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Questo periodo in cui dobbiamo stare in casa mi è stato chiesto da molti che cosa si possa fare col cane, come far passare il tempo date le limitazioni per uscite e incontri. E da qui si aprono possibilità interessanti: questo periodo ci insegna a uscire da un sacco di schemi, tra cui artefatti di relazione, e ci stimola ad essere sia creativi che introspettivi.
Condivido quindi alcune riflessioni interessanti a tema relazione col cane. Poiché per fare insieme attività che siano veramente stimolanti ed efficaci, occorre partire dall’interesse e dall’accoglienza per alcuni aspetti soggettivi e relazionali.
Innanzitutto occorre precisare che non esiste nulla di oggettivamente valido per tutti, ciò che diverte un cane può infastidirne un altro, ciò che è gradevole per qualcuno può mandare in reattività qualcun altro. E che esistono infinite possibilità di gioco poiché ogni essere vivente è un sistema percettivo unico.
Azioni e proposte quindi vanno sempre riferite al soggetto con cui interagiamo. Ogni famiglia, ogni proprietario conosce il proprio cane, o almeno si spera, ma spesso ci si chiede in che modo lo conosca. Ogni cane infatti non è solo la risultante della propria specie e della razza di appartenenza ma è anche, e direi soprattutto, un mix unico di caratteristiche di personalità innate, di influenze ambientali (intese come ambiente sia fisico che emotivo) in cui è cresciuto e delle relazioni familiari con cui convive.
In qualità di esseri viventi siamo sottoposti a moltissime percezioni che arrivano dall’esterno attraverso i canali sensoriali; tali informazioni, confermano le neuroscienze, agiscono sia sul plasmare il cervello (che è stato definito come l’organo relazionale per eccellenza), sia sul dna e sulla componente genica (da cui dipende gran parte del nostro stato di benessere/malessere, salute/malattia, lo sappiamo grazie all’epigenetica).
Ecco quindi che i comportamenti, i gusti, le scelte, azioni e reazioni sono riconducibili non ad una volontà singola scollegata ma al risultato di un insieme complesso di fattori: come mi sento, di cosa ho bisogno, quali memorie e caratteristiche influiscono dentro di me, quali stimoli attivano o disattivano risorse e competenze. In una relazione tutto questo è raddoppiato poiché è vero per ogni soggetto coinvolto.
Come creare quindi attività che aumentino il benessere e non vadano invece a diminuirlo? E come esserne certi? Dobbiamo creare situazioni di gioco esplorativo-sensoriale, tenendo in considerazione che:
1- il cane è un essere sociale e senziente; ciò significa che ha bisogno di contesti familiari e affettivi di cui far parte, a cui dare un proprio contributo e da cui ricevere stimoli nutrienti, stimoli che favoriscano il dialogo con altri individui e col mondo. Non è la mezz’ora che passiamo in giardino a lanciare una pallina che permette al cane di godere di sensazioni benefiche, né lo è il momento di coccole dopo che lo abbiamo ignorato tutto il giorno. La condivisione di tempo, spazi e momenti è alla base di ciò che può essere gioco.
- il dialogo che si instaura tra individui (inteso come condivisione di proposte, azioni ed emozioni) per essere benefico deve essere libero da pressioni e aspettative. Proporre giochi da cui traiamo divertimento perché c’è un risultato da raggiungere fa in modo che tale divertimento sia godibile solo da chi lo propone, ovvero dall’essere umano. Il cane ci sembra entusiasta e sicuramente lo è, ma non per il gioco in sé o per il risultato da produrre, quanto per il fatto che la nostra attenzione è dedicata a lui e a quel momento. È sempre la totalità di ogni momento a fare la differenza: lanciare una palla e vedersela riportare è molto di più di ciò che pensiamo. La palla rappresenta stimoli diversi, è un oggetto da masticare, che è attività piacevole, è esplorazione sensoriale e movimento fisico ed è un elemento che è stato usato da mani amiche tramite cui fare esperienza dell’individualità altrui. Un po’ come i bambini quando afferrano, lanciano, mettono in bocca proprio le cose che hanno visto utilizzare dagli adulti di riferimento.
Se ci pensiamo ai bambini piccoli non interessano tanto i giochi quanto gli oggetti e i gesti che vedono negli adulti. Il giocattolo diviene rilevante nella crescita del bambino nel momento in cui entra nella logica del paragone, di “ciò che è mio” diviso da “ciò che è tuo” e della differenza (illusoria) che esiste tra i due. I bambini piccoli invece mostrano quanto lo stare in relazione faccia essere fondamentali gli oggetti stessi di relazione e così è anche per il cane. Per giocare quindi non occorre creare grandi scenari, bastano oggetti da condividere, magari creandoci attorno un’atmosfera di avventura ed esplorazione: nascondere un qualsiasi oggetto che potrà essere preso anche dal cane, portare in casa alcuni rametti o foglie o sassolini e andare poi a cercarli col cane, trasforma il tempo in un momento di grande stimolo per la curiosità, la sensorialità e l’attivazione di strategie mentali, oltre che di presenza relazionale. Questo permette anche a noi di uscire dal nostro essere adulti e tornare un po’ bambini. - l’uso del cibo non serve, anzi è sconsigliato. Il gioco per essere tale dev’essere libero da finalità e pressioni, il cibo rappresenta un’attrazione che polarizza l’attenzione e distorce la motivazione intrinseca del cane, spegnendo aree di creatività e curiosità. Il cane si attiva in modo non spontaneo, ma condizionato ed eccitato, scompare completamente la condizione di assenza di obiettivi e libertà di fare. Per giocare serve semplicemente creare situazioni di esplorazione senza obiettivi come l’aprire un cassetto, rovistarci dentro chiedendo al cane di osservare insieme a noi, proponendogli di annusare alcune cose ed è fondamentale partecipare in prima persona, uscire dall’atteggiamento “lo faccio per divertirti” e divertirsi in prima persona, altrimenti non ci sarà nessun effetto. Non esiste nessun modo per trasmettere emozioni se non quello di provarle.
Tutte queste proposte stimolano nel cane rappresentazioni mentali, anche complesse, creazioni strategiche e memorie affettive di cui è naturalmente capace.
In questo periodo possiamo scoprire che non è assolutamente necessario stare al centro della vita del cane, attivarlo sempre e solo affinché stia in attenzione su di noi. Possiamo sfruttare questo tempo che ci obbliga a trovare soluzioni anche per noi, per osservare e condividere come il cane trova soluzioni per se stesso. La cosa fondamentale è condividere presenza, intesa come capacità di porre attenzione al momento che stiamo vivendo e a cosa stimola dentro di noi, senza necessariamente trasformarlo in fare ma vivendolo per ciò che è. Possiamo sfruttare questo tempo per fare esattamente ciò che ci piace, riadattandolo ad una condizione casalinga, con fantasia e creatività e in questo avvicinarci in quello che i cani, e molti altri animali, fanno continuamente nella convivenza col nostro mondo.
Le neuroscienze e in particolare la neuroeducazione ci insegnano che il gioco è la risultante della curiosità unita a esperienza pratica ed emozioni positive. Possiamo quindi provare a sperimentare tutto ciò che ci passa in mente date queste condizioni e quella più fondamentale di essere parte dell’esperienza tanto quanto vogliamo lo sia il nostro cane.
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