La diffusione del Coronavirus forse favorita dal commercio illegale di specie
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Secondo gli scienziati cinesi della South China Agricultural University, a facilitare la diffusione del nuovo coronavirus in Cina potrebbe essere stato il pangolino, un genere di piccoli mammiferi a rischio di estinzione (8 le specie conosciute, tutte in via di estinzione), ma intensamente commerciati illegalmente soprattutto per le scaglie che ne ricoprono il corpo.
Il genoma del virus rinvenuto nei pangolini, che si suppone essersi sviluppato originariamente nei pipistrelli, è quasi identico (al 99%) al Coronavirus 2019-nCoV rinvenuto nelle persone infette. Sebbene i risultati di questo studio non siano ancora stati pubblicati, paiono tuttavia confermare come il commercio illegale di animali selvatici vivi e di loro parti del corpo sia veicolo per vecchie e nuove zoonosi, aumentando il rischio di pandemie che potrebbero avere grandissimi impatti sanitari, sociali ed economici su tutte le comunità coinvolte.
Non è la prima volta, infatti, che si sospetta che l’ospite intermedio di una malattia infettiva sia un animale vivo venduto in un mercato cinese: circa 17 anni fa, la sindrome respiratoria acuta grave (SARS), è comparsa in un mercato cinese che vendeva civette delle palme (dei piccoli mammiferi viverridi). Altre famose pandemie come l’Aids ed Ebola sono state ricollegate ad un passaggio tra animali selvatici (come scimpanzé e gorilla probabilmente bracconati in foresta) e l’ospite umano.
Il commercio del pangolino è stato riconosciuto illegale dal 2016: una risoluzione della CITES (la Convenzione Internazionale che regola il commercio delle specie animali e vegetali minacciate di estinzione) del settembre di quell’anno bandisce infatti qualsiasi tipo di commercio di parti o derivati delle specie di pangolino esistenti. Sono proprio le scaglie, la sua “corazza”, che lo rendono ambito dal commercio illegale: fatte di cheratina, come le nostre unghie, secondo diverse superstizioni sarebbero una panacea per molti mali e vengono utilizzate, alla stregua delle ossa di tigre e del corno di rinoceronte, dalla medicina orientale. A questo si aggiunge il fatto che la carne di pangolino viene considerata da alcune comunità asiatiche e africane una vera e propria prelibatezza: ecco perché oggi il mite pangolino è divenuto l’animale più contrabbandato al mondo. La sottospecie cinese è declinata del 90% dal 1960, proprio a causa del commercio illegale.
“La crisi sanitaria legata alla diffusione del coronavirus, che è causa di grandissima preoccupazione a livello globale e che sta provocando numerosissime vittime è un’ulteriore conferma di come il commercio e l’uso insostenibile degli animali in via di estinzione e delle loro parti, sia per il consumo di cibo che per le credenze su un mai provato valore curativo, non solo rappresenti un danno enorme per la natura ma anche un pericolo sempre più grande per la salute del genere umano. Gli animali selvatici e gli ecosistemi che li ospitano devono essere protetti e rispettati perché le conseguenze delle nostre azioni miopi hanno effetti su tutta l’umanità in tanti sensi, compreso la distruzione di equilibri delicati che sono alla base della nostra salute”, dice Isabella Pratesi, Direttore conservazione del WWF Italia.
Il WWF, attraverso il TRAFFIC, programma internazionale dedicato al contrasto di commercio illegale di fauna e flora selvatici, lavora per la conservazione della biodiversità e lo sviluppo sostenibile in tutto il mondo. Da anni conduce campagne e progetti in Africa e in Asia per fermare il massacro di pangolini.
I campanelli d’allarme che risuonano dalla scienza sono una ragione in più fermare il commercio dilagante di fauna selvatica, che rappresenta una sfida cruciale per proteggere gli equilibri degli ecosistemi ed evitare che in futuro si verifichino altre epidemie legate alla diffusione di zoonosi, causate dal passaggio di virus dagli animali all’uomo.
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