“La solidarietà mi sostiene”: la lettera di Nicoletta Dosio dal carcere
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Torino - Riceviamo da Mariangela Rosolen del Comitato Acqua Pubblica di Torino la risposta di Nicoletta Dosio alla lettera spedita il 1° gennaio 2020, dopo aver partecipato al “veglione” della notte del 31 dicembre davanti al Carcere delle Vallette a Torino, dove l’attivista No-Tav di Bussoleno si trova in seguito alla condanna per una manifestazione di protesta del 2012.
Finché Nicoletta non sarà liberata, il Comitato si è impegnato a volantinare almeno una volta la settimana la propria solidarietà e richiesta di amnistia. Il prossimo volantinaggio è previsto oggi mercoledì 5 febbraio, ore 13.10-14 a Porta Susa, fermata Metro.
Le Vallette, 26/1/2020
Carissima Mariangela,
che gioia per me ricevere la tua lettera! Anche se non ci vediamo di frequente, ci vogliamo bene e portiamo avanti la stessa lotta: questo conta. Mi commuove la notizia della tanta solidarietà nei miei confronti. In realtà io non sono che l’infinitesima parte di una resistenza antica e sempre nuova contro la mercificazione dell’essere umano e della natura, di un bisogno mai spento di libertà e giustizia sociale.
Questo mio ultimo passo è in sintonia con l’impegno di tanti e non sarebbe stato possibile senza il sostegno e la condivisione di tutti. Ma questa mia esperienza si ridurrà a semplice testimonianza se non segnerà un sia pur minimo contributo all’azione concreta e irriducibile di tutti coloro che non ci stanno a fornire “carne da cannone”, materia prima della guerra tra poveri su cui il sistema fonda il proprio potere, la propria violenta cecità.
Credo che le tante esperienze di lotte sociali e ambientali debbano più che mai mettersi insieme, unire le forze, creando una forte stagione di conflitto e di progetto. Per quanto mi riguarda, questa nuova tappa di vita mi permette di conoscere concretamente quanto prima conoscevo in via teorica: il mondo degli umiliati e offesi, degli ultimi di cui sono piene le carceri, e di chi si ribella al sistema.
Sono ancora nella sezione “nuove giunte”, una sezione “chiusa” diciotto ore su ventiquattro. Qui approdano tante storie di donne: storie di violenze subite, di prostituzione, di tossicodipendenza. Tante le rom e le migranti. Tante piangono per i figli lasciati ai parenti, in situazioni più che mai precarie.
Un’umanità sofferente che spera nell’amnistia e chiede per il dopo una casa, un lavoro decente, una vita dignitosa.
Cara Mariangela, il carcere è davvero istituzione finalizzata unicamente al controllo sociale, la risposta repressiva a quei diritti che tante costituzioni sanciscono, ma che restano lettera morta. Se c’è solidarietà fra queste mura, viene dalle detenute, senza fronzoli, a volte un po’ burbera, ma sempre pronta a dare una mano a chi sta per affogare.
Il resto è violenza, non di botte, ma di cancelli chiusi, di inferriate e reti, di regolamenti applicati arbitrariamente, della perdita della dimensione spazio-temporale in un mondo senza orologi né ritmi naturali.
E tuttavia anche qui sono serena e determinata, perché c’è la vostra grande solidarietà che mi sostiene e perché, da questa prospettiva, mi riesce facile “sentire concretamente sulla mia propria guancia lo schiaffo dato a chiunque, da qualunque parte del mondo”.
Un grande abbraccio a te e a voi tutti.
Arrivederci presto, sulle barricate.
Nicoletta
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