Paulo Lima, “diventare azione” partendo dai giovani – Io faccio così #280
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Paulo Lima è dal 2006 tra i Fellow di Ashoka: imprenditori sociali che offrono soluzioni innovative per affrontare i problemi più urgenti della società. Ha ricevuto questo riconoscimento per gli importanti risultati ottenuti da Viração e Agenzia di Stampa Giovanile nella creazione di nuove opportunità per i giovani per diventare più attivi all’interno delle loro comunità.
Incontriamo Paulo a Lecce in occasione del raduno dei fellow Ashoka dello scorso autunno. Paulo è brasiliano, ma vive in Italia da diversi anni. Sedici anni fa fonda in Brasile Viração Educomunicação che lui definisce “un progetto sociale stampato” che si traduce in un mensile realizzato da adolescenti in 24 stati del Brasile. L’obiettivo, fin dall’inizio, è stato coniugare partecipazione, educazione, comunicazione, in modo da promuovere un cambiamento concreto nella vita dei ragazzi.
I protagonisti sono quindi i giovani, quelli veri, chiamati a partecipare raccontandosi, raccontando il proprio territorio, le proprie paure, i propri sogni. Già, perché a quell’età sognare non è solo un diritto, è un dovere! Se si prosciugano i sogni si estirpa ogni possibile futuro.
Viração è nata da un’idea personale diventata poi collettiva: oggi conta su un’equipe di dodici persone che affiancano alla rivista una vera e propria agenzia stampa internazionale in quattro lingue: portoghese, italiano, spagnolo e inglese.
Dal Brasile all’Italia
Nel 2009 Paulo Lima sbarca in Italia e con lui i progetti fino a quel momento generati. Nel giro di pochi mesi, quindi, nascono gruppi di giovani che producono informazioni sul territori da Trento a Bologna, da Lecce a Catania, sempre con l’obiettivo di raccontare se stessi e il proprio territorio.
In Italia sono in corso diverse attività. Tra queste, una “scuola di cittadinanza attiva” per adolescenti – dove vengono offerti percorsi, mediati dagli insegnanti, tesi a riconoscere le potenzialità del proprio territorio, le sue criticità e le sue possibilità di trasformazione -; un progetto di sensibilizzazione sui cambiamenti climatici e le sue conseguenze; un percorso di formazione che trasmette le competenze necessarie alla creazione di una cooperativa scolastica e così via.
Le soddisfazioni non mancano, come ci confida lo stesso Paulo: «Quando i ragazzi partecipano alle nostre iniziative si sentono valorizzati, si rendono conto che la loro opinione vale qualcosa e permette loro di esercitare il diritto ad esprimersi, ad essere considerati. Producendo ed elaborando testi, foto o video sono attori, protagonisti di qualche cosa. Ma soprattutto sentono, vedono e sperimentano che non sono da soli. Ecco perché non stimoliamo un “protagonismo giovanile”, non vogliamo che facciano da soli. Stiamo tutti insieme: gli educatori, gli adulti, i bambini e gli adolescenti. In questo modo loro percepiscono che riescono a fare qualcosa che viene valorizzato, visto e apprezzato e si sentono potenti».
«La mia più grande soddisfazione – continua Paulo – consiste nel vedere le vite di questi ragazzi trasformarsi, attraverso percorsi che generano fiducia in se stessi e consapevolezza delle proprie possibilità di cambiare il mondo»
Racconto dunque sono
La tecnologia ha un ruolo fondamentale in questo processo. Che ci piaccia o meno, viviamo nel mondo del digitale, degli smartphone e i giovani più che mai ci sono immersi. Eppure le informazioni, quelle vere, fanno spesso fatica a circolare. Non è tutto. Come ribadiamo spesso su Italia che Cambia, il tema dell’immaginario è quanto mai attuale. Muoviamo i nostri passi e compiamo le nostre scelte partendo dall’immagine che abbiamo costruito della realtà che ci circonda. Va quindi da sé che ci confrontiamo con ciò che i media trasmettono e ignoriamo ciò che per ignoranza o per scelta occultano.
«Insegniamo ai ragazzi l’uso del telefonino come strumento di produzione multimediale che permette loro di raccontarsi. In questo modo abbiamo creato un mezzo di comunicazione che generi veramente un cambiamento personale ma soprattutto racconti alle altre persone cosa sta accadendo nelle loro realtà, nel loro mondo reale. Spesso la realtà ci viene raccontata attraverso un occhio “estraneo”, distante. Prendiamo l’esempio delle favelas brasiliane: normalmente queste vengono narrate da adulti e attraverso mezzi di comunicazione che mediano e distorcono la realtà “veramente vissuta”. Quando i ragazzi raccontano le loro favelas, assistiamo ad un racconto completamente diverso da quello dei mass media, un racconto reale. E questo, per noi, è fondamentale perché – come diceva Tiziano Terzani – ciò che non è raccontato è come se non fosse mai esistito».
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