15 Lug 2020

Cosa sta succedendo sulle autostrade della Liguria

Scritto da: Chiara Gnocchi e VALENTINA D'AMORA,EMANUELA SABIDUSSI
Intervista di: VALENTINA D'AMORA,EMANUELA SABIDUSSI

Proprio mentre migliaia di auto si stanno muovendo lungo la regione per turismo, raggiungere la Liguria in autostrada è un atto quasi intrepido. I motivi della situazione creatasi nelle ultime settimane sono svariati e dipendenti, almeno in parte, da una cattiva gestione delle sue infrastrutture e del suo territorio. Per comprendere come siamo arrivati a questo punto critico e quali potrebbero essere alcune proposte risolutive, abbiamo intervistato il presidente di Italia Nostra Savona Roberto Cuneo, il presidente di WWF Savona, Marco Piombo e il geologo ed ex Assessore Provinciale di Savona Mimmo Filippi.

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La Liguria sta diventando un inferno d’asfalto con cantieri, deviazioni, caselli chiusi e traffico in tilt, con inevitabili ricadute anche sulla viabilità cittadina. Il piano di chiusure previsto da Autostrade, per ispezioni, interventi di manutenzione e controlli delle gallerie, sta avendo un impatto notevole sui flussi di traffico in questa regione, che risulta paralizzata da ogni direzione.

Venerdì 10 luglio, per esempio, sulla A7 Serravalle-Genova era ancora chiuso il tratto tra Genova Bolzaneto e Genova Ovest (direzione Genova), chiusi anche il bivio, dalla A12 alla A7 verso Genova Ovest e il bivio della A7 da Genova Ovest verso la A12. Una situazione che si protrae dall’inizio delle prime aperture agli spostamenti post lockdown e che si è accentuata con l’apertura tra Regioni.

La Liguria non è, come da pensiero comune, solo ostaggio dei cantieri, ma sta rivelando una serie di problematiche di cattiva gestione delle sue infrastrutture e del suo territorio.

È la regione che detiene il discutibile primato di maggior consumo di suolo nella fascia costiera e secondo dati ISPRA 2019ha la percentuale di maggior consumo nelle aree a pericolosità idraulica, pari al 10,5% in aree a pericolosità media (con tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) e al 7,3% nelle aree a pericolosità elevata (tra i 20 e i 50 anni).

Per capire come siamo arrivati a questo punto critico e quali potrebbero essere alcune proposte risolutive, abbiamo intervistato il presidente di Italia Nostra Savona Roberto Cuneo, il presidente di WWF Savona, Marco Piombo e il geologo ed ex Assessore Provinciale di Savona Mimmo Filippi.

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Ventimiglia

Perché le strade della Liguria si trovano in questa situazione e quali le conseguenze ambientali

Roberto Cuneo, Italia Nostra: «Il problema nasce da una scelta che ha fatto l’Italia di favorire da un lato il mezzo privato – il trasporto su gomma – rispetto al mezzo pubblico ferroviario e dall’altro – soprattutto per quanto riguarda la Liguria – la seconda casa, rispetto al turismo alberghiero. La somma di queste due cose ha comportato un enorme consumo di suolo e un sostanziale abbandono del trasporto ferroviario. La Liguria è una regione che si è in parte auto-isolata e in parte lo è stata dalle scelte di piano. Ad esempio, la linea di Ventimiglia tra Italia e Francia, che è internazionale e dovrebbe essere una delle principali italiane, è ancora a binario unico e ogni tanto c’è una frana per cui s’interrompe. È una situazione a cui la politica non ha posto attenzione: l’importante era costruire le autostrade, affinché assumessero valore i terreni per edificare le seconde case. La strategia di base è stata miope. Un territorio come questo richiede più attenzione: abbiamo un territorio pieno di frane e alluvioni anche perché non abbiamo costruito in sicurezza».

Marco Piombo, WWF Savona: «La situazione delle strade in Liguria è critica sotto molti punti di vista: innanzitutto per la presenza di numerosi cantieri autostradali, segno lampante che le infrastrutture andrebbero migliorate, senza costruire grandi opere, costose e che rischiano di restare “cattedrali nel deserto”, con notevoli ricadute sul territorio anche dal punto di vista paesaggistico».

Mimmo Filippi, geologo ed ex Assessore Provinciale di Savona: «Le principali conseguenze sono le concentrazioni di fumi, le emissioni nocive che incidono nei microclimi locali, variando gli equilibri naturali esistenti. Il numero di emissione, se il traffico scorresse fluidamente, non varrebbe molto, ma la questione è la concentrazione che si crea in tratte molto ristrette. Non si può parlare di alterazioni o degrado complessivo, ma alterazioni a livello locale. Credo che il problema di fondo non siano neanche la concentrazione di emissioni locali di questo periodo, ma affrontare la situazione da un punto di vista più ampio, trovando soluzioni alternative ai mezzi di spostamento ad oggi utilizzati, tra cui principalmente le auto».

Il contesto infrastrutturale debole e la densificazione del territorio, soggetto per conformazione naturale a dissesto idrogeologico sono gli aspetti che giocano a sfavore. Come anche la scelta logistica di trasportare determinate merci convenzionalmente trasportate su rotaia, oggi su gomma.

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Le soluzioni alternative

Marco Piombo: «Occorre senza dubbio migliorare l’esistente, mettendo in sicurezza strade e autostrade, per rendere gli spostamenti più fluidi, impegnandosi con interventi di manutenzione programmati in stagioni in cui c’è minore afflusso. Tutti gli ingorghi che stanno caratterizzando la nostra regione in queste ultime settimane sono un ulteriore colpo alla nostra economia, che si appoggia molto sul turismo. Dal punto di vista della mobilità sostenibile, come alternativa al traffico su gomma, naturalmente il treno va potenziato, non solo dal punto di vista di linee ferroviarie e di frequenza, ma anche di aumento delle carrozze, in modo da ampliare il numero di posti a sedere, in linea con le attuali disposizioni anti-covid».

La situazione dal punto di vista politico locale

Mimmo Filippi: «Inciderei sull’offerta turistica, variandola: se si decidesse di creare un legame tra le proposte di turismo sulla costa con quelle dell’entroterra, offrendo esperienze sia ludiche che di carattere culturale, sono certo che migliorerebbe la situazione. Gli operatori turistici sono concentrati ad ammucchiare più persone possibili nella povera e maltrattata striscia di sabbia che rimane ad oggi, ignorando totalmente le potenzialità che hanno alle loro spalle le bellezze naturalistiche e culturali che potrebbero completare e arricchire le loro proposte di accoglienza turistica. Nel Finalese, ad esempio, abbiamo alle spalle un territorio che ha delle valenze su molteplici aspetti: paleontologici, vegetali, caratteristiche territoriali specifiche conosciute in tutto il mondo. Perché, dunque, non proviamo a mettere insieme le attività balneari e i percorsi di trekking? Dal punto di vista più globale, dovremmo rovesciare le logiche su cui la nostra società poggia in questo periodo storico: economiche, la distribuzione non equa delle ricchezze, lo sfruttamento delle risorse e l’utilizzo del suoli».

Il ruolo della politica

Marco Piombo: «La classe politica deve attivarsi e venire a vedere sul territorio quali sono i problemi che affliggono la nostra regione: la politica si fa sul campo, non seduti in poltrona».

Mimmo Filippi: «Io sono fuori dalla politica da molti anni, esistono piccole iniziative in controtendenza a livello locale, ma che io sappia purtroppo non vi è nulla di organico per contrastare azioni e decisioni che stanno inficiando il nostro territorio e che, anno dopo anno, ne mostrano la poca lungimiranza. La mobilità è legata al turismo, il quale è collegato all’utilizzo del suolo. Anni fa era stata condotta un’inchiesta sulla situazione dell’utilizzo della costa ligure: con la moltiplicazione dei porti turistici a cui abbiamo assistito sono stati sconvolti gli equilibri del mare circostante e non solo, alterando le migrazioni di animali, la situazione delle spiagge e gli ecosistemi vegetali. La natura ad ogni azione, risponde con dei feedback e sta reagendo: quando inizieremo ad ascoltarla?».

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