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Cagliari - Mesa Noa, l’emporio di comunità sardo nato sul modello della Food Coop americana Park Slope, è aperto da alcuni mesi e, gradualmente, sta entrando a regime. Si tratta di una storia che ci sta particolarmente a cuore, essendo nata dalla spinta del gruppo degli Agenti del Cambiamento sardi che, venuti a conoscenza attraverso Italia che Cambia del fenomeno delle cooperative alimentari partecipate, ha deciso di passare all’azione e di fondarne una a Cagliari.
La loro esperienza sarà ora raccontata in un documentario dal titolo “Mesa Noa – La rivoluzione gentile delle Food Coop” che rappresenterà anche una guida informativa per chi vorrà replicare l’iniziativa in altre parti d’Italia o del mondo. Per saperne di più su quest’opera (alla quale tutti possono contribuire partecipando al crowdfunding), abbiamo intervistato il regista indipendente Daniele Atzeni.
Ti va di parlarci di te? Qual è il tuo percorso nel mondo dei documentari e del cinema in generale?
Ho studiato in una scuola di cinema a Roma dove mi sono diplomato in regia nel 1999. Durante il mio percorso formativo, dopo aver visto i classici dei grandi documentaristi come Ivens e Flaherty e incontrato alcuni maestri del genere come Vittorio De Seta, ho cominciato ad interessarmi al cinema documentario. Ho capito che sarebbe potuto diventare un mezzo espressivo col quale provare a cimentarmi, inoltre mi avrebbe permesso di lavorare in piena autonomia, cosa che soprattutto all’inizio di un percorso ritengo fondamentale. Grazie al supporto della scuola, nel 2001 ho girato il mio primo documentario “Racconti dal sottosuolo” e, una volta rientrato in Sardegna ho realizzato una serie di documentari che riguardano prevalentemente il recupero della memoria storica e trasformazioni sociali della mia terra.
Dal 2011 col mio lavoro “I morti di Alos” ho cominciato a sperimentare una forma ibrida di racconto ottenuta tramite il riutilizzo di materiale d’archivio. Forma espressiva che ho utilizzato anche nel mio ultimo film “Inferru”, la cui parte visiva è composta esclusivamente da immagini tratte da vecchi documentari e home movies che riguardano la realtà mineraria del Sulcis».
Perché hai deciso di realizzare un documentario su Mesa Noa? Cosa ti ha spinto a farlo?
La nascita delle cooperative di consumo in Sardegna è strettamente legata alla storia mineraria. Furono i minatori ai primi del novecento a crearle per sfuggire al cosiddetto “truck system”, un sistema coercitivo attraverso il quale le società minerarie costringevano gli operai a rifornirsi a debito negli spacci aziendali, dove si trovavano prodotti scadenti a prezzi esorbitanti. In questo modo gran parte del salario, se non tutto, se ne andava per pagare il debito, non solo per gli alimenti ma anche per gli alti affitti delle catapecchie di cui era proprietaria la società. Una delle battaglie storiche dei minatori fu quindi legata alla creazione di cooperative nelle quali poter comprare i beni necessari senza dover passare attraverso la società, che naturalmente faceva di tutto per impedirne la nascita.
In un periodo storico completamente diverso, dove il consumismo infonde l’illusoria percezione della libertà, il progetto Mesa Noa, rappresenta un modello economico e sociale molto interessante, che va contro certe dinamiche della grande distribuzione e valorizza le realtà produttive locali, a partire dalle più piccole.
Da anni mi occupo con i miei lavori di problemi sociali e ambientali e perciò appena mi è stato chiesto di realizzare un documentario che raccontasse il suo percorso ho subito accettato, pur sapendo di andare incontro ad un lavoro molto lungo e impegnativo.
Perché avete avviato una raccolta fondi? A cosa vi servirà e come userete le donazioni che vi arriveranno?
Ho iniziato le riprese del documentario nell’agosto del 2019, ottenendo svariate ore di girato. Le riprese proseguiranno fino a primavera e poi comincerò il montaggio che mi occuperà per almeno tre mesi. Le risorse serviranno prevalentemente per coprire le spese di questo lavoro, per pagare i collaboratori che si occuperanno delle musiche e della post produzione audio e video, per la realizzazione dei sottotitoli in lingua straniera, per produrre i dvd del film e per la sua circuitazione.
Crediamo che il documentario possa fungere da stimolo per altre iniziative che potrebbero nascere sul modello dell’emporio, oltre a rappresentare un racconto importante sulla prima realtà di questo tipo nata in Sardegna e una delle prime in Italia.
I promotori e il nucleo attivo del progetto sono poi così orgogliosi e soddisfatti del loro percorso che vogliono “fissarlo nel tempo” attraverso un film documento fruibile da tutti. Per questo chiediamo un contributo a chi si riconosce nei valori portati avanti attraverso il progetto Mesa Noa.
Raccogliendo le interviste, cosa ti ha colpito di questa esperienza? Hai visto crescere l’entusiasmo nelle persone coinvolte e nel pubblico che hai incontrato?
Quello che mi colpisce di più è la passione dei soci, i quali con grandi sacrifici si impegnano per creare una realtà che tenta di reagire a un sistema avvertito come ingiusto e non più sostenibile. Il pubblico risponde sempre bene alle iniziative della cooperativa, il progetto suscita molta curiosità e il numero dei soci è sempre in aumento.Si è proprio creata quasi una comunità che si riconosce negli stessi valori e fa di tutto per portarli avanti. Spero di riuscire a far emergere tutto questo nel documentario.
Se volete aiutare Mesa Noa a realizzare il suo documentario, potete trovare tutte le informazioni qui
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