28 Gen 2020

“L’Australia del mio cuore è cambiata per sempre”

Scritto da: Redazione

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Vittoria Pasquini, italiana residente a Sydney, che riflette sui cambiamenti avvenuti in Australia negli ultimi decenni, sulla devastazione provocata dagli incendi che hanno sconvolto il Paese, sulle responsabilità della politica e sulla comunità che, sconvolta dalle fiamme, si unisce nella protesta e nella speranza.

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E così è arrivato. Il momento che gli Aborigeni predicevano, gli scienziati avevano studiato e che molti paventavano.

Australia, The Lucky Country. Il continente vergine dalla bellezza primordiale, selvaggia e sconvolgente, migliaia di chilometri di costa intonsa, milioni di ettari di foresta antichissima, aria cristallina, mari trasparenti, biodiversità a gogò. Sono bastati tre mesi, un attimo cioè, per cambiare l’Australia per sempre.

Il paese che da trent’anni non aveva avuto recessioni ma crescita continua per la sua posizione centrale nel sud est asiatico, il paese che aveva le quattro maggiori banche tra le più forti al mondo, stipendi altissimi, industria edile in continua ascesa, è ora in ginocchio.

blue mountains australia
Una veduta delle Blue Mountains

Incendi devastanti hanno, ad oggi, ucciso 28 persone (100.000 evacuate), distrutto circa 2000 case, milioni di animali e di ettari di terra. E non sono ancora finiti questi mega incendi che, come antiche divinità, hanno una propria volontà e intelligenza, creano microclimi e temporali di fuoco saltando fiumi e pianure glabre per ricongiungersi con i loro grandi fratelli. Non si riesce a fermarli. Si resiste aspettando le piogge, alcuni pregano, altri fanno danze propiziatorie, i vigili del fuoco, grandi eroi del momento, si gettano tra le fiamme per salvare almeno le vite umane.

Le immagini che scorrono in tv ricordano scene della seconda guerra mondiale: sfollati che si imbarcano sulle navi con le fiamme alle spalle, paesi rasi al suolo, elettricità e acqua tagliate, code per l’acquisto di cibo, centri di accoglienza con materassi e zuppa calda. Ma anche i lamenti strazianti degli animali in fuga che tormentano i sonni dei sopravvissuti, intere distese di terra nera con migliaia di canguri, di koala, di possum, di wombat carbonizzati.

Si cercano le ragioni di tutto ciò, si dibatte, si accusa, ci si dispera, ci si stringe tutti insieme. Dalla guerra in Vietnam in poi gli australiani non sono stati più così interessati alla politica come ora. E il governo? Cosa fa, cosa ha fatto il governo conservatore australiano in questi lunghi, lunghissimi mesi? Se ne è andato in vacanza. Non solo il primo ministro alle Hawaii e il ministro per i servizi di emergenza del NSW in Europa, ma tutto il corpo dirigente federale si è assentato alla grande.

Questo perché, nonostante la schiacciante letteratura scientifica sul Climate Change e le sue devastanti conseguenze, nonostante i risultati di importanti ricerche (es. la Garnaut Climate Change Review sulla specifica situazione climatica australiana che prediceva 12 anni fa un aggravamento degli incendi dal 2020 in poi), il governo attuale non crede – suona ridicolo dirlo ora – alla stragrande maggioranza delle prove scientifiche. Parla, straparla, promette, si difende, ma non ci crede veramente.

Non solo. Crede ancora (e in questo purtroppo il partito di opposizione laburista gli si accoda pur se con dei confusi distinguo) che l’industria mineraria debba andare avanti, incurante che sia concausa del Climate Change. Il governo crede ancora che l’energia alternativa sia una fantasia dei Verdi e non una necessità ormai impellente. Che gli Aborigeni debbano stare zitti e buoni invece di considerarli esperti millenari dell’uso e del controllo dei fuochi stagionali nelle immense distese di bush.

bronte beach
Una veduta di Bronte Beach, Sydney

Se ne è tornato così alla chetichella questo primo ministro con il suo governo conservatore che tiene detenuti nelle isole penali i richiedenti asilo e non vuole includere nella Costituzione, datata 1901, The First People, gli Aborigeni australi che vivono nell’isola più grande del mondo da almeno 60.000 anni. E ha cominciato ad elargire soldi a man bassa dopo il suo ritorno Scott Morrison, ScoMo ormai per tutti, come se i soldi potessero cancellare la distruzione, farla dimenticare a tutti quelli che l’hanno vissuta.

E noi? Noi italiani che avevamo lasciato la vecchia Europa negli anni ’80 in cerca di avventura, di spazio verde e libertà, noi che sognavamo l’isola misteriosa, l’isola che non c’è, noi che eravamo arrivati in Australia quando il governo laburista di Hawke e Keating era appena stato eletto e la vita era bella, noi che amavamo questo continente dimenticato da Dio e dagli uomini, fuori dai circuiti di potere, dove la vita era “easy” e la nazione “lucky”, le case costavano poco e il lavoro si trovava sempre, il multiculturalismo era in voga e i Verdi si tuffavano con i surf per fermare le navi da guerra americane, noi giovani di sinistra in fuga, noi gay, noi ambientalisti, noi che credevamo in un mondo migliore…

Noi abbiamo assistito, attoniti anno dopo anno, alla lenta e inesorabile trasformazione di questo paese in una potenza internazionale al centro dell’area di maggiore sviluppo economico degli ultimi anni, l’economia unica religione, sempre più miniere aperte, investimenti esteri sempre più importanti, un’immagine internazionale più aggressiva ma sottomessa agli americani. L’Australia conosciuta un tempo per il suo atteggiamento aperto e accogliente nei confronti dei “boat people”, ora ricca, molto ricca e terribilmente egoista.

Noi siamo adesso a testa china, sgomenti e increduli che quanto avevamo letto nei saggi scientifici e temuto fosse lontano e che perciò la vita potesse essere ancora bella… non come ora, un’ orribile realtà. Siamo anche pero’ profondamente incazzati. In parte con noi stessi, per non aver fatto di più sapendo del rischio possibile, rimasti spesso alla finestra a guardare, a giudicare senza rimboccarci le maniche, noi che avevamo l’esperienza della vecchia Europa, delle lotte politiche degli anni 60-70 e che perciò sapevamo. Ma non solo noi.

vittoria pasquini australia
Vittoria Pasquini

Questi fuochi crudeli e ipnotici hanno creato comunità, hanno costretto gli australiani di tutte le razze, età, religioni, ceti sociali, ideologie, a unirsi nella protesta perché l’aria, l’acqua, la flora e la fauna non hanno barriere di nessun tipo e siamo tutti stati colpiti da questa ira grande della Madre Terra.

E così rinasce la speranza nella disperazione e la gente parla, discute, si arrabbia, fa progetti e poi si abbraccia e sorride. Riusciremo combattere la battaglia di Davide e Golia? Il piccolo popolo australiano e le grandi multinazionali che come avvoltoi stanno a guardia delle miniere e non sono disposte a mollarle? Riusciremo a far capire al resto del mondo che quello che sta succedendo in Australia in maniera eclatante, chiara e inequivocabile, è l’antipasto di quello che probabilmente succederà altrove? Che l’ambiente e la sostenibilità ambientale sono adesso al centro del discorso e al tempo stesso la cornice ormai necessaria per qualunque progetto politico/ economico? E che questa è ormai una strada senza ritorno.

Vittoria Pasquini e Valerio Daniel De Simoni
Vittoria Pasquini, nata a Roma nel 1946, ha vissuto a Nairobi, New York e Algeri, prima di stabilirsi a Sydney nel 1983. Ha insegnato Italiano, Lingua e Cultura nelle università di Sidney e Canberra. Fotografa durante i suoi viaggi e fondatrice delle due associazioni no profit Valerio Daniel De Simoni in memoria di suo figlio, con sedi a Roma e Sydney, in aiuto di rifugiati e Aborigeni.

Valerio è stato un ragazzo italo-australiano di 24 anni, la cui vita è finita tragicamente in un incidente stradale in Malawi, mentre cercava, assieme a due compagni di viaggio, di superare il record mondiale di distanza percorsa su una moto Quad. Nello stesso tempo Valerio ed i suoi compagni stavano raccogliendo fondi per OXFAM Australia, una organizzazione no-profit, al fine di combattere la povertà e sostenere il ‘Southern Africa Livelihood Program’. Durante il loro viaggio da Istanbul a Sydney attraverso 34 paesi e 3 continenti, Valerio ed i suoi amici stavano anche cercando di diffondere il messaggio ambientalista: Risparmia energia/salva il Pianeta.

Valerio ed i suoi compagni (“The Expedition” ovvero “The Quad Squad”) hanno viaggiato usando pannelli solari per ricaricare tutti i loro equipaggiamenti elettronici (videocamere, macchine fotografiche, telefoni cellulari etc), hanno usato tende, sacchi a pelo e vestiti eco sostenibili, ed alla fine del viaggio l’impatto è stato neutro.

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