Una rete diffusa in 35 comuni rilancia la tradizione della lavanda
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Imperia - Raccontare un territorio vuol dire anche parlare dell’identità di un luogo, che si basa su quello che storicamente lo ha reso riconoscibile e su cui si è fondato un patrimonio culturale ed economico. Fino agli anni ’60 forza identitaria e tradizione per il Ponente ligure era la coltivazione della lavanda.
È da questi presupposti che è ha preso vita nel 2014 il progetto di coesione e valorizzazione territoriale Lavanda della Riviera dei Fiori che coinvolge 35 Comuni tra le province di Cuneo, Savona e Imperia. Nato su proposta del presidente di ENDAS Imperia Cesare Bollani – oggi coordinatore del progetto – in collaborazione con le associazioni culturali Arcimboldo e Ligys, il progetto prevede la creazione ed il potenziamento di una rete tra gli operatori dei settori agricolo, produttivo, commerciale e ricettivo legati alla lavanda, nonché uno strutturato piano divulgativo.
«Da più di 40 anni vivo nel territorio imperiese e mi sono sempre occupato. come libero professionista e consulente di promozione turistica, del connubio tra le arti, lo spettacolo, la tradizione e la buona tavola. Anche perché sono emiliano e facevo parte di associazioni enogastronomiche». Si presenta così Cesare Bollani che con le sue parole ci ha trasmesso una sentita appartenenza a questi luoghi e ci ha raccontato la nascita di questo progetto, sulla spinta della volontà di rilanciare il territorio, tenendo presente la necessità di un dialogo tra il mare e l’entroterra.
«Nel 2014 ho deciso, dopo la mia esperienza sul basilico e pesto, di puntare sulla forza del nostro territorio, ovvero il “triangolo” della Riviera dei Fiori, che si estende tra Ventimiglia e Finale ligure. Questa forza è la lavanda che in passato ha portato solo nella provincia di Imperia 500 aziende che distillavano i suoi fiori. Oggi tutto questo è sparito. Ho deciso così di rilanciare questo prodotto dell’entroterra permettendo anche alle persone che sono sul mare di vedere questa bellezza e gustare questi prodotti. Vogliamo realizzare un prodotto che possa dare un’integrazione di reddito alle aziende agricole ed avere un ritorno economico sul territorio».
Come spiega Cesare Bollani, la lavanda officinalis che si trova sulle Alpi Marittime liguri è tra le 39 specie migliori del mondo ed è quella che i Romani portarono in tutta Europa, usandola come cicatrizzante per le ferite e in alimentazione per digerire.
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«Dopo aver steso il progetto – continua – l’ho presentato ad Andrea Curto, che è un vivaista. Lui 7 anni fa mi ha fatto conoscere Franco Stalla che stava lavorando sulle lavande. È riuscito ad ottenere una lavanda officinalis brevettata con il nome di Imperia, che è l’ideale per l’alimentazione perché è senza canfora, fa quattro fioriture e come officinalis produce il doppio di olio essenziale. Non dimentichiamo però le altre lavande che erano presenti sul territorio. Il nostro progetto riguarda sei lavande, l’officinalis Imperia, di cui stiamo sperimentando anche l’uso alimentare. Noi facciamo già dei dolci, principalmente biscotti e crostate, e collaboriamo con gli artigiani del mondo del gelato e del pane. Con la mia esperienza di cucina e di gusto, che è la mia passione, e la collaborazione anche con l’Associazione storica Ligys, abbiamo infatti trovato ricette antiche di lavanda del nostro entroterra».
Il marchio a “L” che si trasforma in farfalla ha preso così il volo attraverso diverse collaborazioni. Per citarne alcune, nel 2015, le Pastiglie Leone alla Lavanda della Riviera dei Fiori; un gemellaggio culturale con il Salento basato sulla storia del grano ha dato vita ad un taglierino alla lavanda; dall’incontro con l’Azienda Agricola Lavagè sono nati i formaggi affinati alla lavanda “Imperia”, che hanno permesso al progetto di entrare sul mercato di Genova.
Cesare ci parla anche dei piani per il futuro. «Nel 2021 entreremo nel mondo del wedding e lo faremo realizzando confetti con una confetteria storica pugliese. La Puglia è trainante in questo senso: ama lo scambio con i territori!».
L’identità del progetto si basa anche sul recupero della memoria storica legata alla lavanda, coinvolgendo persone della terza e quarta età che hanno trasmesso i saperi e la manualità delle lavorazioni.
«È un progetto in espansione. Lavoriamo sul turismo, ma anche sul settore agricolo che ha bisogno di collaborazione e aiuto». Tutto questo ha rappresentato infatti anche un incentivo per il recupero di terreni abbandonati o incolti che sono stati messi a disposizione da alcuni comuni. «Mi fa molto piacere il fatto che abbiamo trovato terreno fertile nei giovani, anche quelli senza una storia familiare di agricoltura alle spalle».
«A livello turistico presentiamo la storia e la cultura del borgo. Le nostre aziende hanno iniziato ad organizzarsi con degli alambicchi mobili e nel periodo della alambiccata – che va da maggio a ottobre – portano il profumo di lavanda alle persone organizzando dimostrazioni su come nasce l’olio essenziale o cos’è l’idrolato, ad esempio. Abbiamo anche creato dei punti come olfattoteche».
Il percorso conoscitivo prosegue nel campo sperimentale del Centro la Bicocca che si trova ad Albenga, in cui sono presenti 100-200 varietà di lavanda, un luogo dove mostrare lo studio che c’è dietro questo ampio progetto. «Tutti i nostri produttori hanno la possibilità di consegnare al proprio cliente l’analisi del proprio olio essenziale. E di questo devo ringraziare la collaborazione del dottor Minuto della Camera di Commercio di Albenga che ci ha permesso di creare questo centro di analisi. Lì i nostri produttori possono far analizzare ogni lotto, che essendo un prodotto agricolo risente di quello che è la terra e dove esposto verso il mare».
«L’agricoltura è così – conclude Cesare – ti dà il gusto e il sapore di dove vivi e dove sei».
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