27 Feb 2020

#56 –Izmade, l’impresa che fa riscoprire il lavoro manuale

Scritto da: Lorena Di Maria

È difficile definire cosa sia davvero Izmade. È un'impresa sociale ma anche un'officina, è uno studio di design e architettura ma anche un laboratorio artigianale. È il sogno di un gruppo di giovani torinesi che ha creato un luogo aperto a tutti, per condividere la bellezza del lavoro manuale attraverso il riutilizzo di materiali di recupero e scarti di lavorazione industriale,con lo scopo di diffondere una sensibilità ambientale e la riscoperta della cultura dell'artigianato.

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Torino - Ci troviamo a Torino dentro all’Ex Incet, vecchia fabbrica di cavi elettrici ora riconvertita in uno spazio sociale e dinamico. Al suo interno troviamo “Izlab Maker Space”, la sede dell’impresa sociale Izmade, un luogo ibrido e in continua trasformazione che profuma di legno e del lavoro manuale di persone di tutte le età che al suo interno… creano. C’è chi intaglia il legno, chi lavora metalli, chi prende misure, chi concentrato utilizza strumenti da lavoro ritrovandosi, da lì a poco, ad osservare con soddisfazione il risultato della sua nuova creazione. Qui si progetta, si costruisce e si inventa, mettendo la creatività al servizio di tutti.

Sono giovani, frizzanti, pieni di creatività: Alessandro, Giuseppe, Pasquale e Paolo sono i quattro soci fondatori, anima del progetto insieme a Kelvin, ex rifugiato politico arrivato dall’Africa e Sofia, prima tirocinante e ora parte del gruppo di lavoro.

Alessandro Grella, facendoci strada per il laboratorio, tra assi di legno e attrezzi da lavoro, ci racconta il sogno condiviso dietro questo progetto. «Abbiamo scelto il nome “Izmade” poichè si rifà al termine inglese “It’s made” ovvero “è fatto”, in riferimento alla nostra attività principale, ovvero progettare e costruire arredi e allestimenti in maniera partecipata. Il nostro obiettivo è collegare le persone tra di loro e avvicinarle al territorio stimolando il fai da te e la capacità di costruire con le proprie mani». E proprio qui materiali di recupero, sottoprodotti, scarti di lavorazione industriale si trasformano in qualcosa di completamente nuovo.

Come vi mostriamo nel video, qui gli spazi, gli utensili e i materiali da lavoro sono a disposizione di qualsiasi persona arrivi: appassionati, designer, makers ma anche persone alle prime armi e chiunque sia alla ricerca di un luogo dove realizzare o riparare qualcosa.

Come ci viene raccontato, Izlab è diviso in due spazi: quello considerato da Alessandro “più pulito” composto dall’ufficio, cucina, area bimbi e materioteca (il luogo in cui sono esposti campioni di materiali destinati alla lavorazione) e quello invece “più polveroso”, ovvero il laboratorio con la falegnameria per la lavorazione del legno e la carpenteria per la lavorazione dei metalli.

«All’interno della nostra officina accogliamo qualsiasi persona. È come se tu andassi da un parrucchiere e gli chiedessi se puoi sederti sulla sua poltrona e usare le sue forbici per farti tagliare i capelli dalla tua fidanzata. Lui ovviamente risponderebbe che sei pazzo. Ma per noi è la normalità e permettiamo a chiunque di usare i nostri spazi e le nostre macchine per costruire, riparare, prototipare o per portare avanti il proprio business».

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Durante il giorno si costruiscono mobili su misura, tavoli, scrivanie per arredare negozi, case e uffici mentre la sera e durante i weekend lo spazio diventa un luogo di creazione per hobbisti e appassionati di falegnameria, carpenteria, tornitura, lavorazione del legno massello, xilografia.

Il più particolare tra i diversi progetti che Izmade porta avanti si chiama “Beautiful Precious Plastic“, che cattura subito la mia attenzione. Il suo scopo è di portare il riciclaggio della plastica a scala locale attraverso l’utilizzo di macchine open source in grado di sminuzzarla e trasformarla in “preziosi” oggetti di design. Preziosi proprio perchè ogni materiale di scarto può diventare una risorsa e dimostrare di essere non solo bella ma anche di valore.

Mentre ci spiega il progetto, Alessandro ci mostra diverse buste contenenti pezzetti di plastica gialli, rossi, verdi, bianchi blu. Sono pezzi di plastica di ogni forma e colore che presto diventeranno lampade, contenitori e oggetti per la casa, creati per ricordarci quanto bello può diventare uno “scarto”.

Il progetto arriva direttamente dall’Olanda, dall’idea di Dave Hakkens, il giovane che ha sperimentato e diffuso in tutto il mondo il macchinario che permette di riciclare la plastica direttamente a casa propria, in autonomia. Ed è proprio dalla sua esperienza che si è fatto ispirare il team di Izmade, che sta portando nelle scuole e nei quartieri della città questo progetto per fornire soluzioni originali e innovative di riciclaggio “dal basso” coinvolgendo in modo divertente e istruttivo grandi e piccoli.

Come ci spiega Alessandro «l’intero sistema è autocostruibile ed è composto da quattro macchine con funzioni differenti. Una macchina sminuzza la plastica trasformandola in granuli, le altre tre fondono il materiale sminuzzato per poi essere estruso in filamento e compresso in stampi per realizzare oggetti di arredo».

In città, a partire da una visione partecipata e inclusiva, Izmade organizza laboratori insieme a persone svantaggiate come richiedenti asilo o giovani che vivono in case di comunità per combattere la dispersione scolastica e la povertà educativa. E lo fa attraverso attività che favoriscono la conoscenza tra i giovani della falegnameria, dell’artigianato ecosostenibile, dell’autoproduzione e dell’utilizzo consapevole e attento di materiali a basso impatto ambientale.

«Abbiamo svolto dei laboratori insieme a ragazzi adolescenti allontanati dalle famiglie. Il loro desiderio era quello di trasformare la sala condivisa della loro comunità un luogo accogliente e così abbiamo progettato e costruito tre divani mobili su ruote che potessero adattarsi alle loro esigenze e un ping pong che, smontando la rete, diventa un tavolo per pranzi e cene. Abbiamo poi realizzato un altro progetto in un centro di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo. Con la loro collaborazione abbiamo costruito trenta sgabelli e quattro tavoli che si possono collegare, oltre che un sistema di panche».

Si tratta in tutti i casi di arredi componibili, flessibili e modulari che, assemblati, aiutano a ridurre l’utilizzo dei materiali impiegati e riducono di conseguenza l’impatto ambientale.

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Come ci viene raccontato da Alessandro, «la bellezza della nostra attività è vedere persone che, dopo molte ore passate a lavoro o sedute davanti a un computer, possono finalmente usare le mani per creare e vedere il risultato del proprio lavoro. Noi crediamo che l’impresa e l’imprenditore del futuro debba superare la visione del passato, della persona che detiene il potere, che inquina, che impone una scala gerarchica. Alla base di tutto deve esserci la condivisione e l’apertura che permette di essere più permeabili, più trasparenti e di crescere insieme».

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