8 Lug 2020

Resilienza: cosa significa per persone e comunità, e come coltivarla

Scritto da: Clara Lobina

Cosa significa davvero resilienza? Come possiamo diventare resilienti non solo come persone, ma come comunità? Come progettare sistemi resilienti? Qui trovi risposte e molti esempi.

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Indice

Cos’è la resilienza?
I diversi tipi di resilienza
Cosa significa essere persone resilienti?
Come diventare persone resilienti
Educare alla resilienza – Le 7 C
Sistemi resilienti: come progettarli
Comunità resilienti: che caratteristiche hanno?
Permacultura, Transizione
Esempi di resilienza

resilienza: una pianta che cresce in mezzo alle rocce
Fonte foto: Timon Studler su Unsplash

Cosa significa resilienza?

Secondo lo Stockholm Resilience Centre, la resilienza è la capacità di un sistema, che sia un individuo, una foresta, una città o un’economia, di affrontare il cambiamento e continuare a svilupparsi. Si ha resilienza quando la natura o gli esseri umani trasformano shock e disturbi come una crisi finanziaria o i cambiamenti climatici in occasioni per rinnovarsi e diventare creativi. 

L’Accademia della Crusca definisce la resilienza come la capacità di sostenere gli urti senza spezzarsi. In latino resilire significa saltare o rimbalzare, quindi essere in grado di rispondere positivamente a cambiamenti indesiderati, o addirittura farne un trampolino verso un nuovo e migliore equilibrio. Come le corde di una racchetta da tennis che colpendo la pallina si tendono e accumulano l’energia che un attimo dopo servirà a respingerla. 

La resilienza è l’opposto della fragilità ma non significa resistenza: non è opporsi all’urto ma assorbirlo, ammortizzarlo, se possibile trasformarlo in un’occasione di rinnovamento. Nel 1973 Crawford Stanley Holling l’ha definita come la quantità di anomalie che un ecosistema può tollerare senza cambiare i processi di autorganizzazione e le sue strutture di base. O anche il tempo necessario a ritornare ad uno stato stabile dopo il caos.

In ingegneria e nella scienza dei materiali, è una proprietà meccanica che corrisponde alla capacità di un materiale di rispondere agli urti. Corrisponde all’energia che questo è in grado di assorbire, deformandosi in modo elastico o plastico, prima di arrivare a rottura. 

In biologia la resilienza è la capacità di un organismo o di un sistema ecologico di autoripararsi in seguito a un danno.

In informatica la resilienza indica la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d’utilizzo e di resistere all’usura continuando a garantire l’erogazione dei servizi. 

Per resilienza sociale si intende invece la capacità di un gruppo di individui di rispondere collettivamente a stress esterni causati da cambiamenti politici, sociali e ambientali.

Per l’American Psychological Association la resilienza psicologica è il processo di adattamento ottimale di un individuo ad avversità, traumi, tragedie, minacce e fonti significative di stress, come problemi seri di salute, economici, nelle relazioni o sul lavoro. Implica reagire a queste situazioni difficili e spesso è accompagnata da una profonda crescita personale.

A differenza di quanto molti credono, le parole resilienza e resiliente sono sempre esistite in italiano, anche se in ambiti specialistici. L’inglese ha avuto effettivamente un ruolo nel farle diventare d’uso comune in quanto lingua dei ricercatori, che negli ultimi decenni si sono interessati sempre di più al tema. Il termine ha avuto un picco di popolarità nel 2011 ed è tornato alla ribalta nel 2020 con l’emergenza Covid-19.

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I diversi tipi di resilienza

Tra gli esseri umani, la resilienza si può sviluppare a due livelli: dell’individuo e della società. Due piani inscindibili che si alimentano a vicenda. 

Secondo Katie Hurley, esistono 4 tipi di resilienza:

  1. Resilienza psicologica
    La capacità di restare centrati nei periodi incerti o carichi di sfide.
  2. Resilienza emotiva
    Saper riconoscere e gestire le proprie emozioni in modo sano e funzionale ai propri obiettivi.
  3. Resilienza fisica
    Avere un corpo resistente, che regge lo stress e recupera velocemente dopo sforzi o incidenti.
  4. Resilienza di comunità 
    La capacità di un gruppo di persone di ricominciare a funzionare normalmente dopo tragedie, calamità, eventi imprevisti.

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La Resilienza del Bosco
Storie di foreste che cambiano il pianeta
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Cosa significa essere persone resilienti?

Essere persone resilienti significa saper reagire in modo costruttivo a momenti di stallo, ostacoli e scarsità di risorse. La parola viene dal latino resiliens -entis – che rimbalza, e quindi indica la capacità di adattarsi alle situazioni e trarne il meglio. Inoltre secondo Harold Cohen, le persone resilienti si riprendono più velocemente, ma anche con meno stress.

Alcuni esseri umani sembrano restare incastrati in tragedie familiari, problemi di salute, di scuola o di lavoro, relazioni finite, disastri naturali. Altre semplicemente vanno avanti. Ecco alcune caratteristiche delle persone resilienti:

  • Mindset positivo
    La convinzione che tutto possa migliorare se ci si lavora e la gratitudine per ciò che si ha già sono fondamentali.
  • Autostima
    Per affrontare le difficoltà bisogna credere in se stessi e nella propria capacità di cambiare le cose.
  • Attitudine a risolvere i problemi
    Per risolvere i problemi bisogna sapersi concentrare sulle azioni efficaci e ignorare i pensieri disfunzionali (capacità di problem solving).
  • Consapevolezza delle proprie emozioni e capacità di gestirle
    La Mindfulness è importante per conoscersi, limitare gli impatti negativi delle emozioni spiacevoli e sfruttare quelle positive come carburante.
  • Senso dell’umorismo
    Saper sdrammatizzare, prendere le cose con leggerezza e ridere molto aiutano sempre.
  • Uso di strategie di coping
    Esistono diversi meccanismi psicologici adattativi che gli esseri umani usano a volte inconsapevolmente per affrontare problemi e stress.
  • Buone doti di comunicazione
    Per chi comunica nel modo giusto è più semplice farsi aiutare e non disperdersi in discussioni inutili e tensioni.
  • Empatia
    Entrare in connessione con gli altri al di là delle parole e della razionalità ti dà una marcia in più in qualunque situazione.
  • Sostegno sociale
    Dal contesto in cui vivi dipendono molti servizi, tecnologia e possibilità a tua disposizione, ma anche le relazioni che costruisci e le reti sociali di cui entri a far parte possono fare la differenza.

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Come diventare persone resilienti

Come si diventa resilienti? Anche se spesso in situazioni estreme tiriamo fuori risorse che non sapevamo di avere, è meglio costruire la nostra resilienza giorno per giorno, prima di averne seriamente bisogno. L’American Psychological Association propone queste 5 strategie per costruire la propria resilienza:

1. Costruire relazioni

Dai priorità alle relazioni importanti.
Le persone empatiche e comprensive sono un grande sostegno nei momenti di difficoltà. Anche quando avremmo voglia di isolarci, è importante connetterci con persone affidabili che tengano a noi.

Unisciti a un gruppo.
Far parte di associazioni e gruppi locali sembra aiutare le persone a mantenere la giusta attitudine mentale e la speranza nei momenti difficili.

resilienza urbana

2. Coltivare il benessere

Prenditi cura del tuo corpo.
Non è solo un luogo comune che uno stile di vita sano, con alimentazione corretta, riposo e la giusta attività fisica contribuiscano a mantenere la salute fisica e mentale. Riducono lo stress e l’impatto di emozioni negative legate a ansia e depressione.

Esercita la consapevolezza.
Meditazione, yoga e pratiche spirituali, come il diario o gli esercizi di gratitudine, aiutano a costruire un senso di connessione e di stabilità mentale, necessari per affrontare situazioni che richiedono resilienza.

Evita di ricorrere a sostanze che mascherano dolore e ansia. 
Cercare di eliminare le sensazioni spiacevoli con alcol, droghe e psicofarmaci è controproducente. L’unica strada possibile è cercare di incrementare la propria resistenza fisica e mentale allo stress.

3. Trovare uno scopo

Aiuta gli altri.
Fare volontariato o semplicemente sostenere un amico nel momento del bisogno ti fa sentire connesso e con uno scopo, rendendoti più resiliente.

Sii proattivo. 
È importante accettare le proprie emozioni ma è fondamentale chiedersi cosa fare per cambiare le situazioni che le provocano. Se sei stato licenziato ad esempio, puoi decidere di acquisire nuove competenze per essere apprezzato sul lavoro.

Muoviti verso i tuoi obiettivi.
Definisci obiettivi realistici e fai costantemente qualcosa per raggiungerli. Se il tuo obiettivo ultimo ti sembra poco realistico, suddividilo in mete più piccole.

Vedi le difficoltà come occasioni per conoscerti ed evolvere.
Ad esempio spesso le persone che hanno attraversato momenti di crisi molte persone si sentono più forti e riescono ad avere relazioni più mature e consapevoli.

4. Abbracciare i pensieri funzionali

Mantieni la giusta prospettiva.
Non abbandonarti al catastrofismo. Quel che è successo non si può cambiare ma puoi affrontarlo in modo costruttivo e dargli l’importanza che merita. 

Accetta il cambiamento.
Accettare le condizioni non modificabili ti aiuterà a concentrarti sulle azioni che puoi fare per migliorare la situazione.

Mantieni un atteggiamento positivo.
Concentrati su ciò che vuoi anziché su ciò che non vuoi e visualizza come ti sentirai quando avrai raggiunto i tuoi obiettivi. Osserva come cambia il tuo modo di affrontare le difficoltà.

Impara dal passato.
Ripensa ai momenti difficili. Dove hai trovato la forza di reagire? Potresti scoprire cose importanti su come affronti i problemi e su cosa incentiva la tua resilienza.

5. Chiedere aiuto

Se ne senti il bisogno, puoi rivolgerti ad un esperto che ti accompagni nel tuo percorso verso una maggiore resilienza. 

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Le 7 C per educare alla resilienza 

Possiamo aiutare bambini e adolescenti e diventare più resilienti? 

Sì, attraverso le 7 C della resilienza individuate da Ken Ginsburg: sette caratteristiche che possiamo incentivare nei bambini e coltivare in noi stessi.

  1. Competenza (Competence) 
    Essere consapevoli delle nostre abilità ci aiuta nei momenti difficili, per questo è importante complimentarsi con i bambini quando fanno bene qualcosa.
  1. Autostima (Confidence)
    Per esplorare il mondo, pensare fuori dagli schemi e riprendersi dai fallimenti serve fiducia in se stessi, che è strettamente legata al senso di competenza. 
        
  2. Connessione (Connection)
    Le relazioni ci danno il senso di stabilità e la forza per camminare con le nostre gambe.
  3. Carattere (Character)
    Spiegare ai bambini cosa è giusto e cos’è sbagliato e restare coerenti con i nostri valori, saper dire no, li aiuta a diventare più resilienti. 
       
  4. Aiuto (Contribution)
    Aiutare gli altri ci fa sentire utili, ci regala motivazione e scopo. I ragazzi che offrono supporto o lavorano per la comunità vanno incoraggiati.
  5. Gestione dello stress (Coping)
    È importante che i bambini imparino diverse strategie per affrontare lo stress.
  1. Controllo (Control)
    Costruire un senso di controllo su quanto accade nella nostra vita capendo la relazione tra impegno e risultati aumenta la resilienza (locus of control).

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Comunità resilienti: che caratteristiche hanno?

La resilienza di una comunità è la sua capacità di reagire a eventi traumatici e di continuare a funzionare regolarmente anche in situazioni d’emergenza, così come il processo di adattamento ad un nuovo contesto. Uno studio del 2017 ha analizzato i dati raccolti nella letteratura scientifica fino a quel momento, individuando i 9 caratteristiche delle comunità resilienti:

  1. Conoscenza locale (Local knowledge)
    Conoscere punti di forza e vulnerabilità del territorio e delle sue reti sociali aiuta la comunità a reagire a eventi traumatici. Specialmente se si lavora in anticipo sulla comunicazione e sul senso civico, ancor meglio se le persone sono addestrate e sanno come comportarsi di fronte alle calamità.
  1. Reti e relazioni di comunità
    Se i suoi membri hanno un senso di appartenenza forte e condividono dei valori, la resilienza della comunità aumenta. Anche i legami e gli scambi con altre reti locali possono fare la differenza.
  1. Comunicazione
    La resilienza aumenta quando la popolazione può avere informazioni certe attraverso canali considerati affidabili, sia prima che durante le crisi. Quando si crea una visione condivisa su cosa sia necessario fare e come si possano limitare i rischi.
  2. Salute
    Una comunità più sana, fisicamente e mentalmente, è una comunità più resiliente. La qualità dei servizi per la salute disponibili sia prima che durante i momenti di crisi incrementa la resilienza. Ed è importante che le strutture sanitarie siano preparate a rispondere a eventuali eventi traumatici. 
  1. Governance and leadership
    La resilienza aumenta con la disponibilità di infrastrutture e servizi pubblici. Leader locali capaci di coinvolgere la comunità e rappresentare le aspirazioni collettive, alimentando la fiducia nelle istituzioni e il senso civico, sono altrettanto fondamentali.
  2. Risorse 
    Gli studi ipotizzano che ci siano diversi tipi di risorse che contribuiscono a far crescere la resilienza sociale: cibo, acqua, energia, edifici, veicoli, kit di primo soccorso, che devono essere equamente distribuiti tra la popolazione.
  1. Investimenti economici
    I costi diretti e indiretti di disastri ambientali, sanitari, economici possono affliggere le comunità molto a lungo. In questi casi è indispensabile dare sostegno economico e pianificare interventi efficaci per ripristinare una situazione d’equilibrio.
  1. Essere preparati (Preparedness)
    Tenersi pronti per eventuali cambiamenti improvvisi – come individui, famiglia, società – è la chiave della resilienza. È utile fare analisi dei rischi e pianificare le azioni da eseguire per ridurre i danni se gli eventi negativi dovessero manifestarsi.
  2. Atteggiamento mentale (Mental outlook)
    Avere un’attitudine positiva riguardo al futuro aumenta il livello di resilienza. In particolare possono aiutarci la speranza, cioè la sensazione che le cose possono migliorare, e l’adattabilità, cambiare in modo funzionale alla nuova situazione accettando che alcune cose non torneranno come prima.
resilienza graffito balena

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Progettare sistemi resilienti

Nei sistemi complessi, come gli ecosistemi o le società umane, la resilienza presenta alcune caratteristiche, riconducibili – secondo lo Stockholm Resilience Centre – a 7 principi. Questi principi sono utili anche quando progettiamo un sistema in modo che sia resiliente. Ecco come progettare in maniera resiliente:

  1. Mantenere diversità e ridondanza
    Per quanto ci piaccia molto, l’efficienza è spesso nemica della resilienza. La natura è ridondante e biodiversa e vari elementi possono ricoprire le stesse funzioni. L’equilibrio fra efficienza e ridondanza è uno degli aspetti più delicati della progettazione resiliente.
  1. Gestire le connessioni
    Le connessioni fra i vari elementi del sistema sono un aspetto centrale. Ad esempio: molte piccole connessioni sono meno efficienti, ma più resilienti, di un’unica arteria principale.
  1. Gestire le variabili lente e i feedback
    Il nostro cervello non si è evoluto per capire i sistemi complessi (tant’è che li definiamo controintuitivi). Ma le variabili lente (come l’accumularsi della CO2 in atmosfera) e i cicli di retroazione (o feedback loop, soprattutto quelli positivi, come l’ice-albedo effect) possono essere molto pericolosi, e vanno tenuti d’occhio.
  1. Favorire il pensiero sistemico 
    Conoscere il pensiero sistemico, sapere come funzionano i sistemi complessi adattivi è essenziale per progettare in maniera resiliente.
  1. Incoraggiare l’apprendimento
    La resilienza so costruisce passo dopo passo. Imparare strada facendo è molto importante.
  1. Ampliare la partecipazione
    Più partecipazione significa più punti di vista e maggiore diversità interna al gruppo.
  1. Promuovere sistemi di governance policentrici
    Concentrare tutte le decisioni in un unico punto non è resiliente: bloccato quel nodo, si blocca l’intera organizzazione. Una progettazione resiliente deve immaginare sistemi di governo facilmente trasferibili da un punto a un altro.

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Permacultura, Transizione e resilienza

Creare resilienza è un principio fondamentale sia in permacultura che per il movimento di Transizione.

La permacultura è un metodo per progettare sistemi ad alta resilienza e sostenibilità ambientale. In permacultura la resilienza si coltiva rendendosi sempre più indipendenti da fattori esterni fuori dal proprio controllo, soprattutto quando si tratta di soddisfare i propri bisogni primari: cibo, riparo, energia. 

Ci si ispira agli ecosistemi, nei quali tutti i cicli si chiudono e non esistono i rifiuti, perché ogni cosa muta e trova un nuovo uso. Stessi principi dell’economia circolare. Ecco perché è importante insegnare ad insegnare la permacultura

Dalla permacultura è nato il movimento di Transizione, che ha posto particolare accento sulla resilienza di comunità. L’obiettivo è costruire gruppi locali autosufficienti dal punto di vista energetico e alimentare, capaci di supportare e coinvolgere i propri membri in un processo di cambiamento il più possibile gioioso. Quello delle Transition Towns – città in transizione – è un modello che vuole “costruire un sistema culturale ricco, abbondante, locale, resiliente” (Rob Hopkins).

L’attuale società occidentale è tutt’altro che resiliente. L’emergenza Covid-19 ha messo in luce come basti poco per mettere in crisi il sistema di approvvigionamento dei supermercati, principale fonte di cibo per la maggior parte della popolazione. Superare questa fragilità, insieme alla dipendenza da combustibili fossili e materie prime non rinnovabili, è uno degli obiettivi principali della Transizione.

Nei sistemi complessi e quindi anche nella nostra società, la resilienza è funzione della quantità e qualità delle relazioni. Come ci spiega Annalisa Jannone, in un sistema “l’impatto di un evento improvviso e pericoloso può essere attutito se diffuso tra i componenti e integrato, trovando un nuovo assetto”. Per questo sostenere la biodiversità e ricreare le comunità può rendere la nostra società più resiliente, anche al cambiamento climatico.

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Esempi di resilienza

Verso la fine del secolo scorso gli abitanti di Bouganville, isoletta della Papua Nuova Guinea, sono riusciti a far chiudere la più grande miniera a cielo aperto e a trasformare la propria isola in un ecosistema completamente autosufficiente.

Perso il lavoro durante la maternità, Carla Demartini non si è abbattuta ma ne ha approfittato per riscoprire la passione che aveva da bambina: il cucito. Oggi confeziona e vende capi d’abbigliamento e accessori per bambini e mamme, con materiali a km zero e scampoli recuperati dal distretto tessile locale, con il suo marchio DreamsInDress

A Roma, il Corto Circuito è un centro sociale in cui si applicano i principi della permacultura e si sperimentano l’architettura ecosostenibile e antisismica, la chiusura dei cicli, la biodiversità e l’autoproduzione. Un cantiere di resilienza insomma.

Nel cuore del Salento, un gruppo di abitanti ha deciso di recuperare un luogo simbolico, abbandonato ma vivo nella memoria della comunità, l’uliveto secolare nel Parco dei Paduli. Rilancia le produzioni locali e la cultura del cibo, sperimenta forme ecologiche di turismo e dell’abitare.

Resilienza: parco ulivi secolari
Uliveto secolare del Parco dei Paduli.

Al Librino, quartiere difficile di Palermo, un’associazione lavora per creare un ambiente positivo per bambini e ragazzi, recuperando pezzi di campagna abbandonata e offrendo alla comunità servizi gratuiti: un parco da rugby recuperato, sport, doposcuola, libreria e orti sociali.

Nell’area metropolitana di Torino c’è ReLand, un parco urbano che attraverso il gioco vuole avvicinare le persone all’economia circolare e alla resilienza urbana, e formare professionisti della sostenibilità ambientale.

Dopo aver studiato e lavorato in città per anni, dei giovani del Cilento decidono di tornare e fondare Terra di Resilienza:  un progetto che unisce agricoltura sociale, ecoturismo e cultura.

In Salento, nel suo Mulino Maggio e nei suoi campi, Ercole Maggio coltiva e macina semi antichi per difendere la biodiversità e l’indipendenza dei contadini. 

Poco dopo il terremoto, è nato Amatrice 2.0: un progetto di rinascita locale in collaborazione con Transition Italia e l’Istituto Italiano di Permacultura, per costruire la resilienza di comunità e ridisegnare le aziende agricole in modo più eco-efficiente.

Nel Centro Italia colpito dal terremoto del 2016-17, individui e comunità si sono riorganizzati e hanno preso l’iniziativa nonostante le inadempienze da parte di amministrazioni locali e nazionali.

Oggi essere resilienti significa anche saper convivere con fenomeni meteorologici sempre più intensi. Luca Lombroso ci racconta come a Villaggio Montale si lavora per chiudere i cicli dell’acqua e essere preparati a piogge torrenziali come alla siccità.

La resilienza locale aumenta se le risorse economiche rimangono sul territorio. Per questo nelle Transition Town si portano avanti iniziative per ricostruire le filiere e si creano monete complementari spendibili solo a livello locale. 

A questi concetti si ispira anche Sardex, progetto sardo che sostiene l’economia locale attraverso un circuito virtuoso, e dando liquidità alle imprese. Un caso studiato e riprodotto in altre parti d’Italia e del mondo.

Lontani dalle logiche della grande distribuzione, i mercati contadini, come quello di Zagarolo, sono fondamentali per combattere gli sprechi creare sinergie tra i produttori e la comunità locale e costruire la sovranità alimentare.

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