Seguici su:
Il termine “Antropocene” fu usato per la prima volta nel 2000 dal premio Nobel per la chimica Paul Crutzer, nel suo libro “Benvenuti nell’Antropocene”. Il nome fu ripreso poi nel 2015 durante il Congresso geologico internazionale. Ad ogni modo già prima di Crutzer erano apparse simili definizioni, come ad esempio l’“era antropozoica” di Stoppani nel 1873 o la “noosphera” del russo Vernadskij o infine l’“antrocene” di Revkin nel 1992.
Sono passi, orme, prove del tentativo di dare nome ad una nuova era caratterizzata dalla presenza dell’essere umano e dal suo impatto, che ormai con chiarezza ci portava fuori dall’Olocene. Certo l’umanità è sulla Terra da ben più che 200 anni, eppure quest’ultima fase della specie su questo pianeta ha qualcosa che la contraddistingue enormemente e che, perciò, ha portato molti a chiedersi se non sia, questa, in definitiva “l’epoca dell’uomo”.
Come accade per ogni “era geologica”, però, per poter affermare che essa sia più o meno segnata da un qualche passaggio o evento particolare ci vogliono delle prove, come fu ad esempio con l’ipotesi della caduta delle meteoriti, come fine dell’era Mesozoica. Della fine del cretaceo, ad esempio, si può dire che nella memoria del pianeta, lì in quelle profondità dove il continuo ammassarsi di minerali ci testimonia gli accadimenti dei tempi che furono, ci sono tracce di un minerale raro, l’iridio, che potrebbe avvalorare la tesi della pioggia di corpi celesti.
Se ci poniamo la stessa domanda ora cosa troviamo? Quali saranno gli elementi e le tracce che lasceremo nelle profondità della terra a testimonianza del nostro passaggio? E, oltre a questo, che altro possiamo indicare come caratterizzante della nostra “era”? Cosa ci spinge a dire, con motivata certezza, che quello che viviamo è realmente un “Antropocene”? Sono molte le risposte che possiamo darci, tutte con un buon grado di veridicità, con riscontri effettivi e – ahimè – tutte negative.
L’Antropocene è caratterizzato, anzitutto, dagli effetti della presenza dell’uomo sul pianeta negli ultimi 200 anni circa (inizi 1800): a differenza delle altre specie, noi non ci adattiamo all’ambiente, ma adattiamo l’ambiente alla nostra vita. A testimonianza di questo è possibile non solo guardarsi attorno, aprendo gli occhi sull’allarme emergenza climatica, ma si trovano testimonianze in un filmdocumentario ed in una interessantissima mostra: la pellicola “Antropocene – L’epoca umana” è stata ideata dalla coppia di cineasti Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier e dal fotografo Edward Burtynsky mentre la mostra è aperta fino al 5 gennaio 2020 al MAST di Bologna.
Preparatevi a scene forti, ad immagini che mostrano le ferite che abbiamo lasciato sul pianeta, alle profonde trasformazioni che hanno caratterizzato il nostro passaggio, trasfigurando la natura. Non ci sono solo scene di “panorami” deturpati, ma anche shot di disumanità diffusa, generata nella consumistica idea del produrre e buttare. Sono le testimonianze di quel “terzo mondo” che deve esistere affinché ce ne sia un “primo”. E non solo: come specie abbiamo anche eliminato l’68% circa delle altre specie viventi.
L’idea incontrastata di essere “al vertice della catena alimentare” ci ha messi nella condizione di sterminare le altre specie. Personalmente è per questo che preferisco il termine “specie” a quello di “umanità”: ci ricorda che siamo una specie tra le specie, un piccolo pezzettino del regno degli animali, senza una biologica, naturale o reale superiorità. Ad ognuno il suo posto e il suo ruolo, insomma, e sarebbe bello che il nostro fosse quello di custodi di questo giardino.
Come “anthropos”, invece, il nostro passaggio è stato mortifero. Quali saranno le testimonianze geologiche che lasceremo? Gli studi dicono che le impronte del nostro passaggio, oltre alla trasfigurazione del pianeta e allo sterminio delle altre specie, saranno una coltre di spazzatura, in particolar modo plastica e alluminio, e – secondo Jan Zalasiewicz, della University of Leicester’s School of Geography, Geology and the Environment e riferimento dell’AWG – la radioattività dispersa a causa di test e incidenti nucleari.
Se le orme non sono solo quello che lasciamo, sono la nostra storia, e possiamo vederla per intero guardandoci alle spalle. Importante quindi costruire una coscienza storica, una sensibilità attuale di ciò che c’è e riattivare la capacità immaginativa per creare, inventare e narrare prospettive nuove.
Altre fonti:
Cos’è l’Antropocene e quando la Terra è entrata in questa nuova era
Antropocene, foto dalla fine del mondo
Antropocene: l’uomo agisce sulla storia della Terra
Come abbiamo fatto a spazzare via il 60% delle specie animali
Un milione di specie viventi estinte nei prossimi decenni: la colpa è dell’uomo
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento