Green Think e bioedilizia: costruire in modo più sano si può
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Torino - «Ogni giorno passiamo una gran quantità di tempo all’interno di edifici, occupando e abitando le nostre case e i nostri luoghi di lavoro. Tuttavia, poco sappiamo della qualità e delle origini dei materiali che compongono e arredano gli spazi della nostra quotidianità, ignorando quali siano le implicazioni che il loro impiego possa avere in termini di salubrità e qualità della vita. Il gruppo di Green Think da oltre dieci anni si occupa di progettazione di edifici costruiti mediante l’utilizzo di materiali di origine naturale, credendo profondamente che il valore aggiunto di un edificio stia nella sua capacità di sostenere il benessere abitativo dei suoi occupanti. Ai valori di sostenibilità ambientale e sostenibilità energetica si affianca così quello di sostenibilità della salute.” È questo quanto si legge facendo un giro nel sito web di Green Think Naturalmente Paglia.
Si tratta di un atelier di progettazione dove si lavora su progetti di bioedilizia, nato nel 2008 grazie alla visione e sensibilità di Filippo Caggiano, il cui amore per la natura lo ha portato a dar vita a una struttura, a un obiettivo, fondato su questa idea di cura nei confronti del territorio che ci dona la possibilità e l’opportunità di costruire.
«Ho fondato questa attività più di un decennio fa e i primi due anni l’ho portata avanti in solitario. Solo nel 2010 progressivamente si sono unite una serie di persone, spinte come me da questa voglia di fare della bioedilizia ecosostenibile, che possa dare un contributo piuttosto che provocare danno sia agli altri sia all’ambiente. Siamo aumentati di numero, alcuni sono collaboratori esterni, con altri invece abbiamo uno studio in via Pomaro in centro a Torino. Diciamo che la genesi è mia ma non mi ritengo un solista, non è un merito aver iniziato nel 2008, è più una questione anagrafica, la forza non è del singolo, non è stata solo mia, ma del gruppo. Da soli si fa poco, è insieme che si realizza qualcosa, bisogna essere consapevoli che la collaborazione produce una crescita per tutti, soprattutto in una società come questa dove c’è molta, troppa, competizione, che purtroppo si ritrova fin da bambini, anche dalle elementari, come vedo coi miei figli; è un approccio sbagliato questo, bisogna prendere gli stimoli nati dal confronto, ma essere consci che solo aiutandosi reciprocamente si può realmente crescere e costruire qualcosa che abbia una base solida e possa elevarsi in altezza».
Un’attività nata da un singolo ma cresciuta e sviluppatasi grazie ai più, a una rete di individui mossi da una medesima volontà, animati da uno spirito altruista di fronte a ciò che ci sta attorno, come molti ingranaggi, ognuno con proprie particolari caratteristiche, che solo assieme, uniti, possono mettere in funzione un meccanismo più grande, atto a smuovere le coscienze e a dar luce a progetti che altrimenti, ovvero nelle mani del singolo, non potrebbero prendere forma.
«Vorremmo creare una comunità di ‘amanti’ degli edifici in legno e paglia che possano, finalmente anche in Italia, confrontarsi sulle esperienze che orbitano intorno a questo meraviglioso mondo. Siamo riusciti a formare un gruppo di progettazione omogeneo, dove ci fosse una grande diversità interna, costituito da persone più avanti con l’età ma anche da ragazzi giovani dove, attraverso la responsabilizzazione, l’obiettivo è quello di passare il testimone per farli crescere e per poter affidare loro dei compiti che li possano mettere in gioco fin da subito. Nel nostro organico c’è uno spirito molto positivo non basato sulla verticalità ma su una orizzontalità che mette al centro la persona, i rapporti umani. Come tematiche, noi, in quanto gruppo, non ci siamo mai voluti legare a un singolo materiale, non ci siamo voluti schierare o portare verso una miopia progettuale, cosa molto frequente nel panorama dell’edilizia: è meglio la canapa o la terra cruda o altro ancora. In realtà non vi è un materiale migliore ma bisogna comprendere quale materiale si sposa meglio con le caratteriste architettoniche o quale possa essere l’abito migliore per chi va a vivere nel determinato edificio che stiamo costruendo.
È necessario scegliere il materiale in base al progetto o alle aspettative del cliente, noi ci concentriamo prevalentemente sul legno e la paglia ma volevo sottolineare come una miopia in questo campo possa solo essere dannosa, non essendoci un materiale migliore di un altro, e che anzi attraverso la combinazione di più elementi si possa creare qualcosa di migliore qualità e più funzionale a ciò che si vuole dar vita. Per questo da vari anni ci stiamo concentrando nel dar forma a progetti dove si possano unire più materiali presi dalla natura che possano dare un valore in più alla bioedilizia, in modo tale da concentrarsi su un’esperienza sensoriale con una forte carica energetica che vada ad attivare certi sensi, donando una maggiore immersione e sensazione a 360 gradi». Usare l’edilizia per dare una mano alla nostra Terra, consapevoli che si può costruire sano, dialogando con il verde che ci sta attorno; un progetto che solo passione, amore e competenze possono portare avanti.
«Dall’inizio di quest’anno abbiamo avviato una collaborazione anche coi medici, dando vita a un progetto fondato su dei protocolli di salubrità. Abbiamo capito che, in questo periodo di clausura forzata, le nostre abitazioni hanno dei grossi limiti; è necessario comprendere la capacità di sostenere la salute di chi vi ci abita e la consapevolezza che i materiali hanno capacità e funzionalità intrinseche diverse: alcuni hanno ad esempio capacità antibatteriche o antivirali e la loro azione attiva può avere un forte impatto sulla salute. Noi, dunque, stiamo cercando di sviluppare una progettualità che sia più tarata anche a garantire uno standard di salubrità. Ci tengo a specificare che un materiale naturale non è detto che faccia bene alla nostra salute, ad esempio il petrolio è naturale ma provoca danno, bisogna dunque scegliere quegli elementi che provengono dalla natura ma che provocano benefici all’uomo. Si tratta di un progetto che è prevalentemente concentrato su quelle fasce di popolazione più a rischio, bambini e anziani per esempio».
Green Think non si vuole fermare solo sulle tematiche ambientali, più verdi, ma pone il suo sguardo anche verso l’uomo, verso una umanità che con il suo ozio e tutta la sua tecnologia sta lentamente uccidendo questo pianeta, ma che grazie a persone sensibili, attratte a certe tematiche, forse, piano piano, potrà risorgere, far nascere un maggiore senso critico e portare l’opera umana non più verso la distruzione e il regresso ma piuttosto verso una più forte e sentita consapevolezza che, assieme, uniti, possiamo migliorare la nostra condizione e dare un aiuto a questa madre Terra che tanto ci dona.
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