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Torino - «Contribuiamo ad affermare la dignità delle persone e il diritto di scelta per il futuro, impegnandoci a costruire un mondo privo di paure, plurale e ricco di opportunità».
Così nel 2013 nasce “Articolo 10”, che parte da una scommessa coraggiosa di un gruppo di amici e prende il nome dall’omonimo articolo della Costituzione, in riferimento al diritto di chiedere asilo in Italia nel caso in cui le libertà fondamentali di un individuo non possano trovare espressione nel proprio Paese di origine.
«Nel 2015, dopo aver sviluppato progetti per l’inserimento abitativo e culturale, abbiamo avuto un’altra idea, forse un po’ folle: creare un’impresa con finalità sociali, per aiutare concretamente le donne che accoglievamo ad inserirsi al meglio nei nostri contesti» si legge sulla descrizione del progetto.
Parte così l’idea di creare la sartoria sociale “Colori Vivi”, attraverso la quale si offre, a donne, madri e famiglie rifugiate un percorso di formazione professionale e l’inserimento lavorativo nel settore sartoriale di qualità, con l’obiettivo di accelerare il loro complesso percorso di inclusione sociale e di ottenimento di un’autonomia personale.
Da gennaio 2017 la Onlus apre il suo laboratorio a Torino, impiegando quattro donne supportate da alcuni stilisti, sarte e modelliste esperte. Il progetto si basa su tre principali filoni di intervento: accoglienza, (fornendo un ambiente sereno in cui vivere), integrazione culturale (sviluppata attraverso percorsi di autonomia) e lavoro (all’interno della sartoria).
«Non è solo lo scambio culturale a caratterizzare i nostri prodotti. Crediamo fortemente anche nel consumo sostenibile: i tessuti che scegliamo provengono da attività di riciclo o da filiere controllate, perché l’abito oltre a essere bello esteticamente deve essere anche leggero per il nostro ecosistema. I nostri capi sono la sintesi di quello che per noi dovrebbe essere il cambiamento: professionalità, scambio tra culture diverse ed ecosostenibilità».
E all’interno dell’officina la diversità diventa motore di crescita, trasformazione e di nuove prospettive. Ciò che si sperimenta è l’unicità di un capo realizzato con metodi e tecniche artigianali, accompagnata da un forte valore sociale.
«Ogni giorno nel nostro atelier donne italiane, congolesi, nigeriane, somale, pakistane lavorano gomito a gomito per confezionare capi realizzati a mano ma, allo stesso tempo, con una forte impronta innovativa, frutto di una ricerca artistica e stilistica d’avanguardia».
L’obiettivo della sartoria è di trasformare il laboratorio in una vera e propria impresa sociale, capace di auto sostenersi attraverso le proprie collezioni e di diffondere i propri ideali e il modello di integrazione.
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