9 Gen 2020

Comune emergenza: relazioni e rigenerazione nell’Appennino post terremoto

Scritto da: Deborah Rim Moiso

Nel 2016 una serie di eventi sismici ha scosso l’Italia. Nel progetto “Comune Emergenza” si sono raccolte alcune delle persone che si sono sentite chiamate a sostenere, ricostruire e riconnettere i territori colpiti dal sisma e l’Appennino. Tre anni dopo, le abbiamo contattate per valutare l’impatto di quegli incontri.

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Quando i ripetuti scossoni di agosto, di settembre, di ottobre 2016 hanno messo in moto il centro Italia, innumerevoli sono state le risposte della società civile. Quella ideata da me con Uri Noy-Meir ed Eliana Baglioni – colleghi impegnati nel settore della facilitazione, della ricerca sociale, della formazione e dell’architettura, vicini al terremoto perché abitanti dell’Umbria, ma non coinvolti in prima persona nella distruzione – è stata allo stesso tempo ambiziosa e intima. Ha preso il nome di Comune Emergenza e si è concretizzata in una serie di incontri svolti in Umbria e nelle Marche tra il 2016 e il 2017.

Tre anni dopo (quei tre anni definiti da Roberto Battista, uno dei partecipanti, “una goccia nel tempo ma che per noi qui è stata molto densa”) mi trovo ad Arquata del Tronto, nella frazione di Pretale, a sostenere come facilitatrice il raduno dei Costruttori del Cammino delle Terre Mutate, percorso di 250 km attraverso il cuore dell’Appennino, da Fabriano a L’Aquila.

Nelle loro parole: “Nelle Terre Mutate qualche cosa è cambiato. La forza della natura ha prodotto mutamenti alla morfologia, agli edifici e soprattutto alle persone, generando storie, protagonisti e progetti di rinascita”. Nella sala ci sono circa cinquanta persone, giunte da ogni punto della colonna vertebrale d’Italia. Si parla di desiderio di unità al di là della frammentazione. Si parla di costruire il presente.

comune emergenza 1

La mia presenza qui fa parte dell’impatto sulla mia vita di Comune Emergenza, il momento in cui ho iniziato ad accompagnare queste persone all’inizio del loro lungo percorso nel riprendere orientamento, equilibrio, progettualità. Ritrovo Patrizia Vita, a cui chiedo qualche ricordo del raduno del Novembre 2016. «L’impatto più forte allora è stato sulla dimensione del tempo». riferisce Patrizia. «Pensavo che si dovesse sistemare tutto e subito, ma durante l’evento a Panta Rei ho colto il senso di un tempo più lungo, di storie che venivano da lontano e sarebbero andate lontano, e soprattutto di avere pazienza, un passo dopo l’altro. Inoltre abbiamo lavorato con strumenti per la partecipazione, e con un’attitudine all’ascolto, allo sguardo apprezzativo, che ho poi riportato indietro, a Ussita, e utilizzo ad oggi in tutti i progetti di cui faccio parte». Tra le tante attività, Patrizia menziona il Cammino delle Terre Mutate, e C.A.S.A. – Cosa accade se abitiamo, un progetto di residenze artistiche, culturali e sociali in corso a Frontignano, una delle frazioni di Ussita.

«Dopo i nostri incontri di quel periodo ciascuno ha proseguito il suo percorso, ognuno a modo suo rifiutando di attendere passivamente che ‘qualcosa’ accadesse. In quel senso gli incontri di allora ebbero innanzitutto l’effetto di rivelare che non si era soli, e che si poteva sfruttare la situazione di disagio per farne opportunità di sviluppo per qualcosa di positivo», scrive Roberto Battista, che nel frattempo ha continuato a mettersi al servizio della sua comunità locale, a Sellano, con giovani, bambini e famiglie. Attraverso l’associazione Lumi ha impostato rapporti di collaborazione con enti ed organizzazioni del territorio, e continua, da consigliere comunale, a «cercare ogni occasione per creare opportunità, ottenere finanziamenti, mettere in moto dei processi di sviluppo basati sui concetti di bene comune, rispetto dell’ambiente, sviluppo sostenibile. […] In generale la mia impressione è che troppo spesso le persone si arrendono in partenza, con la rassegnazione di chi da per scontato che non valga la pena muoversi, tanto non cambia mai nulla. Al contrario, fare in prima persona ed ottenere risultati incoraggia le persone a credere nella possibilità del cambiamento. Hanno però bisogno di vedere risultati pratici realizzati».

8 comune mergenza comunità resilienti

«Misurare l’impatto di Comune Emergenza non è un’impresa facile», ci ricorda Uri Noy-Meir nella sua analisi di Comune Emergenza tre anni dopo, «perché parliamo di sistemi umani complessi e di aspetti invisibili e intangibili che hanno a che fare con il campo sociale. Mancano dati che possano collegare causa e conseguenza. Tuttavia, possiamo usare i dati, anche aneddotici, a disposizione, per delineare degli impatti in quattro categorie: Contenuto, Contesto, Energia, Relazioni».

Dalla lettura delle risposte raccolte dopo l’invio di quattro domande basate su queste categorie ai partecipanti a distanza di tre anni, emerge un impatto positivi per la motivazione, la leadership, la costruzione di reti di sostegno. La nostra intuizione di potenziare piccoli gruppi di persone già attive, costruendo uno spazio protetto, lontano dalla crisi immediata, in cui dedicare qualche giorno alla cura, alla costruzione di reti, all’incubazione di progetti, possiamo dire che abbia dato i suoi frutti. Francesca Ercoli, partecipante a Comune Emergenza e promotrice de Il Salto, Officina Agriculturale, sottolinea come proprio il sisma, paradossalmente, sia stato la spinta per fare ancora di più per il suo territorio. Dal 2016, Il Salto ha ospitato decine di laboratori e incontri sui temi della rigenerazione territoriale e della trasformazione culturale.

Possiamo immaginare le relazioni e le interazioni costruite con le altre persone incontrate a Comune Emergenza come una “rete di relazioni generative”, nelle parole di Uri Noy-Meir, «che forse non creano impatti visibili nel breve periodo, ma si prendono cura del substrato relazionale per permettere a innovazione, creatività e saggezza di emergere, espandersi e crescere».

1 comune emergenza terremoto

Scrive Eliana Baglioni: «Comune Emergenza mi ha accompagnata in questi 3 anni», con progetti fotografici, visite ai territori, incontri sulla ricostruzione. «Mi sono sorpresa nel ricordare l’intensità di quei momenti e la qualità delle relazioni che sono nate, nel vedere la forza che ammiro in voi e nel riconoscere che i temi dell’Appennino, del terremoto, del legame con il territorio in continuo mutamento mi risuona tuttora e si intreccia con le attività ed i progetti che porto avanti».

Tre cose che abbiamo imparato:
– L’impatto di un evento si vede nel medio-lungo periodo. È importante prevedere modalità di restituzione e feedback ad anni di distanza e seguire i progetti nella loro evoluzione. I mezzi di comunicazione ci permettono di ricontattare partecipanti ad anni di distanza e vale la pena di farlo.
– L’incontro tra persone attive produce narrazione. La mia storia, la tua storia, la nostra storia: quando usciamo dall’isolamento per raccontarci, collaboriamo nella costruzione di una storia collettiva più grande di noi. Questo è fonte di forza nelle avversità, di senso e di resilienza personale e collettiva.
– Quando facciamo fatica a vedere il cambiamento nel nostro contesto, possiamo fare qualcosa che aiuti a preparare il terreno per il cambiamento, proprio come negli orti si aggiunge fertilità al suolo durante l’inverno.

Per saperne di più:

REPORT EVENTO “COMUNE EMERGENZA” 18-22 NOVEMBRE 2016
Report Incontro Postignano – 8 Gennaio 2017
Comune Emergenza – IMPACT

Video dell’evento

La permacultura, la transizione e il terremoto sull’Appennino – Permacultura&Transizione – 12 Novembre 2016

Emerging in the Emergency – Transition Network (UK) – 9 Dicembre 2016

Donne che non si arrendono – Vogliamo emergere nell’emergenza – Cronache Maceratesi – 14 Dicembre 2016

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