Ecco perché oggi abbiamo la necessità di adottare il pensiero sistemico
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Accumulare nozioni di per sé non porta ad alcuna conoscenza se poi non si hanno a disposizione gli strumenti per collegarle tra di loro e contestualizzarle. Questa necessità è spesso sottovalutata nella sua importanza e sarebbe opportuno coltivarla con cura. L’apprendere a ragionare in modo sistemico è molto più semplice se parte della formazione dell’infanzia, è una di quelle facoltà che una volta sviluppate si applicano senza sforzo a tutto ciò che di nuovo apprendiamo nella vita.
Un esempio banale è l’abitudine che avevo con mio figlio di smontare ogni giocattolo, esaminare la funzione delle sue parti capendo in che relazione ciascuna fosse con le altre, capire da che parte del mondo ciascuna provenisse, di che materiale fosse fatta, l’origine del materiale, che viaggio questo avesse fatto e che persone fossero state coinvolte nel suo reperimento e lavorazione e così via, in un processo dalle pressoché infinite ramificazioni. Per quanto abbastanza semplice e banale, questo tipo di esercizio ci porta ad acquisire un metodo di pensiero che si rivela prezioso da adulti, consentendoci con meno sforzo e più efficacia di affrontare situazioni e problemi anche complessi senza che ce ne sfuggano né i dettagli né il contesto nel quale questi si inseriscono.
Osservare la complessità non è così automatico. Ad esempio è legittimo immaginare che per i nostri antenati preistorici distinguere istantaneamente e direttamente il pericolo rappresentato da un predatore fosse più importante del comprendere il ruolo che quel predatore svolgeva nel sistema generale delle cose. La realtà odierna però è molto più complessa e la comprensione dei meccanismi che regolano l’interazione tra gli elementi della realtà è essenziale per arginare gli effetti collaterali del pensiero analitico e lineare e fornirci gli strumenti necessari per prendere decisioni adeguate. Il cambiamento climatico è l’esempio più lampante, per comprendere il quale è indispensabile riuscire a mettere in luce e comprendere la correlazione articolata di un numero elevato di elementi che convivono nello spazio e nel tempo.
Nell’era pre-industriale, quando la vita era, per gran parte degli individui, vicina alla natura e dipendente da essa, il meccanismo di pensiero sistemico era probabilmente più spontaneo, in quanto causa ed effetto delle azioni, la relazione diretta tra gli eventi naturali e l’effetto che questi avevano sulla vita, la dinamicità e variabilità delle interazioni tra gli elementi, rendeva necessario per la sopravvivenza sviluppare un processo mentale articolato intorno alle concatenazioni di fattori.
Col progressivo allontanamento dalla natura quindi e con l’aumentare della quantità e complessità di elementi che compongono la vita quotidiana, questa diretta relazione tra elementi si è gradualmente persa, lasciandoci oggi spesso incapaci di districare la complessità delle cose o consentendoci di vedere solo alcune parti del tutto. In un mondo dipendente dalla natura questa incapacità ci avrebbe probabilmente portati a una fine precoce, nelle condizioni di vita attuali, in larga parte artificiali e costruite da noi, questo rischio è stato quasi completamente eliminato, eppure i danni collaterali causati dalla perdita di quella facoltà sono notevoli.
Il pensiero sistemico consente di acquisire una più profonda comprensione delle dinamiche degli eventi portando in superficie i meccanismi e le interazioni che li sottendono, governano e definiscono. È uno strumento che esalta le capacità di ricombinazione della nostra mente consentendole di rivelare i meccanismi intrinseci del funzionamento delle cose, dal parziale al totale leggendo la sequenza completa di interrelazioni.
Vale la pena di considerare anche fattori culturali che hanno portato allo sviluppo di differenti approcci di pensiero in varie parti del pianeta. Lo sviluppo di un pensiero meccanicistico, mirato all’efficienza produttiva, che ha contraddistinto l’occidente negli ultimi secoli ad esempio si basa su un pensiero analitico di diretta correlazione tra causa ed effetto immediato.
L’oriente in generale ha seguito percorsi di sviluppo differenti, che si possono riconoscere nelle religioni politeiste, nelle filosofie di stampo buddista, e non ultimo nei linguaggi. Pensiamo alla profonda differenza di processo mentale che passa tra l’impiego di linguaggi basati sull’uso di meno di 30 simboli fonetici delle principali lingue occidentali e quello di linguaggi come cinese e giapponese che utilizzano correntemente intorno a 3000 dei circa 50.000 ideogrammi esistenti, ciascuno dei quali è una combinazione di concetti e metafore. Il tipo e numero di collegamenti che avvengono nel cervello usando l’uno o l’altro di questi meccanismi di comunicazione è evidentemente molto diverso e il secondo sicuramente favorisce un approccio più vicino al pensiero sistemico.
Nel momento in cui il pensiero sistemico diviene spontaneo come il camminare, l’individuo acquisisce quasi un super-potere, la mente riceve nuove informazioni e senza sforzo le filtra attraverso una matrice di esperienza pregressa che porta ogni nuovo elemento a trovare il suo posto e le sue connessioni, diventando parte di una conoscenza più ampia, ben organizzata, facilmente accessibile e sempre in dinamica evoluzione.
Nell’acquisire queste abilità di discernimento il nostro cervello crea delle matrici di riferimento nelle quali qualsiasi nuovo elemento trova facilmente la sua collocazione, le sue relazioni con conoscenze precedenti, esperienze verificate, dati accumulati che vengono automaticamente filtrati e posti in un contesto dove il valore di ogni singolo elemento è moltiplicato esponenzialmente dalle sue ramificazioni. Una volta acquisito il metodo, la nostra mente è in grado di elaborare una vasta quantità di dati quasi istantaneamente e il confine tra la conoscenza intellettuale e quella istintiva si sfuma, con risultati di sorprendente efficacia e spontaneità.
È anche un modo totalmente multidisciplinare di affrontare la conoscenza, i cui vari campi sono parte di un tutto senza soluzione di continuità. Il pensiero sistemico impiega tutte le fonti di acquisizione di informazione delle quali siamo naturalmente dotati, catalogando e mettendo in relazione stimoli che provengono da tutti i sensi e collocandoli nella matrice di riferimento dinamica che si evolve in continuazione, ricombinando i dati acquisiti e rielaborandoli in un contesto multi-direzionale. Per ottenere questo risultato si deve sviluppare l’abitudine ad affrontare qualsiasi nuovo soggetto, fatto, situazione da un punto di vista molto ravvicinato, per coglierne i dettagli, e contemporaneamente da un altro molto distante, che ci consenta di cogliere il contesto e le relazioni tra gli elementi che osserviamo.
Per arrivare ad adottare questo metodo è anche necessario “disimparare” molto di quello che ci è stato insegnato: concetti acquisiti e sedimentati nell’inconscio, in particolare il pensiero lineare e analitico che spesso porta, anche in buona fede, a decisioni errate, a soluzioni dirette e immediate che il più delle volte risultano più tardi in danni collaterali più grandi del problema che si intendeva inizialmente risolvere.
Il pensiero analitico ha portato a scoperte di rilievo nell’ambito scientifico, ma allo stesso tempo ha causato una deleteria frammentazione della conoscenza che porta ad affrontare le questioni importanti in un modo controproducente sulle lunghe scadenze. Qualsiasi elemento di conoscenza, per quanto dettagliato e accurato, perde di valore nel momento in cui viene separato dal contesto al quale appartiene.
In questo il pensiero sistemico è uno strumento prezioso che permette di contestualizzare e collegare ogni nuovo elemento di conoscenza acquisito, collegandolo alla catena di elementi della quale fa parte. Solo in questo modo si possono trovare risposte soddisfacenti e sostenibili a questioni complesse, facendo emergere tutte le correlazioni e interazioni, senza le quali le nostre azioni possono divenire non solo inefficaci ma spesso dannose. Ignorare lo stretto legame che unisce gli elementi della vita della nostra specie con quella di tutte le altre che condividono lo stesso pianeta ci ha portati a una situazione estremamente pericolosa dalla quale non sarà semplice uscire.
Un approccio sistemico nell’affrontare i problemi impellenti che sono davanti agli occhi di tutti potrebbe essere di grande aiuto per risolverli in modo efficace e duraturo. Adottare una visione circolare, dove ogni elemento di un sistema è intimamente collegato a tutti gli altri, non è spontaneo per chi è cresciuto nel mondo moderno e distaccato dalla realtà della natura, ma non è alieno al meccanismo di funzionamento del nostro cervello ed è una parte che sarebbe estremamente utile riportare in superficie e applicare nella realtà quotidiana. Nel momento in cui il pensiero sistemico ritorna a essere il nostro metodo di osservazione primario, le mappe della realtà si fanno più ricche e complete e sono continuamente aggiornate da nuove conoscenze che trovano la loro collocazione contribuendo ad ampliare sempre più la nostra abilità di comprensione.
Una delle abilità che è necessario acquisire per rendere il nostro pensiero sistemico più calibrato è quello di imparare a definire i confini del caso che stiamo osservando, altrimenti, visto il collegamento pressoché infinito tra ogni elemento, rischiamo di perderci nelle ramificazioni omnidirezionali. Ma anche questo è un talento che viene a sua volta facilitato dal pensiero sistemico e dalla sua abilità di filtrare le correlazioni tra gli elementi, sempre alla ricerca di un equilibrio.
La permacultura, concetto sviluppato da David Holmgren e Bill Mollison a partire dagli anni ’70, offre un esempio di applicazione pratica del pensiero sistemico a una delle attività più antiche e fondamentali della razza umana, la produzione di cibo, e da quel punto di partenza tocca tutti i campi, dall’economia alla politica, basandosi sull’osservazione dell’interazione tra gli elementi naturali e la presenza dell’uomo sul pianeta, facendo emergere strategie sostenibili e integrate adatte al mondo contemporaneo.
La prima e più conosciuta descrizione del pensiero sistemico nel contesto della società contemporanea è quella presentata in Thinking in Systems di Donella Meadows, pubblicato postumo nel 2008 e che sintetizza il lavoro di vari ricercatori e pensatori svolto anche questo a partire dagli anni ’70. La necessità di un pensiero sistemico è dunque emersa in un periodo nel quale cominciavano ad avvertirsi i limiti e pericoli di un modello di sviluppo e di pensiero che non teneva conto della complessità delle componenti della vita sul pianeta e che rischiavano di comprometterne il fragile equilibrio, come oggi appare evidente.
Se non si può pensare all’approccio sistemico come una bacchetta magica per risolvere i problemi che ci troviamo ad affrontare oggi, sicuramente ci può fornire degli strumenti molto più sofisticati ed adeguati per rivelare strategie vincenti e positive, più in armonia con le leggi della natura. Questo approccio all’osservazione del mondo che ci circonda è più che mai indispensabile oggi per districarsi nel diluvio di informazioni che riceviamo quotidianamente, spesso contraddittorie, infondate, difficilmente verificabili. Più la nostra matrice di riferimento, conseguente all’impiego di un pensiero sistemico sviluppato nel corso del tempo, sarà ricca e raffinata, più ci sarà facile intuire la fondatezza dell’informazione che riceviamo, come questa si rapporta agli altri elementi della realtà che conosciamo e ai meccanismi dei quali abbiamo verificato la solidità.
Un altro vantaggio di questo approccio è la sua dinamicità, che ci protegge dal rischio di fossilizzarci su convinzioni e prese di posizione che possono aver avuto un senso in un momento o situazione specifica, ma che non sono necessariamente verità inalterabili e universali. Questa combinazione di dinamismo, flessibilità, infinità espandibilità e circolarità è non solo uno strumento indispensabile per sopravvivere in modo cosciente e indipendente come individui, ma anche un approccio salutare per una vita in sincronia e simbiosi con i meccanismi della natura, un passo verso la riparazione del danno che nel tempo gli esseri umani hanno causato all’ambiente nel quale vivono e di conseguenza a loro stessi.
Il bello è che non c’è nulla di artefatto o innaturale in questo modo di osservare il mondo, al contrario è un approccio molto vicino alla nostra natura umana e alle nostre raffinatissime capacità intuitive nella loro condizione ideale, quando non sono danneggiate da fattori esterni, traumi, privazioni, cattiva educazione, è un metodo che si può riconoscere alla base dell’approccio di menti come quelle di Leonardo da Vinci o Albert Einstein. Il pensiero sistemico non ci porterà necessariamente a rivaleggiare con questi geni, ma può essere un modo di riappropriarsi di un importante aspetto della nostra essenza, più propenso all’evoluzione, e un metodo per renderci più positivamente efficienti e capaci di crescita sostenibile.
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