Coronavirus e clima ci impongono di cambiare: alleniamoci alla svolta!
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Ho deciso di continuare a condividere, in uno spazio pubblico, la mia riflessione su come utilizzare questo tempo di mezzo a cui ci costringe il coronavirus, per provare a capovolgere il mondo partendo da noi.
Ora che è arrivata la decisione più dura da parte del Governo, credo che la cosa più giusta da fare sia rispettare i protocolli che ci vengono indicati in modo più che responsabile verso noi stessi e la comunità.
La decisione di chiudere le scuole è di per sè un passaggio molto importante che incide sull’organizzazione sociale delle famiglie a cui si unisce la grande opportunità di cambiare la dimensione del lavoro attraverso una spinta, spero irreversibile, ad incentivare il ricorso al telelavoro e allo smartworking. Questa sfida inaspettata, piombataci addosso nel pieno della grande crisi climatica che dovrebbe imporci da tempo terapie d’urto mai attuate, va colta nella sua drammaticità per trovare soluzioni coerenti con l’urgenza di cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo.
È sciocco pensare che le due crisi siano disgiunte. La soluzione del telelavoro, ad esempio, determina oggettivi vantaggi ambientali e libera spazio ai nostri tempi di vita a vantaggio dei rapporti di prossimità (una volta passate le misure emergenziali). Alza la qualità generale del nostro benessere psico-fisico e determina una nuova umanizzazione dei rapporti sociali. Ovviamente il telelavoro non può essere una costrizione ma va incentivato fortemente.
Prepariamoci allora ad essere protagonisti del cambiamento che il virus sembra imporre alle istituzioni senza abbassare il livello d’attenzione e proviamo a dare valori nuovi alle nostre vite quotidiane. Cambiamo le nostre abitudini e alleniamoci alla svolta, magari scoprendo che esistono modi diversi di trovare gioia nella dimensione quotidiana. Riscopriamo l’intimità dei rapporti più importanti, dedichiamoci a “raffinare” lo spirito a prenderci cura di noi stessi e di chi ci circonda, compresa la natura. Curiamo l’anima per aiutare anche il corpo.
Non mi permetterei mai di criticare le scelte difficili di questo momento e non vorrei essere nei panni di chi è costretto a farle. Una cosa però la possiamo fare e mi permetto di suggerirla: non facciamo che questo tempo di “quarantena” non serva a nulla e che passata la bufera tutto torni come prima. È un dato certo che il nostro male non è solo il virus, siamo malati come comunità. È il tempo di esplorare l’inedito, ma c’è bisogno di squarciare il velo di sicurezze che oggi risultano vane. È il tempo di cercare la bellezza nella fragilità, nel limite che tutto livella, nella dolcezza di sguardi che trasudano empatia.
Collaboriamo, seguiamo le indicazioni che ci vengono fornite anche se le sentiamo contraddittorie e lontane dalla nostra percezione del razionale, ma non dimentichiamo mai che isolati dal mondo non esistiamo. Lasciamoci accarezzare dal vento, scaldare dal sole, coccolare da un fiore. Cerchiamo la bellezza anche nelle nostre periferie degradate, nei paesi abbandonati ed in agonia. Ripartiamo dal margine per modificare il centro, abbiamo urgente bisogno di un nuovo umanesimo, di una cura globale ma dobbiamo partire da noi. E se non ora quando?
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