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Banca Etica ha da poco pubblicato il suo primo report d’impatto, che rende ancora più tangibile ed evidente quanta differenza può fare scegliere dove mettiamo i nostri soldi. Nel 2019, l’anno in cui la banca ha registrato un utile di 6 milioni e 268 mila euro, il più alto della sua storia, sono stati erogati 222 milioni di euro a imprese, singoli e associazioni impegnati nel contrasto ai cambiamenti climatici, nell’integrazione sociale, nell’accoglienza, nella gestione di beni confiscati alle mafie e tanto altro.
Cosa vuol dire questo nella pratica? Proviamo a fare un esempio. Vi suonano alla porta, andate ad aprire. All’ingresso ci sono due signori distinti (o due signore, o come vi pare, non è importante). Entrambi sono venuti a chiedervi in prestito dei soldi, offrono le stesse condizioni, ma c’è una differenza: il primo vuole utilizzare i soldi che per costruire delle mine antiuomo, il secondo per prendersi cura dei giardini pubblici sotto casa vostra. A chi dareste i vostri soldi?
Sospetto che quasi tutti sceglieremmo il secondo. Ecco nella realtà, spesso, facciamo il contrario. Il trucco sta nel fatto che nel mezzo fra noi e i due signori c’è un intermediario, una banca, che sceglie per noi a quale dei due signori affidare i nostri risparmi. E spesso nemmeno sappiamo a chi li presta. Ma il meccanismo di fondo resta lo stesso. Con un’ulteriore aggiunta, data dal fatto che le banche, attraverso delle leve finanziarie, “moltiplicano” i nostri risparmi (e quindi anche il loro impatto), per cui a partire dai 1000 euro che gli affidiamo possono prestarne cinque, otto, diecimila.
Sappiamo che le banche tradizionali investono i risparmi guidati da un unico obiettivo: massimizzare i profitti. E lo fanno, spesso, a discapito dell’ambiente, dei lavoratori, delle comunità. Quello che fa una banca etica è invece orientare i propri investimenti alla sostenibilità e al rispetto dei diritti umani scegliendo con cura le attività che finanzia.
Il report d’impatto di Banca Etica, l’unica banca interamente dedita alla finanza etica in Italia, mostra tutta la differenza fra i due modelli. Innanzitutto per il fatto che esiste un report: normalmente le banche non producono report d’impatto, per il semplice fatto che darebbero risultati disastrosi. C’è di più: in genere le banche tradizionali non pubblicano proprio l’elenco dei finanziamenti che effettuano, sempre per la solita ragione, mentre Banca Etica mette a disposizione di tutti, sul proprio sito web, l’elenco di coloro che sono stati finanziati.
Se poi analizziamo il report a livello qualitativo, le differenze diventano enormi. 222 milioni di euro erogati dalla banca a realtà che offrono nuovi posti di lavoro per persone fragili, organizzano eventi culturali, accolgono i migranti, fanno servizi socio-assistenziali, creano co-housing, offrono corsi di istruzione/formazione, operano nella cooperazione internazionale, fanno agricoltura biologica, gestiscono in maniera sostenibile dei rifiuti, creano acqua potabile, lavorano nella sanità, effettuano workers buyout, producono energia da fonti rinnovabili e molto altro ancora. E visto al nostro cervello non piacciono le cifre troppo alte (non le capisce) e gli elenchi troppo lunghi (lo annoiano) facciamo qualche esempio.
Oltre 13 milioni di euro sono stati prestati a realtà che hanno installato impianti di produzione di energia rinnovabile, o che hanno convertito parte del loro approvvigionamento energetico a favore delle rinnovabili, evitando così che 4.900 tonnellate di CO2 venissero immesse in atmosfera. Realtà come il PalaYamamay, il palazzetto dello sport di Busto Arsizio dove giocano le squadre di pallavolo locali, che grazie alla prima campagna europea di equity crowdfunding rivolta all’efficienza energetica di un impianto sportivo, è stato dotato di impianti a illuminazione e di riscaldamento e di raffrescamento all’avanguardia, con luci a led, pompa di calore e caldaia a condensazione.
I progetti di Social housing e co-housing hanno ricevuto 21,5 milioni di euro. Progetti come quello realizzato dalla cooperativa Entrepatios La Carolinas, a Madrid (Banca Etica ha anche filiali spagnole), nel barrio Usera: un edificio completamente realizzato in bioarchitettura che ospiterà 17 nuclei familiari che condividono spazi e servizi, sviluppano integrazione e creano comunità.
All’agricoltura biologica sono andati circa 3 milioni di euro, che hanno sostenuto la coltivazione di quasi cinquemila ettari di terreno (settemila campi da calcio, per farsi un’idea). Una delle realtà finanziate è Arvaia, prima Csa italiana, che mette insieme agricoltori e famiglie e da da mangiare cibo sano, di stagione e a chilometro zero a quasi un migliaio di persone a Bologna.
Ancora: sono state finanziate 328 imprese femminili, come Tamalacà, fondata a Sassari e gestita da quattro donne, che offre servizi di consulenza per la ideazione e la gestione di politiche, progetti ed eventi orientati ad aumentare la qualità della vita urbana dei bambini.
Nel frattempo, sempre nel 2019, secondo un report di Greenpeace e Re:Common, le maggiori istituzioni finanziarie italiane hanno causato l’emissione di 90 milioni di tonnellate di CO2 , un volume di gas serra superiore a quello che emette tutta l’Austria in un anno. L’impronta climatica delle due principali banche italiane, Unicredit e Intesa San Paolo, è di 73 milioni di tonnellate di anidride carbonica, pari a quattro volte le emissioni prodotte da tutte le centrali a carbone d’Italia.
Ma il mondo sta cambiando in fretta. La crisi ambientale e sociale si svela in tutta la sua drammaticità giorno dopo giorno e sempre più persone sono consapevoli di quanto un modello puramente quantitativo, basato sulla crescita infinita dei consumi e la massimizzazione dei profitti, sia ormai del tutto impraticabile. Non è un caso che la finanza etica abbia continuato a crescere costantemente senza risentire della crisi finanziaria, e che Banca Etica continui a macinare utili da record anno dopo anno.
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