Gli studenti colorano il reparto di oncologia dell’ospedale
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Biella - Oncologia. Solo a leggere questa parola nel titolo molti avranno chiuso l’articolo. Un richiamo che può aver infatti innescato ricordi che spesso non si vogliono far riaffiorare. Meglio metterli da parte. O forse no. L’incertezza testimonia la delicatezza dell’argomento, che può non essere nuovo per chi sta leggendo queste righe. Non sono pochi ad aver sofferto per un conoscente: la fatidica parola ‘tumore’, quando sentita per la prima volta, risuona dentro di noi come un boato e lo specchio che riflette i nostri sentimenti incomincia a presentare alcune crepe. Può capitare che si rompa, in mille pezzi. Sono tutti drammi che non si possono spiegare a parole, solo vivendoli si può comprendere quello che per pazienti e familiari è spesso vissuto come una battaglia.
Quanto scritto finora può risultare triste, negativo. Come trasformare l’oscurità in colore? A volte, per dare un sostegno, basta un piccolo gesto. Uno sguardo, un abbraccio, un messaggio, che possono dare nuova forma a un dolore, rivelandosi un alleato in una guerra psicologica, oltre che fisica. La cura, spesso, passa proprio da un colore che si fa spazio nel buio. Ma come si può essere artefici di un sorriso o fabbricante di sogni, dando una scintilla positiva in situazioni tanto delicate? A Biella, il colore ha avuto un ruolo determinante – non solo a livello metaforico – in un nuovo progetto che ha visto protagoniste due classi di una scuola del territorio. Gli studenti delle classi IVF e IVH del Liceo artistico G. e Q. Sella, infatti, hanno ri-dipinto due sale d’aspetto del reparto oncologia del nosocomio cittadino, dando nuova vita alle pareti precedentemente monocromatiche.
L’iniziativa – organizzata nell’ambito del PCTO, l’ex alternanza scuola-lavoro – ha preso il via con un incontro tra gli studenti e dottori, infermieri ed esperti, che hanno illustrato ai ragazzi il contesto in cui avrebbero dovuto operare. I giovani, dopo il confronto col personale ospedaliero, hanno elaborato ognuno una bozza di progetto differente e, alla fine, sono state selezionate due proposte. Sulla base dei due schizzi opzionati (che meglio hanno rappresentato il concetto di cura), entrambe le classi – non solo gli autori – hanno lavorato per tre giorni consecutivi alla realizzazione del progetto direttamente nelle sale d’attesa.
“Il direttore della Struttura Formazione e Sviluppo Risorse Umane dell’ASL di Biella Vincenzo Alastra con l’infermiera progettista di formazione presso la Struttura di Formazione e Sviluppo Risorse Umane dell’ASL di Biella Rosa Introcaso ci avevano chiesto di intervenire – spiega ai nostri microfoni Denise De Rocco, nelle doppie vesti di docente e ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso – sulle due sale d’attesa del reparto di oncologia.
Dopo aver lavorato su una serie di parole chiave come malattia, cancro, aiuto, vita, disperazione, guarigione e speranza, gli studenti hanno ideato il progetto decorativo, finalizzando tutti i contenuti al concetto di cura, intesa verso se stessi, verso gli altri e a livello sociale. È stato molto significativo vedere gli alunni collaborare tra loro e applicare il concetto a loro indicato. Mentre dipingevano, inoltre, sono entrati a contatto con infermieri e con alcuni pazienti. L’esperienza è stata sicuramente molto forte e l’argomento, anche se delicato, è stato accolto bene. Il nostro obiettivo era portare colore, gioia, serenità”. I nuovi soggetti scelti per le pareti sono un albero e dei gomitoli di colore diverso che s’intrecciano in un punto centrale dove è rappresentato il Terzo Paradiso. Il segno-simbolo di Michelangelo Pistoletto, inoltre, è presente anche nel pavimento che collega (anche simbolicamente) le due sale d’attesa.
Venerdì 8 novembre è stato inaugurato il lavoro degli studenti nell’ambito di una presentazione pubblica. “Siamo riusciti – raccontano gli alunni – a comprendere meglio, col supporto delle professoresse Landrino e De Rocco, le diverse tecniche da utilizzare nella pittura murale utilizzando colori acrilici. Abbiamo sviluppato, inoltre, una nuova capacità nel lavorare in gruppo, creando una sorta di ‘connessione’ tra noi compagni. Grazie a questo progetto abbiamo appreso che la cura è l’amore che si dà alle persone, così come quello che si riceve”.
Ecco, è questo il colore (che, in questo caso, possiamo piacevolmente confondere con l’assonante calore) a cui ci riferivamo all’inizio dell’articolo. Un colore che può dare speranza, vestendo con abiti di positività le pareti di un ospedale. Pazienti e familiari, d’ora in poi, non troveranno solo un anonimo muro ad accoglierli, ma una parete in grado di infondere un’energia differente, una carica nuova. Un semplice disegno può essere la cura: l’albero e un gomitolo non saranno in grado di cambiare il quadro clinico dei pazienti, ma potranno trasmettere qualcosa che sappia aiutare – oltre il confine del visivo – le persone che il reparto lo vivono quotidianamente. Un abbraccio degli studenti che viene trasmesso attraverso la loro arte. Ecco le piccole-grandi ‘cose’ che possono fare la differenza. “La malattia – queste le parole di una studentessa – ha diviso. Ma la cura ci ha uniti tutti”.
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