Imprese alla riapertura: trasparenza e gioco di squadra per ripartire in modi nuovi!
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Non abbiamo più tempo, né energie, né soldi per farci la guerra. Le vacche grasse sono dimagrite e i buoi sono scappati a causa del Covid-19 (qualcuno anche prima). E quindi? E quindi oggi serve pensarsi come impresa in una dimensione “aperta”, che tiene conto del suo eco-sistema, che valorizza e gioca di squadra con i suoi stakeholders.
Come sono le relazioni con i nostri clienti? Come ci troviamo con i nostri fornitori? Come possiamo migliorare le interlocuzioni con banche e Pubblica Amministrazione? Oggi la partita della competitività si gioca a porte aperte, in squadra con chi apporta e riceve valore dalla nostra organizzazione.
È un tema strategico e – non nascondiamocelo – anche squisitamente economico-finanziario: più lavoriamo bene insieme, più ci sentiamo bene aumentando la produttività e garantendo un sistema che funziona e genera liquidità nel suo insieme, per tutti.
Ora lo sappiamo cosa state pensando: “Povere illuse, ma non sanno come funziona in realtà lì fuori?”. Lo sappiamo benissimo, lo vediamo e lo viviamo tutti i giorni sulla nostra pelle e lo sentiamo dai racconti dei nostri clienti. Quello che vi proponiamo oggi è un nuovo modo di intendere queste relazioni. Da dove partire? Dalla trasparenza. Quella della nostra azienda prima di tutto.
Come possiamo essere davvero trasparenti con fornitori, clienti, banche e PA? Dando una rappresentazione realistica della nostra realtà oggi. Raccontando come siamo e dove vorremmo andare… con loro! Come raccontarlo? Attraverso la realizzazione di un nuovo business plan post-Covid19.
Un business plan partecipato, che trae energia e contenuti dalle contaminazioni con gli attori del nostro ecosistema. Ora più che mai abbiamo bisogno di nuove idee e feedback (per sapere cosa intendiamo per feedback clicca qui), nuovi prodotti e servizi, di accelerare l’innovazione e questo può avvenire solo collaborando e facendolo insieme. E abbiamo bisogno di fare i conti, ma non ciascuno nel suo piccolo. Vanno salvate intere filiere produttive e commerciali.
Mettiamoci noi per primi in gioco. Chiediamo ai nostri stakeholder di “partecipare al nostro modello di business”, senza paura di scoprire anche i nostri punti di debolezza e le vulnerabilità.
Perché in fondo le organizzazioni sono fatte di persone e le persone, in questo periodo, si sono scoperte fragili. Desiderose di nuovi modelli sostenibili, aperti, inclusivi… insomma: anti-crisi. Che si può superare solo amandoci, in assoluta trasparenza.
Amare i nostri stakeholder significa imparare a mettersi nei loro panni, essere aperti e curiosi circa i loro valori, i loro bisogni. Porre domande come “Di cosa hai bisogno da me per rispondere pienamente al tuo scopo come impresa?” “Quali sono i valori che ti guidano? E come posso aiutarti attraverso il mio lavoro e i miei miei servizi a renderli tangibili?” e attraverso queste domande scoprire che possiamo ampliare il nostro campo d’azione, possiamo farci contaminare e contaminare a nostra volta.
Cominciamo quindi con l’introdurre nelle nostre organizzazioni parole nuove come amore e felicità. Parole che fino ad oggi erano riservate alla nostra vita privata, alle nostre relazioni sociali. Usare parole nuove ci permette di dar vita a nuovi mondi, nuovi modi di fare le cose di cui abbiamo profondamente bisogno.
Riavviciniamo i nostri modelli di business alla vita, a ciò che ci fa vivere con un senso di pienezza e connessione così da riprendere quei legami troppo spesso spezzati tra vita e lavoro. In questo modo possiamo generare benessere reale all’interno delle nostre imprese, con i nostri collaboratori e con la rete di fornitori, clienti, partner.
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