a Borca di Cadore, delle Officine Culturali a Catania, di Pollinaria a Civitella Casanova.
Per saperne di più di questo progetto abbiamo intervistato Bertram Niessen, direttore dell’agenzia di trasformazione culturale cheFare.
Cos’è Bagliore e come è nata l’idea?
Bagliore è un libro edito da Il Saggiatore e curato da cheFare. È il risultato di un programma di residenze artistiche per scrittrici e scrittori under 35 in sei nuovi centri culturali in Italia: un percorso di 5 mesi che ci ha portato scrivere un libro-inchiesta sui nuovi centri culturali. Alla call di Bagliore hanno risposto 459 scrittrici e e scrittori, che sono poi stati selezionati da una giuria di qualità composta da Claudia Durastanti, Paolo Di Paolo, Andrea Gentile, Marilù Manta e Giacomo Giossi.
È un progetto al quale teniamo molto perché siamo convinti che ci sia un’assoluta necessità di raccontare i nuovi centri culturali fuori dalle retoriche un po’ stantie delle “cose da ragazzi”, da liquidare battendo una mano sulla spalla. Per noi nuovi centri culturali sono una realtà cruciale per l’Italia, e volevamo raccontarli nel modo più adeguato. È per questo che questo che quando è uscito il bando “Per Chi Crea” di MiBAC e di SIAE – che finanziato Bagliore – abbiamo scritto e presentato il progetto assieme a Il Saggiatore con grande convinzione.
Quali sono le realtà di cui si parla e come sono state selezionate?
Ci sono i Bagni Pubblici di Via Agliè di Torino; gli spazi di CLAC a Palermo, all’interno de I Cantieri della Zisa; l’ex stabilimento enologico di ExFadda a San Vito dei Normanni; l’Ex Villaggio Eni di Borca di Cadore; le Officine Culturali di Catania; Pollinaria a Civitella Casanova. Sono luoghi molto diversi tra loro così come diversissimi sono le autrici e gli autori. Federica Andreoni, Pierluigi Bizzini, Marco De Vidi, Giulia Gregnanin, Alessandro Monaci e Matteo Trevisani hanno sensibilità completamente diverse, composite dal punto di vista dei registri linguistici e delle prospettive dalle quali guardano ai luoghi e alle relazioni.
La selezione dei nuovi centri culturali è il risultato di anni di contatti, visite, scambi e lavoro sul campo. Ci sono letteralmente decine – se non centinaia – di luoghi che avremmo voluto raccontare; quelli raccontati in Bagliore sono in qualche modo rappresentativi di determinate tipologie che abbiamo voluto evidenziare: residenze rurali per il contemporaneo, grandi progetti di rigenerazione urbana a base culturale, spazi comunitari, case del quartiere, beni culturali dati in affidamento a cooperative innovative, casi virtuosi di trasformazione di eredità architettoniche complesse.
A chi si rivolge questo testo e dove è possibile trovarlo?
Il testo è rivolto sia a chi conosce già i mondi dei nuovi centri culturali e vuole vederli raccontati in modi diversi, sia a chi è interessato ad una lettura nuova di temi come le trasformazioni della città, delle aree interne, dell’attivismo sociale e culturale e dello sviluppo comunitario. Si può trovare in ogni libreria; se non c’è, basta ordinarlo. Una nota: l’ebook, per chi lo cerca, è disponibile ma non sul sito dell’editore, bensì su quelli delle principali piattaforme.
Perché questo titolo?
Bagliore è una luce nel buio, qualcosa che può aiutarci a vedere i contorni incerti degli strani tempi nei quali stiamo vivendo.
Com’è andato il programma di residenze artistiche nei nuovi centri culturali? Prevedete una nuova edizione?
Credo che si possa proprio dire che il programma è andato molto bene. Innanzitutto, sono nati dei bei rapporto tra gli autori e i nuovi centri culturali che li hanno ospitati. Mentre stavamo seguendo le residenze a distanza ci sono arrivate in continuazione foto di tavole, feste, momenti di vita collettiva (questa fase si è conclusa prima del lockdown). E poi credo che anche il rapporto tra gli autori e cheFare abbia funzionato. Ma insomma, alla fine è proprio questo il contenuto dei capitoli del libro.
Abbiamo già iniziato a ragionare su nuove edizioni possibili. Adesso, ovviamente, è tutto complicatissimo a causa del Coronavirus.
Ci piacerebbe fare un Bagliore 2, scegliendo altri nuovi centri culturali. In molti in realtà ci hanno chiesto di ragionare su formule ad hoc, come specifiche regioni o tipologie. Intanto, abbiamo esso in cantiere Quasar, un progetto con Caserma Archeologica di Sansepolcro che usa una metodologia curatoriale simile per raccontare, in digitale, quello che avviene nel nuovo centro culturale toscano attraverso gli occhi della fotografa Silvia Noferi e dell’autrice Eleonora Marangoni. È un work in progress, e potete trovare aggiornamenti sul nostro sito e su quello di CasermArcheologica.
In che modo la cultura collaborativa dal basso può contribuire ad affrontare le crisi attuali? E quanto queste esperienze sono oggi sviluppate in particolare in Italia?
Dal nostro punto di vista la cultura collaborativa è uno dei principali modi di affrontare le crisi portate dal Coronavirus, perché è in grado di costruire quei percorsi collettivi di senso dei quali abbiamo bisogno. In Italia le realtà che hanno a che fare con questi processi sono migliaia, diffuse in tutto il paese. In parte sono eredità di stagioni di mobilitazioni civili precedenti ed in parte sono nate negli ultimi 10 anni come risposta puntuale alle emergenze puntuali. Quello che serve loro è capire quanto sono forti, e in quali direzioni possono muoversi.
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