4 Mag 2020

Diritto alla riparazione: perché devo buttare tutto ciò che si rompe?

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Francesco Cara, designer, è uno degli attivisti che hanno promosso una serie di iniziative per combattere l'obsolescenza programmata e affermare il diritto alla riparazione dei dispositivi elettrici ed elettronici. Lo abbiamo intervistato per fare il punto sulle petizioni che sono state lanciate e farci aggiornare sulla normativa in tema.

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I dispositivi elettrici ed elettronici sono oggi progettati non solo per rompersi in un momento prestabilito – la cosiddetta obsolescenza programmata –, ma anche per far sì che in caso di rottura ripararli sia impossibile o comunque economicamente sconveniente. Lo scopo è quello di indurre le persone ad acquistare sempre più oggetti, sempre più spesso, con costi ambientali e sociali incalcolabili. Ma ci sono tanti esperti e attivisti che si battono per contrastare queste pratiche scorrette, contro l’obsolescenza programmata e a favore del diritto alla riparazione. Uno di loro è il designer Francesco Cara.

Lo abbiamo incontrato e intervistato qualche tempo fa nell’ambito di una bella iniziativa sulla riparabilità degli oggetti, sullo scambio e sul riuso. All’epoca ci aveva parlato dell’importante iniziativa che aveva lanciato insieme ad altri tre attivisti dei gruppi Restarters Milano e Giacimenti Urbani. Lo abbiamo risentito per chiedere a che punto è la battaglia per conquistare il diritto alla riparazione dei dispositivi elettrici ed elettronici.

diritto alla riparazione

Quali sono state le azioni svolte sinora?

Fra fine del 2018 e l’inizio del 2019 abbiamo lanciato una petizione su scala europea che ha raccolto quasi 300.000 firme in Germania, Italia e Regno Unito e ha contribuito all’approvazione da parte del Consiglio d’Europa del diritto alla riparazione per alcune categorie di prodotti elettrici ed elettronici (lavatrici, lavastoviglie, schermi, impianti d’illuminazione, ecc.). Sulla scia di questi risultati, insieme alla rete europea per il “Diritto alla riparazione” (Right to repair) a gennaio scorso abbiamo lanciato in Italia una nuova petizione che chiede alla Commissione Europea di legiferare per garantire ai cittadini europei il diritto di riparare i loro smartphones. In pratica, si chiede che i fabbricanti di smartphones (come Apple, Samsung, Xiaomi, Huawei…) introducano sul mercato europeo smartphones che sono riparabili e di cui sono disponibili pezzi di ricambio e documentazione per la riparazione per tutti, riparatori professionali, amatori e cittadini. Diversamente dalla precedente campagna, la raccolta firme avviene su di un’unica piattaforma europea. La campagna si può sostenere cliccando qui.

Quali sono le realtà coinvolte in questa nuova campagna?

Nel mese di febbraio abbiamo chiamato a raccolta tutti i gruppi di riparatori italiani che fanno parte della rete dei Repair Cafés, dei Restarters oltre ad altre realtà indipendenti. A questo scopo abbiamo creato la mappa dei riparatori, che al momento raccoglie 28 gruppi, e abbiamo ricontattato le persone che avevano sostenuto la precedente campagna su change.org. La campagna sinora ha raccolto più di 20.000 adesioni, anche se non è facile attivare e mobilitare nei primi giorni dell’emergenza Covid-19.

Quali sono le novità più recenti rispetto alla normativa europea?

Lo scorso marzo la Commissione Europea ha pubblicato il Nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare che rappresenta uno dei pilastri dell’agenda europea per la crescita sostenibile, il cosiddetto Green New Deal per l’Europa. Il Nuovo Piano riprende le direttive Ecodesign, Ecolabel, Product Environment Footprint e Acquisiti pubblici verdi e le estende al ciclo di vita del prodotto nel suo insieme. Per esempio, la Direttiva Ecodesign e l’Ecolabel era principalmente incentrata sul consumo d’energia. Il nuovo quadro normativo include la progettazione del prodotto, dalla scelta dei materiali, alla “smontabilità per la riparazione, l’aggiornamento, il riuso e il riciclo. Ma guarda anche all’informazione del cittadino, in modo che al momento dell’acquisto, il cittadino possa valutare la longevità, la riparabilità e l’impronta ambientale del prodotto. A partire da questo quadro di riferimento, la Commissione Europea proporrà normative per garantire che i prodotti venduti sul mercato europeo siano progettati per durare a lungo, siano più facili da riutilizzare, riparare e riciclare; facciano il maggior uso possibile di materiali di seconda vita. Per quanto riguarda le pratiche commerciali, l’usa e getta, l’obsolescenza prematura e la distruzione di beni durabili invenduti saranno vietati.

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Ci stiamo dunque avvicinando a un modello più sostenibile, in cui i dispositivi siano realmente di proprietà di chi li acquista grazie alla possibilità di essere riparati?

Le azioni di questi anni in favore del Diritto alla Riparazione hanno contributo a creare consapevolezza sull’importanza di superare il modello Usa e Getta, nell’ambito dei prodotti non solo di rapido consumo e materiali rari e preziosi, ma anche tossici, di abbagliamento e del packaging, ma anche per quanto riguarda i prodotti elettrici ed elettronici, ad alto sfruttamento di risorse rare in produzione e ad alta tossicità quando diventano rifiuti. La diffusione della cultura della riparazione ha apportato un secondo elemento culturale fondamentale: il maggior controllo e la più grande autonomia del cittadino di fronte alla tecnologia, a chi la progetta, produce, distribuisce e offre assistenza. Non è più accettabile che prodotti cari e sofisticati come gli smartphones per esempio non si possano riparare, aggiornare, usare a lungo e poi riusare come console di gioco o webcam per esempio, oppure riciclare recuperando i materiali rari e preziosi che li compongono, ma anche le loro componenti elettroniche, i metalli e le plastiche.

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