Il Piano rom nella città di Roma, tra diritti violati e marginalità sociale
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«Un Piano rom contraddittorio e poco trasparente, mai condiviso con la cittadinanza e caratterizzato dal rifiuto a qualsiasi supporto esterno – compresa l’adesione a programmi europei -, accompagnato da una narrazione poco aderente alla realtà. Un Piano le cui azioni hanno avuto un impatto quasi insignificante se rapportate alle ingenti somme di denaro impegnate», questo l’impietoso giudizio espresso da Associazione 21 luglio che oggi nella Sala Stampa della Camera ha presentato un rapporto sul “Piano rom” della città di Roma a 30 mesi dalla sua presentazione.
Grandi attese si erano sollevate nella città di Roma il 31 maggio 2017, dopo che la sindaca Virginia Raggi aveva presentato con grande enfasi in Campidoglio il “Piano rom” della Capitale per il superamento degli insediamenti formali, un documento che l’allora capo politico del Movimento 5 Stelle non aveva esitato a definire «un capolavoro da applausi», rappresentando il primo tentativo di una Giunta Capitolina di adoperarsi esplicitamente in un’azione organica di superamento degli insediamenti monoetnici presenti sul territorio.
Dopo due anni e mezzo da quel giorno però, l’Amministrazione Capitolina non ha mai provveduto a rendere pubbliche relazioni di monitoraggio al fine di condividere il reale impatto delle azioni previste dal Piano. «Definire un bilancio – è riportato nella premessa rapporto – risulta arduo. Su questo tema infatti l’azione della Giunta è stata caratterizzata da scarsa trasparenza e quando numeri e dati sono stati prodotti gli stessi non sempre hanno trovato aderenza con la realtà fattuale».
Per colmare tale deficit, Associazione 21 luglio ha presentato oggi alla stampa il report “Dove restano le briciole. I propositi del Piano rom e ciò che rimane negli insediamenti della Capitale”. Si tratta di uno studio lungo e meticoloso, effettuato grazie all’ausilio di atti pubblici, documenti anche inediti, testimonianze raccolte tra operatori del Terzo Settore e all’interno degli insediamenti, in primis quelli direttamente coinvolti dal Piano: Camping River, La Barbuta e Monachina.
Sono anzitutto i numeri a fornire i primi elementi del fallimento delle azioni del Piano: il “Patto di Responsabilità Solidale” – che rappresenta il “vincolo contrattuale” che lega l’Amministrazione ad ogni nucleo che intende partecipare alle azioni inclusive del Piano negli insediamenti di prossimo superamento (La Barbuta e Monachina) – è stato sottoscritto solo dal 19% delle famiglie. Sotto il profilo alloggiativo non risulta siano stati erogati supporti per il buono casa; sul versante lavoro, ad eccezione di tirocini e borse lavoro, non sono mai partite le start up previste dal Piano; nella progettualità di recupero ambientale una sola persona risulta essere stata coinvolta. Drammatici sono i numeri sul fronte scolastico dove negli ultimi 3 anni si è assistito a un decremento dei minori rom iscritti del 56%.
Di contro sono 104 gli sgomberi forzati registrati dal giorno della presentazione del Piano con un impegno di spesa stimato in 3.300.000 euro; preoccupa il “travaso” di circa 800 persone dagli insediamenti formali a quelli informali che nella Capitale sono saliti a più di 300; rappresenta un allarme la volontà dell’Amministrazione Comunale di realizzare nuovi “centri di raccolta” per soli rom riproponendo soluzioni abitative già sperimentate nel passato con evidenti fallimenti.
Davanti a questi numeri Associazione 21 luglio chiede al Campidoglio «una battuta di arresto» senza la quale, si legge nel rapporto, «l’attuale Piano, come un treno senza freni, continuerà testardamente a scontrarsi con il muro della realtà. E il campo rom, come in passato, continuerà a restare il luogo della marginalità sociale “dove restano le briciole” di promesse non mantenute, finanziamenti mal gestiti, progettualità irrealizzabili».
Nel corso della presentazione Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio ha ribadito: «Chiediamo alla sindaca di sospendere ogni futura azione e di assumere il maturo coraggio dell’autocritica, in un atteggiamento che ponga al centro gli interessi della città e dei suoi cittadini, dentro e fuori le baraccopoli. Per questo chiediamo l’istituzione di un Tavolo cittadino dove, in un dialogo tra le diverse realtà, si possano rileggere le azioni del Piano, individuare le criticità, definire nuove linee di azione, ricucire rapporti di fiducia. In assenza di ciò, lo affermiamo dal giorno successivo alla sua presentazione, questo Piano continuerà a naufragare e ancora una volta assisteremo, come nel passato, allo sperpero di denaro pubblico accompagnato da violazioni sistematiche dei diritti umani».
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