Ashoka e le scuole changemaker che educano i giovani a pensare in grande – Io faccio così #289
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Era il lontano 2020, una era geologica fa, poco prima del Covid-19 e delle relative quarantene. Io, Paolo Cignini e Danilo Casertano partivamo con il nostro camper per un nuovo viaggio, alla ricerca delle scuole changemaker, le scuole naturali, le scuole che cambiano. Con noi, invisibile ma sempre presente, un quarto protagonista di questa nuova avventura: Luca Solesin, responsabile del programma scuole di Ashoka Italia.
Il nostro obiettivo era semplice e allo stesso modo esaltante: scovare e raccontare le scuole (materne, primarie, secondarie) che in qualche modo si distinguessero dalle altre per la capacità di rispondere alle reali esigenze dei minori, costruendo altri modi di fare didattica, di relazionarsi con le ragazze e i ragazzi, di contribuire a formare giovani agenti del cambiamento.
L’obiettivo – ovviamente – non solo non è cambiato, ma l’assenza dei giovani dal racconto attuale dei media lo rende ancora più urgente. Ecco perché abbiamo deciso di dedicare la terza puntata di Matrix è dentro di noi proprio al “futuro dimenticato dei giovani” . Ed ecco perché dalla prossima settimana inizieremo a proporvi le prime tappe di questo straordinario viaggio con dei veri e propri mini-documentari in grado di rappresentare queste esperienze. Intanto, però, oggi vi presentiamo il nostro “uomo invisibile”, il suddetto Luca Solesin.
Luca – come potete vedere dal video – è un giovane e spumeggiante fiume in piena. Responsabile per Ashoka Italia dei programmi education, ci racconta come il loro percorso sia partito da una constatazione semplice quanto fondamentale: il mondo sta cambiando velocissimamente e c’è bisogno di cambiare anche l’educazione.
«Ci siamo presto resi conto – racconta Luca – che in un mondo in continuo cambiamento non ha più senso trasmettere ai ragazzi esclusivamente le competenze tecniche. Se penso che mio figlio prenderà la maturità nel 2038, come faccio a sapere di quali competenze avrà bisogno? Dobbiamo invece insegnare il cambiamento, i giovani devono imparare ad essere changemaker, attori del cambiamento, protagonisti della società che abbiamo davanti.
Ci ispiriamo al paradigma trasformativo che – a differenza di quello adattivo che richiede un’educazione mirata alle richiese del mercato – propone di confrontarsi con i giovani sul tipo di società che vogliono. A quel punto dobbiamo sviluppare le competenze necessarie per trasformare la società e portarla in una determinata direzione».
A quel punto, Luca e i suoi colleghi si sono interrogati sul come raggiungere gli oltre nove milioni di studenti italiani. Ovviamente era impossibile andare scuola per scuola. Ecco quindi che si è deciso di iniziare individuando alcune scuole changemaker.
«Siamo partiti – continua Luca – con cinque scuole caratterizzate da cinque diverse metodologie innovative. Subito dopo ci siamo chiesti come trasformare l’innovazione nella norma e ci siamo resi conto che occorreva cambiare la narrazione rispetto alla scuola. Volevamo anche reagire a questa assurda visione che la scuola non si possa cambiare… In molti non fanno che lamentarsi: “eh ma il MIUR, ma i fondi, e così via”. In realtà la scuola si può cambiare. E con le scuole changemaker vogliamo mostrare e dimostrare che cambiare la scuola è possibile e necessario. Abbiamo quindi realizzato una nuova mappatura dell’innovazione scolastica, scoprendo 270 meravigliose scuole in tutta Italia, ma avevamo bisogno di selezionare i changeleader di questo movimento. Dopo una serie di passaggi siamo arrivati a selezionare 11 scuole changemaker».
I criteri utilizzati per queste selezioni sono stati cinque:
1) una visione di cambiamento allineata ad un approccio trasformativo dell’educazione;
2) il ricorso all’apprendimento attivo teso a rendere gli studenti responsabili del proprio percorso formativo;
3) la presenza di strumenti e approcci innovativi;
4) la voglia di espandere la propria innovazione oltre il proprio istituto;
5) la leadership, costruita attraverso la presenza nelle scuole di un n team del cambiamento, una squadra in grado di stimolarsi a vicenda, perché il cambiamento cambia, e non possiamo pensare che ci sia un’unica persona o un unico modo per cambiare.
Nella selezione, oltre a confrontarsi con dirigenti e professori, il team di Ashoha ha voluto rivolgersi direttamente ai giovani. «Ti faccio un esempio concreto – si entusiasma Luca – a Modena abbiamo chiesto ai ragazzi “in questa scuola vi è permesso sognare in grande?”. E loro mi hanno risposto “perché dici sognare? Noi siamo chiamati a fare qualcosa di grande”. Questo significa sporcarsi le mani per cambiare la società!».
Ora la sfida è rendere questi modelli replicabili. Per farlo, Ashoka sta cercando di favorire la formazione di altri docenti, nonché la disseminazione di queste storie sperando che siano esse stesse di ispirazione.
«L’Italia – continua Luca – è piena di scuole changemaker che noi non abbiamo conosciuto. Non possiamo incontrarle tutte. Quello che potremmo e vorremmo fare nel tempo è dare risalto ai changemaker nelle varie scuole, ascoltando le loro voci e valorizzando quello che loro stanno facendo. Per me nell’educazione si trova la chiave per poter cambiare le cose veramente e in maniera positiva nei confronti di tutti.
Mi auspico, quindi, che si diffonda un cambiamento di forma mentale, che riguardi il modo in cui viviamo le regole sociali e ci permetta di pensare una scuola e un’educazione che non sia solo strumentale al capitalismo e a questo mondo guidato dall’economia ma che punti allo lo sviluppo di tutta la persona».
Noi non possiamo che essere d’accordo. Mai come in questo momento, in cui le scuole sono state chiuse mentre le fabbriche sono aperte, ripensare i modelli educativi e mettere in discussione le priorità che guidano il nostro mondo diventa fondamentale. D’altronde, Ashoka ce lo ricorda ogni giorno: “Everyone a changemaker”, ognuno può essere agente del cambiamento.
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