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Intorno all’8 marzo, a ridosso della decisione di chiudere la Casa Internazionale delle Donne a Roma, all’inizio della quarantena decretata dal governo Conte, capiamo che l’Italia intera si sta fermando e che la pandemia da covid-19 trasformerà le nostre vite e insieme il mondo che abbiamo conosciuto finora. Siamo ad un cambio epocale. Sentiamo l’esigenza da una parte di mantenere “viva” la Casa delle donne di Roma, dall’altra di dare conto di questa terribile eccezionalità attraverso una significativa inchiesta sociale, sul campo direbbe la ricerca sociologica, utilizzando come strumento i video con la pratica della politica femminista.
Insomma, avvertiamo l’urgenza di dare rappresentazione ad una narrazione individuale e collettiva, ad una comunità di donne, per lo più recluse in casa, dentro un tempo sospeso che all’inizio sembra solo scandito dai numeri dei morti e degli ammalati, nella conferenza stampa giornaliera della Protezione civile e dell’Istituto superiore di sanità.
Sentiamo la necessità, cioè, di una presa di parola pubblica che dia significato politico al vivere quotidiano, in uno spazio chiuso, la casa, che all’improvviso diviene un contenitore che tiene insieme interno ed esterno, affetti, figli, famiglie, solitudini, lavori, ecc.
Filo conduttore di questa fase, e non solo, che all’improvviso diventa visibile all’intera comunità, è il lavoro di cura, in casa come negli ospedali e nella società più in generale. Alla tragedia provocata dal virus, “esterno alla specie umana”, come ci invita a riflettere Cancrini, rispondiamo creando coesione e solidarietà, con amore, cura, coraggio. Vengono, finalmente, circoscritti narcisismo e individualismo.
Siamo anche consapevoli che tutto questo deriva da una crisi strutturale del modello capitalistico, del suo modo di produrre, della violenza sistematica alla natura, alle donne, alla madre terra. Il coronavirus come ultimo appello all’umanità che deve cambiare radicalmente. Vandana Shiva ci ricorda che “lo sfruttamento della biodiversità come responsabile della malattia richiede la comprensione della salute in modo interconnesso”, e sostiene che “stiamo affrontando un cambio di paradigma dall’era meccanicistica industriale all’era di una civiltà basata sulla coscienza planetaria”.
I video che la Casa delle donne ha realizzato, finora oltre una cinquantina, parlano di donne che lavorano in prima linea, dentro e fuori casa: badanti, infermiere, medici, ricercatrici, impiegate che lavorano da remoto, lavori precari, tanto lavoro di cura, e ancora artiste, intellettuali femministe, psicologhe, psicanaliste, insegnanti, ecc. Tanti punti di vista perché varia è la vita delle donne che hanno costruito insieme una narrazione collettiva della fase storica che stiamo attraversando.
Il limite di questa comunicazione che ha anche utilizzato i social è l’assenza dei corpi, in particolare per il femminismo e la sua pratica politica, fondata su relazioni significative tra donne, agita sempre in presenza, nell’esercizio difficile che tiene insieme mente e corpo, ragione e sentimento, emozioni e passioni.
Sappiamo che la neutralità e l’universalità sono un esercizio del potere patriarcale che ci ha visto escluse e messe da parte; sappiamo che niente potrà essere come prima, e la Casa delle donne di Roma sarà coinvolta in questo cambiamento. Vogliamo una nuova vita e le donne sono un soggetto politico fondamentale da cui non si può prescindere.
La pandemia ha messo a nudo che il capitalismo è disposto a sacrificare la vita e il pianeta per motivi legati al profitto. Dobbiamo pensare ed agire perciò una risposta forte che si basi sui principi di economia della cura e della riproduzione sociale. Questa è la nuova sfida che ci attende tutte e tutti.
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