“La condivisione ci salverà!”: Gabriele e tutti i volontari dell’emergenza coronavirus
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Veneto - «La condivisione salverà il mondo!», mi dice Gabriele, alla mia scomoda domanda «perché ti doni così tanto all’altro? Chi te lo fa fare?». Lo so, sono un ficcanaso, anche con gli amici. Gabriele Contin (per chi lo conosce, Conte) è un ragazzo padovano di 23 anni, studente di mattina, volontario di Croce Verde il pomeriggio e pizzaiolo la sera. Da Infermieristica è passato ad Odontoiatria ma non ha mai smesso di ‘donarsi’ all’altro, soprattutto in un momento come questo, dove il “mostro” del Coronavirus sembra aver messo alle strette una società sfaccettata ponendo in luce debolezze e paure, ma anche forza di volontà e capacità di non farsi sottomettere da un’apatia stanca e indifferente. È uno dei tanti – sì, tanti – ragazzi che si vogliono mettere in gioco senza starsene con le mani in mano.
«Viviamo in un mondo impaurito e ne ho paura», mi racconta di ritorno dalla sua ultima “spedizione” verso il fronte del contagio, di chi il Covid-19 lo ha sul serio.«Ci guardavano come fossimo alieni. Noi, vestiti di bianco da cima a fondo con uno schermo protettivo davanti agli occhi. Un po’ come degli astronauti che stanno mettendo piede in una terra straniera, inviolabile per l’uomo comune, per la sua carne». Eroi, più che astronauti. Gente comune. Gente impaurita. Gente che si dona. Gente.
Stavano “solo” trasportando un uomo anziano con una sedia a rotelle, da casa sua all’ambulanza.ì davanti agli sguardi di osservatori inermi, esterrefatti dalla situazione, che se ne stanno lì a indagare, da fuori. Si trovavano a Vo’ Euganeo. Avrebbero dovuto portare il contagiato in ospedale. Gabriele si siede vicino all’autista, sul sedile a fianco. «Alle volte ho pregato, altre sperato, altre ancora sono solo rimasto in silenzio. Non fare agli altri quello che non vorresti venisse fatto a te, mi diceva sempre mio padre. Non vorrei mai sentirmi solo nel momento del bisogno. Ecco forse la risposta alla tua domanda».
Tuta bianca impermeabile, cuffia per racchiudere la chioma di capelli, occhiali o visiere trasparenti, maschera facciale filtrante e calzari. Dispositivi di protezione individuale (DPI) per le vie respiratorie, dalla forte capacità filtrante, in grado di impedire l’inalazione e la diffusione di particelle aerodisperse; una sorta di barriera dalla realtà circostante, un isolamento del corpo necessario a non far germogliare il male. Questo l’abbigliamento di Gabriele e quello tipico dei tanti volontari di Croce Verde, un ente locale di volontariato che opera nel campo della sanità che, oltre a collaborare con la Protezione Civile, svolge varie mansioni (trasporto di persone disabili o trasporto di infermi, più o meno gravi, verso una struttura ospedaliera, assistenza presso eventi o manifestazioni, servizio S.S.U.E.M. – Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza).
Quello che più colpisce è il sorriso stampato sul suo volto, suo come di quello di molti altri giovani infermieri con cui ho condiviso due anni di infermieristica. Da dove può provenire tanto amore?
«I turni sono aumentati, raddoppiati. Gli operatori della croce verde devono fare, oltre al loro turno, anche un altro, per i casi di Coronavirus. È stancante ma ti rende soddisfatto – Mi racconta l’amico – Mio fratello lavora in Gastroenterologia, a fianco al reparto di Rianimazione. Alle volte mi parla di quello che vede. Rabbrividisco. Ragazzi in fin di vita, ragazzi in gravi condizioni, ragazzi che non ce la fanno». Mi invita a scrivere di non bersi tutte le informazioni date dai mass media, che il Covid-19 “è la malattia dei ‘vecchi’”. Purtroppo, è un virus a cui poco interessa quanta vita ancora hai davanti.
L’umanità ha incontrato nella sua strada molti ostacoli ma «nemmeno questo riuscirà a fermarla», Gabriele aggiunge. Di certo soli non vinceremo, ma assieme forse qualcosa di buono ne potrà uscire. Ognuno facendo il suo, nel suo piccolo. Chi rimanendo a casa, chi andando a lavorare, come tutti quelli che rischiano ogni giorno la vita nel reparto ospedaliero o nel reparto alimentari di un supermercato, chi decide di dedicare il proprio tempo in un servizio come Croce Verde o Croce Rossa, chi andando a donare il sangue in un momento in cui si ha estremo bisogno. Ognuno facendo il suo, nel suo piccolo.
«Qualche giorno fa un mio collega ha contratto il virus. Non abbiamo i superpoteri, ci ammaliamo come tutti». Sento nella sua voce una certa preoccupazione, ben poco velata. «Temo di prenderlo e di portarlo a casa, ma sento il dovere di continuare a fare quello che sto già facendo. Non posso fermarmi ora».
«Vorrei sottolineare un’ultima cosa – aggiunge – ci sono varie iniziative per chi è rimasto a casa e si sente in buona salute per aiutare. Non solo la donazione di sangue, che serve, ma anche altri interessanti modi per mettersi in gioco, come la possibilità data dalla Croce Rossa di diventare volontario temporaneo». Infatti, dopo una breve formazione online, con una durata dai 30 ai 120 minuti, Croce Rossa permette, in base alle disponibilità del singolo, di svolgere le attività di (riportando quanto riferito dal sito www.cri.it):
– consegna dei pacchi alimentari, farmaci e beni di prima necessità alle persone vulnerabili;
– controllo dei passeggeri in aeroporto;
– informazione e assistenza presso i desk, le centrali operative, le tende e le strutture di emergenza.
Citando quanto detto da Gabriele, “la condivisione salverà il mondo”. Posso solo concludere ringraziando questi eroi poco noti che si donano all’altro senza pretendere nulla. Grazie.
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