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È stato un contributo antropologico alle società native quello di Tania Re per il penultimo incontro di Danzare con la Tempesta. La danzatrice di questo giro, psicologa clinica, antropologa ed esperta di etnobotanica, ci ha accompagnato in un viaggio emozionante a partire dall’Europa per tutto il mondo, alla ricerca degli insondabili intrecci che legano i vari sistemi di cura dell’essere umano, oggetto di studio dell’antropologia medica, la quale si occupa di scovare i nodi della matassa e scioglierli, creando ponti culturali e di significato utili alla ricerca di una più ricca salute e coscienza di ciò che è la medicina, per creare nuovi sentieri in quella cartografia (per dirla alla Grof) che ho spesso citato durante i nostri incontri.
La mappa con cui ci siamo mossi ci ha fatto viaggiare questa volta in orizzontale. Tania Re ci ha condotto a Epidauro, sede di un antico tempio greco dove le ancestrali tecniche del sogno e della sua incubazione venivano sfruttate come strumento di guarigione, non solo dello spirito o della mente, ma anche e in particolare del corpo. La letteratura antica traccia centinaia di interventi onirici che dimostrano ampiamente il loro utilizzo come potente rimedio, ricordandoci che possiamo attingere dalla forza del passato per ampliare le nostre vedute e rimediare alle cadute esistenziale e alle ferite dell’animo. Epidauro esisteva addirittura prima della divulgazione dei precetti di Ippocrate dal quale proviene il corpus hippocraticum, alla base della nostra medicina occidentale.
Dalla Grecia antica ci siamo spostati al sud America dove la Re ha viaggiato costantemente per diversi anni insieme a un gruppo di ricercatori, per ampliare gli studi e le ricerche sulle erbe e le piante medicina. Inevitabile il suo incontro con il curanderismo messicano, amazzonico e peruviano. La cura e le sue radici come ci mostra l’antropologa spesso passano non dalla mente ma dal cuore e dall’espressione del suo potere – come direbbe uno sciamano. E certamente questo ci riconduce agli studi e alle ricerche dell’Heartmath Institute californiano, che non cita in questo intervento, ma che conosce bene ed è stato parte del suo percorso (la dott.ssa Silvia Di Luzio parla di questo nel terzo intervento di Danzare con la Tempesta, all’inizio della quarantena, e ritorniamo lì infatti, al cuore di nuovo e sempre N.d.A.). La medicina sciamanica si basa sul potere del cuore, di saperlo ascoltare ed esprimere e i rimedi della foresta come l’ayahusca sono dei veri e propri facilitatori di questo sentiero. La base della cura in questi sistemi culturali è proprio l’incontro con il cuore, la sede dell’anima umana. Da qui non si scappa, infatti sembra un vero e proprio refrain antropologico.
I successivi passi di Tania ci conducono poi all’osservazione di come l’Ayurveda, antico di oltre 6000 anni e la medicina cinese, possano insegnarci attraverso la loro visione del corpo umano a concepire una diversa medicina. In fondo cosa ci costerebbe riconoscere come occidentali che queste medicine sono più antiche della nostra? Forse ci farebbe crollare la credenza del primato e del dominio culturale che cerchiamo di avere sul mondo per tenerlo in scacco? Il farlo ci renderebbe umili e ci permetterebbe non soltanto di migliorare il nostro tenore di vita, la sua qualità, ma anche potenziare lo stato di salute collettivo. Questo richiede tuttavia una grande partecipazione, responsabilità e apertura mentale, poiché ci spingerebbe a non considerare queste medicina come mere alternative, quanto più a osservare che la nostra medicina allopatica, venendo dopo negli anni, ed essendo estremamente neonata, sia forse l’unica vera medicina alternativa del globo. Ma in un’ottica di unità e integrata possiamo fare molto di più. Accogliere i sistemi di cura altri ci permetterebbe di fare un vero e proprio salto e a piccoli passi ci muoviamo verso questa direzione, grazie anche all’intervento dell’antropologia e alle ricerche come quelle di Tania Re.
La saggezza millenaria delle piante è a portata di mano dell’uomo, se e solo se saprà onorare la Terra dalla quale proviene. Tania Re prosegue poi con le sue investigazioni sugli psichedelici e su come le piante psicotrope possano condurre a nuove vie della cura che integrino il transpersonale.
Insomma un intervento imponente tutto da scoprire. Cosa ci riserverà quindi l’antropologia medica e quali ponti sarà in grado di creare? Sicuramente le ricerche della Re continueranno, grazie anche alla forza della cattedra UNESCO “Salute, Antropologia, Biosfere e Sistemi di cura” presso l’Università di Genova di cui è socia fondatrice. Forse le piante e la fitoterapia contribuiranno a sciogliere ulteriormente quei misteri insondabili della cura? Io ne sono certo e chi lo sa che il suo libro in cantiere in collaborazione con Daniela Muggia per Amrita Edizioni, non sia una delle possibili risposte? Lo vedremo presto.
Nel frattempo ci prepariamo all’ultimo intervento di questa rassegna con il danzatore della tempesta Raffaele Fiore, medico e analista junghiano, autore di “Creatività medica” edito da Anima Edizioni con il suo intervento “Dalla crisi della relazione terapeutica allo svelamento della medicina a dimensione umana”. Insomma un finale con i fiocchi. Potrà la nuova medicina allargare la sua cartografia per portarci a una più profonda relazione con se stessi e con il mondo?
Vi lascio con questo quesito, e ci vediamo giovedì alle ore 17.30 sul canale youtube e sulla pagina facebook di Italia Che Cambia. Se volete rimanere aggiornati sul mondo delle piante con Tania Re, potete iscrivervi a questo gruppo su WhatsApp Grazie a tutte e tutti voi!
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