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È con grande pesantezza e commozione che scriviamo questa lettera. Con fatica anche, e una punta di imbarazzo. Siamo “piccoli” a confronto con i “giganti” che ci rappresentano. Ci ritroviamo insieme a vivere uno dei momenti più duri nella nostra storia comune e abbiamo la fortuna di avere testimonianza, dalla primavera fuori e da ogni nuovo nato dentro, di come la vita continui, porti speranza e dia un senso al nostro impegno per spenderci al meglio, come individui e come cittadini.
Ci rivolgiamo a ognuno di voi, in quanto responsabili e occupanti un ruolo centrale nella presa di decisioni che hanno impatto sulla collettività. Ci rivolgiamo a voi, in quanto il tema che ci è più caro, vi riguarda, come riguarda ognuno di noi, in quanto nati.
Anche in questa occasione sono soprattutto donne quelle che si sentono ferite umiliate e violate: sono le madri, sono le ostetriche, sono le attiviste nel sociale, e ancora troppo pochi sparuti uomini, illuminati e vicini ad un sentire ancestrale, che riguarda davvero tutti. Oggi, come deciso dallo scorso 7 aprile 2020, un qualunque partner che ha scelto di accompagnare la nascita del proprio figlio o figlia, sostenendo la scelta della compagna di partorire in ospedale, si trova allontanato durante il travaglio.
Ripetiamo: un partner, spesso un padre, oggi, ora, intanto che si leggono queste righe, si trova allontanato durante il travaglio, a causa di una disposizione ospedaliera. Per alcuni giorni i genitori hanno potuto ri-orientarsi e optare per le strutture in cui questo provvedimento non era stato adottato, dal 7 aprile tutta la città si è adeguata alle disposizioni più rigide severe e, ai nostri occhi, inaccettabili. Se è fortunato, il padre viene richiamato dall’ostetrica di turno al premito (fase espulsiva nel linguaggio tecnico), per assistere “all’uscita” e fare la “foto ricordo”.
Questa modalità viene appresa dagli utenti (i neogenitori) da cartelli appesi nei reparti o comunicato a voce dal personale in servizio. Nessuna comunicazione scritta, nessuna alternativa, nessuna ufficialità. Un mero, a volte imbarazzato, “seguiamo le disposizioni”.
Ci siamo confrontati internamente, con i nostri riferimenti su territorio locale e nazionale e la maggior parte degli operatori sanitari attivi e attenti a promuovere un approccio alla nascita rispettoso e protetto si è dichiarato basito e incredulo.
Non ci sono evidenze scientifiche sufficienti a privare madre, padre e neonato di un’esperienza unica e fondante la loro relazione. Come espresso chiaramente in tutta la documentazione ufficiale che abbiamo raccolto. Alcune realtà che avevano in emergenza chiuso ai padri, stanno ora ritornando sui loro stessi passi, anche grazie alle azioni di alcune realtà attiviste.
Le raccomandazioni, sia OMS che ISS, e le indicazioni stesse da parte dell’attenta e preziosa Commissione Nascita di cui la nostra Regione è straordinariamente dotata, precisano: “In questo contesto, di inedita emergenza e di limitate informazioni, la Commissione nascita ha ritenuto utile mettere a disposizione delle professioniste e dei professionisti non un documento di raccomandazioni, ma una sintesi strutturata e condivisa delle conoscenze disponibili, mostrando in modo trasparente l’incertezza che ancora domina questa condizione”.
Riportiamo l’estratto da noi evidenziato nella parte che riguarda la presenza della persona di fiducia, un diritto acquisito (non da dover tutelare) che si configura come sostegno e presenza durante travaglio e parto, per tutta la sua durata. Non c’è un momento più importante di un altro, il parto è un processo involontario delicatissimo che andrebbe oltremodo protetto in una continuità di intimità che si costruisce nel tempo, con i minimi cambiamenti di setting, soprattutto in fase espulsiva, come riporta tutta la letteratura in circolazione e come tutto il preparatissimo personale ostetrico sa bene. Le disposizioni chiedono altro. Le ostetriche eseguono. Qualcuno ha chiesto loro cosa ne pensano?
Le realtà che conosciamo, dove queste procedure non si sono applicate, presentano tutte una grande volontà da parte del team ostetrico, che ha avuto modo di essere riconosciuto come autorevole e di riferimento, per indirizzare e suggerire la procedura ottimale da adottare, tenendo a cuore sia la sicurezza degli operatori, sia i diritti di madre, padre e neonato.
L’entrata del partner in espulsivo turba la continuità del setting del parto e rende davvero incomprensibile l’aver negato la risorsa della presenza fino a quel momento del travaglio. La scelta di questa formula per ridurre un possibile contagio viene vanificata in un attimo, dall’accesso del partner, che magari starnutisce in quel quid, lasciando un grande è faticoso “perché?”, a cui ci piacerebbe ricevere risposta.
Nascere, è un’esperienza irripetibile per chi sta nascendo e per chi sta accompagnando a farlo; lì ci si incontra per la prima volta, in presenza ed essenza. Fa male scontrarci con la necessità di questa comunicazione, fa male al cuore ascoltare le madri in lacrime che ci chiamano dicendoci che si sentono senza potere, che i loro bisogni non valgono nulla.
Ricordiamo che la nascita non è patologia. Se in questo momento l’Ospedale ha il compito gravoso di riorganizzarsi per continuare ad esserci e garantire l’assistenza ottimale al parto, la soluzione condivisa sposata e diffusa, anche contro il parere di molti operatori stessi, non può essere a discapito dell’esperienza diretta di chi nasce, di chi partorisce e di chi è lì a sostenere il più delicato potente e impattante inizio di relazione con l’ingresso in comunità. Allontanare i partner, i padri, non può essere la soluzione adottata come modalità accettata come risolutoria. Non è una best practice.
Togliere potere a chi in quel momento, sta mettendo anima e corpo a servizio del nostro futuro, è quanto di più lontano possa esserci nel legittimarci a essere protagonisti di un rinnovamento sociale, che anche il COVID-19 ci sta chiedendo.
Ci affidiamo alle vostre Responsabilità perché possano essere messe a frutto e dare segno visibile tangibile e veloce, perché la nascita sia ripristinata come atto da onorare e accogliere e non da tutelare e proteggere proprio nei luoghi dove più ci aspettiamo sia custodito e sostenuto. Vogliamo fidarci dei nostri ospedali e di chi li dirige, vogliamo sentirci tranquille di dove andiamo a partorire.
Chiediamo che il personale ostetrico venga inserito nella presa delle decisioni, che lo siano le associazioni che rappresentano l’utenza, i genitori, e che le direzioni sanitarie accettino e contemplino di trovare insieme gli strumenti per mantenere la nascita non solo un momento di sopravvivenza, ma un evento di impatto sociale. Lo è per quei genitori che stanno nascendo, per quella vita che sta cambiando letteralmente la faccia al mondo con il suo arrivo.
Chiediamo un segnale perché si accolga da subito un neonato, rispettandone i bisogni e creandogli il miglior campo di accoglienza possibile, perché possa esprimersi ed essere osservato con curiosità e meraviglia nel dargli il nostro benvenuto. I suoi bisogni primari in
quel momento sono una madre e chiunque lei voglia al suo fianco per sostenerla nel processo del dare alla vita.
Attendiamo un feedback, possibilmente da ognuno di voi, con un’azione concreta che vi impegnate a fare per il nostro futuro, e per la vita di ogni neonato a cui un vostro gesto cambia la sua storia personale, in modo assoluto. Il campo di nascita è importante, tutelarlo è tra i vostri impegni e doveri. Nulla di quello che chiediamo è volto a mettere a rischio il personale sanitario e in particolar modo quello ostetrico, che sentiamo da sempre alleato e vicino ad ogni nostra azione a tutela e sostegno della nascita.
Siamo disponibili a qualsiasi forma di contributo aiuto sostegno nel riformulare, ripensare, riprogettare soluzioni e contesti adatti alla miglior esperienza possibile in un contesto complesso e di tensione come quello in atto. In molti, preso atto dell’ospedale come luogo inadatto oggi a
ricevere donne sane per fare esami e per partorire, c’è chi ha auspicato percorsi altrove, magari nelle strutture alberghiere vuote, e utilizzare l’ospedale solo in caso di urgenze, accelerando la creazione di punti nascita a gestione ostetrica, che hanno dato ottimi esiti, dove applicati. Mettendoci cuore e ragione possiamo fare molto, rimaniamo in ascolto, gli uni degli altri.
Per ripensare al nostro modo di vivere, dobbiamo partire dall’inizio, dal nascere.
AGGIORNAMENTO
Dal 27 aprile negli Ospedali di Bologna gestiti dalla AUSL Bologna – Distretto Città di Bologna (Ospedale Maggiore e Ospedale di Bentivoglio) viene garantita la presenza della persona di fiducia con la donna per tutta la durata del travaglio.
L’unità di crisi che si è tenuta venerdì pomeriggio ha approvato la proposta di ripristinare le modalità in uso di norma per la presenza del partner o persona di fiducia durante il travaglio, con alcuni accorgimenti in più legati alla pandemia in atto, quale ad esempio l’obbligo di indossare dispositivi di protezione individuale che saranno forniti e si chiederà di utilizzare correttamente.
Tuttavia, in altri ospedali di Bologna e di tante altre città italiane, questo diritto non è garantito. Per questo motivo è importante continuare a sostenere la campagna e diffonderla il più possibile.
COSA POTETE FARE VOI
Preparate una vostra mail, unica e personale, più sono meglio è, con questo oggetto: (città ad es.) BOLOGNA – CAMPAGNA #insiemesiconcepisce #insiemesipartorisce promossa da VOCIDINASCITA APS sostenuta da (nome + cognome) come (genitore o operatore o cittadino/a).
Potete scrivere quello che desiderate nel testo della mail e allegate poi il comunicato pubblicato qui sopra. Che siano padri e madri a farsi sentire e reclamare presenza e voce in capitolo, insieme agli operatori che se la sentono e che scelgono di infrangere il muro di omertà, sostenuti da un’azione che va oltre le pareti dell’ospedale in cui lavorano.
Se sei un operatore, sanitario o no, e vuoi fare l’azione in anonimato, puoi inoltrare la mail a noi con l’indirizzo al quale vorresti spedirlo e lo faremo come associazione a nome di un nostro socio operatore che ci chiede anonimato. Lo rispetteremo. La tua tutela, è la tutela per la nascita. Capiamo la posizione scomoda. In caso aggiungi all’oggetto – richiesta invio in anonimato.
In ogni mail che inviate, è importante tenerci in cc con l’indirizzo covid19@vocidinascita.org.
Daniela Canzini, presidente di Voci di Nascita – Birth Community.
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