Un Villaggio per crescere, il luogo che promuove lo sviluppo dei piccoli e le competenze dei genitori
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Genova - I Villaggi per Crescere sono spazi gratuiti, allestiti in locali messi a disposizione da istituzioni, nei nidi o nelle biblioteche, in cui le famiglie e i bambini da 0 a 6 anni possono trascorrere del tempo insieme, leggendo, coltivando un piccolo orto, facendo musica o, semplicemente, rilassandosi.
In Italia ce ne sono dieci, sparsi lungo il territorio nazionale: Cervinara (AV), Cosenza, Genova, Foligno, Napoli – quartiere Pianura, Policoro (MT), San Cipriano d’Aversa (CE), Siracusa – quartiere Mazzarona, Torino – quartiere Barriera di Milano. Ognuna di queste aree è stata scelta dopo un’accurata analisi del territorio e un confronto sia con le istituzioni locali che con il Terzo Settore.
Garantire un’offerta educativa equa a tutte le famiglie con bambini in età prescolare residenti in quartieri dichiarati a rischio povertà educativa è l’obiettivo primario dei Villaggi.
A Genova, da settembre 2018, il Villaggio per Crescere si trova in Valpolcevera, dove erano già presenti circuiti di fragilità e di deprivazione morale e materiale, criticità accentuate dopo il crollo del Ponte Morandi. Ne ho parlato con Maria Carla Sivori, referente del progetto per la cooperativa ASCUR.
Le esperienze che facciamo fin da molto piccoli lasciano un segno nella personalità di noi adulti: nasce da qui l’idea di rivolgervi ai bambini in età prescolare in aree ritenute a rischio povertà educativa?
Proprio così. La prospettiva del Villaggio per crescere è quella dell’ecologia sociale (comunità, famiglie, bambine e bambini) con l’obiettivo di offrire l’opportunità equa di uno spazio e di un tempo dedicato, in cui il “fare insieme” promuova lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale dei piccoli, insieme alle competenze genitoriali dei grandi.
Ricordiamo che è un fare insieme, nella triade tra operatori, genitori e bambini ed è questa la grande peculiarità del progetto. Va da sé che la ricaduta sia nel “qui ed ora” e nel domani più prossimo, ma con effetti che durano per tutto il corso della vita, e, se vogliamo, in una visione ciclica più ampia e più ambiziosa, ma reale, delle future generazioni.
Ad accogliere le famiglie ci sono educatori e volontari formati: come gestite le attività in Valpolcevera e chi fa parte del team genovese?
Le attività sono quelle che nutrono la mente e il cuore dei bambini e delle bambine, sviluppando funzioni fondamentali, che implicano la relazione genitore-bambino ed entrano a farne parte anche a casa. Lettura condivisa, musica (dialogo sonoro, esplorazione strumentale), espressione corporea e movimento, gioco (motorio, simbolico, euristico), laboratori artistici e sul riciclo: gioco con il “semplice”, costruzione giochi, oggetti e strumenti musicali.
La gestione delle attività si snoda in lungo, anche in ragione della conformazione del territorio della Valpolcevera, dalla casa Beata Chiara a Pontedecimo fino a Certosa. Il calendario varia da periodo a periodo e cerca comunque di coprire, fra le diverse sedi, molti degli spazi fruibili dai bambini e dalle loro famiglie. Ad esempio, durante il lockdown abbiamo fatto moltissimo a distanza e le famiglie ci hanno dato feedback molto positivi dell’importanza di sentire la nostra vicinanza.
Gli operatori – io come coordinatrice, e poi Vanina e Alessandro – hanno una formazione specifica nel lavoro con i bambini e le famiglie, che viene però aggiornata e integrata costantemente, anche in sinergia con gli altri partner di questo progetto che è nazionale (capofila CSB Trieste, finanziato e promosso da ConIBambini).
In questi primi due anni di attività siete riusciti a ricostruire quei legami diventati così fragili, dopo il crollo del ponte Morandi?
Questa è una domanda difficile. Sicuramente posso affermare che, per la nostra piccola parte, siamo riusciti a stare vicini, con la presenza, il fare insieme e l’ascolto, ma anche a promuovere intrecci e scambi con le famiglie, quindi qualcosa abbiamo sicuramente “rimagliato” o contribuito a rimagliare. Questo in un’ottica di comunità, non solo educante, ma proprio di prossimità, importante sempre, ma nei momenti di fragilità, come sappiamo, ancora di più.
E se è vero che “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, come insegna un antico proverbio africano, in Valpolcevera il villaggio, in poco tempo, è diventato un’ancora di salvezza per tante famiglie, in un momento storico così difficile per la nostra città.
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