Dire che l’omosessualità è contro natura non ha alcun senso
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Pochi giorni fa, domenica 17 maggio, era la giornata mondiale contro l’omofobia (il nome corretto sarebbe Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia) e ho pensato fosse il momento giusto per mettere nero su bianco delle riflessioni che mi frullavano in testa da un po’. Ma visto che sono un tizio originale e che, come si dice in queste occasioni, tutti i giorni dovrebbero essere la giornata mondiale contro l’omofobia, ho pensato di farlo tre giorni dopo – ovviamente non è vero, sono semplicemente in ritardo, ma in questo caso mi sembra funzioni piuttosto bene come scusa.
Tant’è. Riflettevo sul luogo comune ancora tristemente diffuso secondo cui l’omosessualità sarebbe un fenomeno “contro natura”. Ecco, se analizziamo un’affermazione del genere con spirito laico e piglio scientifico, bastano pochi istanti per concludere che non ha alcun senso. E sapete perché è impossibile che l’omosessualità sia contro natura? Perché esiste.
Niente di ciò che esiste può essere contro natura, semplicemente perché non esiste niente che non sia “natura”. Dividere il mondo in cose che sono naturali e altre che non lo sono è un ragionamento fallace che nasce dalla proiezione sulla Natura di caratteristiche essenzialmente umane: siamo noi sapiens che progettiamo le cose prima di realizzarle, quasi sempre commettendo degli errori. Di conseguenza pensiamo che la Natura faccia all’incirca lo stesso: che abbia una finalità, degli obiettivi da raggiungere, che quindi abbia progettato un mondo con certe regole prestabilite e che le eccezioni a tali regole siano da considerarsi degli errori.
Ma a quanto ne sappiamo il pianeta Terra e la vita su di esso non sono frutto del disegno di qualcuno, ma di un mix di processi stocastici e di un’evoluzione casuale fatta da una serie infinita di tentativi. In natura l’errore è la regola, è l’elemento di rottura che consente l’evoluzione. Anzi, per meglio dire – e abbandonando del tutto una prospettiva antropocentrica – il concetto stesso di errore non ha alcun significato. E all’interno di questa evoluzione tutto è lecito, tutto è perfettamente “naturale”. Le ametiste come le bottigliette di plastica, gli stormi di uccelli come le credenze degli umani.
Ci siamo fin qui? Bene, proviamo a fare la controparte. Ammettiamo, per puro spirito speculativo, che invece esista un disegno della Natura, o di qualche divinità. Siamo davvero così sicuri di averlo compreso? Un po’ arrogante da parte nostra, e anche abbastanza irrealistico. Se osserviamo il nostro atteggiamento come specie, a spanne direi che siamo piuttosto lontani dall’aver chiaro il grande progetto, altrimenti vivremmo tutti “naturalmente” felici e contenti e non saremmo a un passo dall’estinzione.
Insomma se non esiste alcun disegno, allora tutto è naturale, e se invece un disegno esistesse non saremmo di certo in grado di interpretarlo. Cvd.
Vorrei fare però un passetto ulteriore. Una volta stabilito che il dibattito sull’essere o meno naturale non ha senso di esistere, possiamo iniziare a farci domande più interessanti. Il fatto che tutto sia relativo non significa che sia tutto uguale. Per la Natura la nostra estinzione non è un grosso problema. Nemmeno la plastica è un problema: in qualche milione di anni svilupperà batteri in grado di processarla (in realtà sembra che dei tipi già esistano) e in altri milioni di anni svilupperà nuove linee evolutive in cui la plastica sarà perfettamente integrata.
Ma per la nostra specie tutto ciò è un problema eccome. Ecco, forse è il caso di sostituire lo sterile dibattito su naturale-innaturale con quello su cosa sia utile o dannoso per la nostra specie (e se ci sentiamo altruisti anche per le migliaia di altre specie che hanno la sfiga di condividere con noi il pianeta). Cosa ci rende felici e cosa miserabili. Bruciare combustibili cose e immettere CO2 in atmosfera alterando il clima non è una buona cosa per noi, che da quel clima dipendiamo. Così come non lo è causare l’estinzione di altre specie compromettendo l’equilibrio degli ecosistemi. Due sapiens dello stesso sesso che si amano o che si scambiano piacere fisico a occhio e croce non costituiscono un danno né per loro – proprio il 17 maggio di quattordici anni fa l’omosessualità veniva finalmente rimossa dalla lista delle malattie mentali in quanto non compromette la felicità e la salute degli individui – né per nessun altro. Anzi, aumentano di un tantino la felicità e il benessere collettivo.
Bene, direi che siamo arrivati alla fine. Lo so che ero partito per parlare di omosessualità e come al solito ci ho infilato in mezzo un po’ di tutto, ma spero che il senso si sia capito. O che perlomeno apprezziate lo sforzo. D’altronde la mia mente funziona così, credo sia la mia “Natura”.
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