11 Mag 2020

Cesare e il suo ritorno alla terra e alla sue origini

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Dopo aver vissuto per motivi di studio in una grande città, Cesare Anselmi ha deciso di tornare nella campagna calabrese, suo luogo d'origine, per riprendere in mano l'azienda agricola biologica di famiglia. Come lui, tanti giovani stanno seguendo questo percorso, dando nuova linfa e nuove idee all'agricoltura del territorio.

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Cosenza - Siamo nella campagna vicino a Rossano. L’aria salmastra dello Ionio si insinua fra i filari degli uliveti e degli agrumeti del podere di Cesare. Figlio e nipote di contadini, aveva lasciato il mondo rurale per trasferirsi in una grande città, Catania. «Andare fuori e vivere altre realtà come quella di una metropoli è affascinante a una certa età – racconta senza rinnegare la sua scelta –, ma poi crescendo si sente nostalgia delle proprie origini, viene voglia di riavvicinarsi alla natura».

E il suo ritorno ha lasciato il segno. Pur nel solco della tradizione di famiglia, ha deciso di buttarsi anima e corpo in questa attività, che è anche la sua unica fonte di reddito. Lo ha fatto portando quel vento di novità insito nel DNA delle nuove generazioni, che ha trovato sbocco in un progetto ambizioso e innovativo da lui stesso voluto: «In azienda produciamo principalmente olive e agrumi, ma da qualche tempo ho lanciato un nuovo progetto, Biortilia, dedicato alla produzione e vendita diretta locale di ortaggi e verdura biologici e biodinamici».

In un mondo che a volte guarda storto chi esce dal solco della convenzione, Cesare ha fatto una scelta coraggiosa, dettata dal cuore: «La biodinamica è una passione personale – ci spiega – e ho iniziato a svilupparla con un approccio molto empirico. In futuro mi piacerebbe convertire tutta l’azienda alla biodinamica».

L’innovazione di Biortilia non sta solo nei metodi produttivi, ma anche nei canali distributivi, poiché frutta e verdura sono destinati al mercato locale, alla vendita diretta in azienda – «così chi acquista acquisisce consapevolezza su ciò che facciamo e come lo facciamo», spiega – e al circuito dei Gruppi d’Acquisto Solidali.

L’orto è gestito con approccio biodinamico, rispettando i calendari e autoproducendo alcune sostanze, come i macerati. È anche una piccola culla di biodiversità: «In uno spazio ristretto coltiviamo una trentina di varietà diverse. Fra gli ortaggi c’è sempre un residuo di erba per mantenere umidità e per creare un habitat per i parassiti che poterebbero attaccare le piante. Non vediamo l’orto in maniera sterile: ci piace quando è pieno di coccinelle, che sono indice di biodiversità e contrastano naturalmente altri nemici delle colture».

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La strada che sta percorrendo Cesare presenta anche molte salite. Ci racconta che all’inizio è stata dura, ma anche che la risposta da parte del territorio è stata ottima. E la buona notizia è che non è solo: «In queste zone l’agricoltura è cresciuta grazie al ricambio generazionale, ci sono molti giovani che si dedicano a questa attività e ottengono grandi risultati».

La sua è una bella storia da raccontare. È un controcanto rispetto alla narrazione che spesso consideriamo come unica voce, malinconica e pessimista, che ci racconta di un Meridione in crisi, abbandonato da tanti giovani che lasciano il mondo rurale per quello urbano. Un po’ forse è così. Ma un po’ non lo è. «Vivere qui è bellissimo – conclude Cesare con sincerità –: la campagna, l’attività agricola non solo come lavoro, ma come stile di vita, mi si addice, mi piace ed è soddisfacente».

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