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Un paio di articoli fa abbiamo parlato di leadership. E se oggi parlassimo di leadership femminile? O meglio di un’attitudine femminile nella leadership?
Quando ci è capitato di ascoltare un interessante podcast sulla leadership in cui veniva chiesto a uomini e donne cosa significava per loro questa parola ci siamo subito rese conto di una differenza: i termini usati. Gli uomini parlavano di guida, condottiero, carisma, controllo. Le donne parlavano di ascolto, fiducia, leadership interiore, accoglienza.
Uomini e donne vivono diversamente la leadership, la nutrono di esperienze e attitudini diverse. Entrambe necessarie, entrambe reali. Lo sguardo del femminile porta però con sé qualcosa di diverso, di nuovo. Qualcosa che fino ad oggi poco comunemente si ritrova all’interno delle nostre aziende. E proprio questo è interessante, perché cela nuove soluzioni a vecchi problemi. Nuovi percorsi possibili nel nostro modo di fare impresa. E se pensiamo che l’innovazione nasce nei territori di confine capiamo come sia importante cominciare a portare questo sguardo inusuale e differente.
C’è un libro molto interessante (“Maam-Maternity as a master” di R. Zezza e A.Vitullo) che descrive un nuovo modello di leadership a partire dalle caratteristiche di chi si prende cura. Madri prima di tutto. Ma anche padri e chi si prende cura di genitori anziani. All’interno del prendersi cura, del far crescere un altro essere umano c’è un allenamento costante ad azioni di leadership che sanno, nel tempo, generare possibilità, mettere in luce le potenzialità, lasciare spazio alla crescita dell’altro, costruire luoghi dove si può sperimentare, sviluppare talenti e metterli in pratica.
Che la maternità e la paternità siano spazi di training per la leadership e di tutte quelle caratteristiche oggi tanto ricercate e desiderate (le cosiddette soft skills) è rivoluzionario e al tempo stesso semplice. È qualcosa che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi e a cui abbiamo tutte e tutti facile accesso (anche chi genitore non lo è).
La maternità (e molte delle esperienze legate al femminile) sviluppa problem solving, velocità nel prendere decisioni, concentrazione e focus, capacità di delega, apprendimento continuo. Riconosce l’errore come apprendimento, fa spazio alla vulnerabilità e sa di non poter avere tutto sotto controllo, ma proprio per questo è aperta all’inaspettato, al trovare soluzioni fuori di sé, nel team, nelle persone che la circondano. Vive una dimensione di apertura all’intelligenza collettiva, alla collaborazione e alla co-progettazione.
Quali nuove modalità di gestione dei team e delle organizzazioni nascerebbero se accogliessimo e integrassimo queste capacità nel nostro modello di leadership? Che nuovi modi di fare impresa potremmo creare? Forse luoghi più sostenibili dal punto di vista delle relazioni, più accoglienti e resilienti, luoghi dove le persone stanno bene, sono messe nelle condizioni di dare il meglio di sé, si sentono apprezzate e motivate.
Aziende in cui le persone trovano il loro spazio e crescono insieme, prendendo e ricevendo in uno scambio valoriale ricco di senso. Partire dall’esperienza della cura e del femminile per cambiare la cultura aziendale è una grande sfida ricca di possibilità. Chi ha imparato a prendersi cura nel privato sa, più facilmente, creare spazi per prendersi cura del team e sviluppare processi di empowerment per tutte le sue parti.
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