7 Nov 2019

Pottery Lab: quattro donne invitano il quartiere a riscoprire l’arte della ceramica

Scritto da: Lorena Di Maria

A Torino quattro donne hanno deciso di lasciare il lavoro per ricominciare una nuova vita dedicata all’arte della ceramica. Insieme, nel quartiere multietnico di San Salvario, hanno creato un laboratorio improntato alla creatività e al recupero della tradizione, per trasmettere questa passione all’intera comunità. Si chiama Pottery Lab, la bottega dove non si produce solo ceramica ma anche e soprattutto la cultura della ceramica, per riscoprire la bellezza della manualità e le antiche memorie della terra.

Salva nei preferiti

Torino - Ci sono donne la cui passione è capace di animare un intero quartiere trasformando l’arte millenaria della ceramica in arte per tutti. Si chiamano Roberta, Rosa, Erica e Diletta e, a San Salvario, hanno dato vita a Pottery Lab, un laboratorio dove la creatività è motore di inclusione sociale. Ciò che le unisce è il coraggio che le ha spinte, qualche anno fa, a cambiare vita lasciando il proprio lavoro e trasformando la medesima passione per la ceramica in una professione.

C’è chi ha lavorato per anni in ambito farmaceutico, chi ha scelto di tornare in Italia dopo anni trascorsi all’estero, chi ha abbandonato la propria esperienza professionale in un’azienda energetica e chi ha cambiato città. Come mi raccontano, «la maggior parte di noi ha avuto un passato legato al mondo dell’arte ma, tre anni fa, abbiamo intrapreso un percorso comune per soddisfare un’esigenza concreta, quella di “toccare con mano” ciò che fino a quel momento era stato per tutte e quattro un semplice passatempo, accettando questa scommessa e iniziando, insieme, una nuova avventura».

Nata dallo spirito imprenditoriale di queste quattro donne, ora Pottery Lab è ora un’associazione senza scopo di lucro che ha come obiettivo principale la pratica, la diffusione e la promozione di questo materiale tradizionale nelle sue molteplici forme ed espressioni artistiche. «Qui si produce ceramica ma anche e soprattutto la cultura della ceramica».

Il laboratorio è per queste donne una casa, il simbolo di una nuova vita. Ma Pottery Lab rappresenta anche un punto di incontro con gli abitanti di San Salvario, conosciuto, da chi vive in città, come quartiere vivace e multietnico, capace di accogliere nuove sfide e offrire nuove opportunità.

«Si tratta di un quartiere, da molti anni ormai, considerato un bacino di imprenditorialità creativa notevole», mi spiegano. «Per questo ci siamo trovate subito bene! In vari momenti dell’anno apriamo le nostre porte alla comunità, vogliamo creare momenti di socializzazione e coinvolgimento con gli abitanti della zona» mi viene spiegato.

In questo spazio si accolgono persone di qualsiasi provenienza ed età per far conoscere e far appassionare alla ceramica. Cinque anni fa le fondatrici hanno avviato la propria attività organizzando corsi per gli appassionati, per estendere poi la proposta ai bambini e agli anziani della comunità locale, ma anche agli studenti, come nel caso dei ragazzi e delle ragazze della scuola ebraica di San Salvario ed altri istituti della città.

«Proprio per il fatto che la lavorazione della ceramica è riconosciuta come terapeutica abbiamo avuto occasione di collaborare anche con associazioni dedite alla disabilità» mi spiegano. Non bisogna infatti dimenticare che i benefici derivanti dalla lavorazione dell’argilla sono largamente conosciuti, trattandosi di un modo per esercitare un’attività manuale ma anche per stimolare le aree della sfera cognitiva. Come mi viene spiegato, «le mani sono il prolungamento della mente, l’espressione di noi stessi. La ceramica diventa per questo il mezzo per raccontarsi».

Attualmente l’associazione organizza anche eventi collettivi di cui l’esempio più recente è la “Settimana della Ceramica”, un’iniziativa resa possibile grazie alla campagna di crowfunding realizzata sulla piattaforma Eppela e sostenuta da Fondazione CRT, che ospita artisti internazionali e che si svolge proprio in questi giorni, dal 3 al 10 novembre, rappresentando un momento molto significativo in quanto capace di omaggiare quest’arte e allo stesso tempo accendere i riflettori sul quartiere.

«La nostra è una ricerca artistica, personale ma anche collettiva, grazie al clima di condivisione che si crea quotidianamente con le persone che vivono intorno a noi e i nostri allievi, dai quali impariamo sempre moltissimo. In un mondo sempre più digitale ci sembra utile riscoprire la bellezza della manualità, della memoria della terra e della relazione non virtuale».

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Raccontare il Medio Oriente: Al Ghalas, il nuovo romanzo del cronista sardo Luca Foschi
Raccontare il Medio Oriente: Al Ghalas, il nuovo romanzo del cronista sardo Luca Foschi

Il regista Vincenzo Caricari racconta il cinema calabrese, fra ‘ndrangheta e restanza
Il regista Vincenzo Caricari racconta il cinema calabrese, fra ‘ndrangheta e restanza

Napoli inVita: ricostruire la memoria del Rione Sanità partendo dall’identità napoletana
Napoli inVita: ricostruire la memoria del Rione Sanità partendo dall’identità napoletana

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Il boom dei fast food e la fine dell’identità – INMR Sardegna #58

|

Smartphone, pc, elettrodomestici: ripararli è possibile con “The Restart Project” – Soluscions #4

|

Terapie psichedeliche: una soluzione ancestrale ai disturbi mentali?

|

Il futuro del vino tra crisi climatica e innovazione

|

Dalla crisi ecologica alla disumanizzazione delle guerre, l’amore è la risposta

|

Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni

|

Tyrrhenian Link: “La nostra lotta continua oltre lo sgombero del presidio degli ulivi”

|

Luana Cotena e il suo concetto rivoluzionario di capo d’abbigliamento

string(8) "piemonte"