“Io vorrei restare a casa”. Come aiutare le persone senza fissa dimora?
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Dobbiamo stare tutti a casa il più possibile, in questo periodo, ormai il messaggio è fin troppo chiaro a tutte e tutti noi. Dall’inizio delle limitazioni alle nostre libertà di movimento a causa della diffusione del Coronavirus e per il contrasto ad esso, come redazione, lavorando dalle scrivanie delle nostre case, ci siamo sempre domandati: ma come fa chi una casa non ce l’ha un casa? Abbiamo così contattato la Onlus Avvocato di Strada, nella persona del Presidente Antonio Mumolo, per capire come le persone senza fissa dimora stanno vivendo questo momento e come possiamo aiutarle.
Ci potrebbe presentare la realtà degli Avvocati di Strada? Chi siete, quando siete nati e di cosa vi occupate? Quante persone lavorano per la Onlus e come vi finanziate?
Avvocato di strada è un’esperienza nata a Bologna nel 2001, poi diventata un’organizzazione di volontariato nel febbraio del 2007. L’obiettivo della nostra associazione è garantire una tutela legale gratuita e qualificata alle persone senza dimora e alle vittime di tratta. Nella nostra esperienza abbiamo continue conferme del fatto che le persone senza dimora hanno certo bisogno di mangiare, di vestirsi e di un posto per dormire, ma la realtà è che in strada c’è anche molto bisogno di affermare e garantire i diritti fondamentali dell’essere umano.
La missione di Avvocato di strada è allora quella di dare visibilità agli invisibili, di offrire un’opportunità concreta per risollevarsi mettendo a disposizione un supporto legale gratuito, perché crediamo che la legge sia un’arma potentissima per restituire dignità alle persone e per favorire un percorso di uscita dalla strada, dalla marginalità e dalla discriminazione.
Alle attività dell’associazione partecipano oggi più di 1000 volontari in tutta Italia, tra avvocati (la maggior parte), studenti, o cittadini che pur non avendo competenze specifiche in ambito giuridico decidono di darci una mano nel momento più significativo dell’operato di Avvocato di strada rimane lo sportello, oggi presente in 55 città italiane.
Il lavoro dell’associazione e le spese legali per le cause che facciamo sono finanziati principalmente da erogazioni liberali di privati che supportano le nostre attività e dal contributo del 5×1000. Inoltre, quando si vince una causa e la controparte è condannata a pagare gli onorari e spese legali, per Statuto gli avvocati devolvono tutto all’associazione, detratte solo le spese vive anticipate, essendo la nostra attività svolta a titolo di volontariato puro.
In questi giorni di invito a restare a casa per il contrasto al Covid-19, qual è la situazione dei senzatetto in Italia? Ci può dare qualche numero sulle persone senza fissa dimora e delle notizie su come stanno reagendo alla situazione che stiamo vivendo? Sappiamo che avete stilato un vademecum per loro…
Secondo l’ultima indagine Istat, risalente al 2015, sono 50.724 le persone senza dimora stimate in Italia. In questo momento così delicato per tutti, in cui siamo continuamente invitati a rimanere nelle nostre case, l’esperienza di chi un alloggio non ce l’ha è certamente ancora più dolorosa. Penso al fatto che, per esempio, tanti servizi rivolti alle persone senza dimora sono al momento sospesi o ad attività ridotta: diventa così ancora più difficile avere accesso ad un pasto caldo, ad una doccia o procurarsi dei vestiti. A questo si aggiunga la paura di ammalarsi, che pure noi tutti viviamo, e che è più intensa e amplificata per chi non ha un luogo in cui trovare riparo. Infine il problema delle multe: molte persone senza dimora sono state sanzionate perché si trovavano in strada senza una valida ragione, pur essendo evidente che si trovavano lì perché senza un’alternativa. È soprattutto in questo ambito che, date le nostre competenze specifiche, abbiamo cercato di fare qualcosa.
Per esempio abbiamo realizzato un piccolo vademecum per aiutare le persone senza dimora a superare questo momento: si tratta di un breve prontuario, in cui si possono trovare le risposte ad alcune delle domande che ci siamo sentiti rivolgere più di frequente in questi giorni, come ad esempio: come mi comporto se sono senza dimora? O cosa rischio se non rispetto le limitazioni? È possibile trovarlo sul sito di avvocato di strada .
Avete lanciato anche una campagna chiamata “Io vorrei restare a casa”. Di che si tratta?
Con la campagna “Io vorrei restare a casa”, abbiamo cercato di dare il nostro contributo ad una situazione particolarmente incresciosa, perché crediamo che oggi, davanti a questa emergenza, non si possa far finta di nulla. Molte persone senza dimora si sono rivolte a noi perché sanzionate per il fatto di essere state trovate in giro senza giustificazione. Dobbiamo però ricordarci che, per queste persone, stare in strada non è una scelta ma una condizione dolorosa che vivono per mancanza di alternative: è chiaro che chi si trova in questa situazione non è che non voglia rispettare le ordinanze e i decreti, ma non ha modo di farlo. Diventa allora più necessario che mai trovare una soluzione anche per gli ultimi, per quelli che tutti i giorni vengono dimenticati, per gli invisibili.
Per questa ragione abbiamo chiesto al Presidente del Consiglio e ai Presidenti delle Regioni italiane tre cose: di far cessare immediatamente l’irrogazione di sanzioni alle persone senza dimora per il solo fatto di trovarsi “fuori casa” senza motivo, di stanziare somme per consentire ai comuni di fornire un tetto alle persone senza dimora, utilizzando palestre, capannoni o altri edifici pubblici o privati e, infine, di garantire il diritto alla salute di queste persone, consentendo loro l’accesso immediato alle cure, ovvero assegnando loro un medico di base pur in assenza di residenza.
Inoltre abbiamo chiesto ai sindaci di tutti i Comuni italiani di garantire un’apertura prolungata delle strutture di accoglienza per le persone senza dimora e di velocizzare l’iscrizione nelle liste anagrafiche, in modo da poter garantire l’accesso al sistema sanitario di base e quindi tutelare la salute, non solo la loro, ma quella di tutti. Quest’ultima richiesta deriva dal fatto che molte persone che vivono in strada perdono la residenza e vengono cancellate dalle liste anagrafiche dei comuni, diventando di fatto invisibili. La mancanza della residenza però preclude l’accesso a moltissimi diritti fondamentali, tra cui per esempio quello ad avere un medico di base.
La campagna per fortuna sta avendo una grande risonanza e hanno già firmato quasi 6.000 persone: significa che anche in questo momento di emergenza tantissimi cittadini si interessano a chi è più in difficoltà, e questo è un segnale che ci rincuora. La campagna è ancora online, sul nostro sito e sulle nostre pagine social, ed è ancora possibile sottoscriverla.
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