15 Apr 2020

Poniamo fine al commercio mondiale di specie selvatiche

Scritto da: Greenpeace

Greenpeace chiede all'Unione Europea di mettere fino al  commercio mondiale di specie selvatiche per tutelare gli ecosistemi, la biodiversità e la salute pubblica, considerato il rischio concreto del moltiplicarsi della diffusione di patologie come il Covid-19.

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Poniamo fine immediatamente al commercio mondiale di specie selvatiche e pensiamo a potenziare gli sforzi europei per preservare gli ecosistemi, in modo da proteggere la salute pubblica e la biodiversità di tutto il mondo: sono queste le richieste di Greenpeace al vicepresidente della Commissione Europea Timmermans e al Commissario per l’ambiente Sinkievicius perché facciano sentire la propria voce alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD).

Ricerche e studi dimostrano che la distruzione degli habitat e della biodiversità può contribuire all’insorgenza e alla diffusione di patologie, e il Covid-19 non fa eccezione: il commercio di animali selvatici può aumentare il fenomeno dello spillover, e cioè il rischio di trasmissione da una specie all’altra, dagli animali all’uomo. La segretaria ad interim della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, Elisabeth Maruma Mrema, ha già chiesto il divieto di “mercati umidi” per evitare qualsiasi sviluppo di ulteriori pandemie e questo tipo di mercati sono stati temporaneamente vietati – al momento – in Cina e Vietnam.

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L’UE chieda il divieto di commercio di fauna selvatica
«È ora che i leader europei si facciano sentire per mettere la parola fine al commercio mondiale di specie selvatiche e, con il sostegno anche della Commissione europea, facciano questa richiesta ufficialmente nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità (CBD). Gli Stati dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per proteggere gli habitat all’interno dei propri confini, ma anche a livello globale, ad esempio ricorrendo ad una normativa europea che impedisca ai prodotti che causano deforestazione di essere immessi nel mercato comune», afferma Greenpeace.

«Anche se siamo contenti che i vertici della Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità si siano espressi per il divieto di mercati umidi, sappiamo che non è abbastanza: abbiamo bisogno di un divieto internazionale sul commercio di specie selvatiche. Il momento di proteggere le aree naturali che ospitano migliaia di animali selvatici è adesso, sia per il bene degli animali che per il nostro, visto il rischio concreto del moltiplicarsi delle zoonosi».

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