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Mel era nata a Melandia, un regno abitato da mille varietà di mele: c’era la famiglia Rossa, la Gialla, la Verde, la Dolce, la Ruvida… insomma creature di forme, consistenze e colori diversi, ma tra loro molto simili.
In Melandia ogni abitante portava sempre con sé un’etichetta all’altezza della pancia, che veniva consegnata dai saggi del regno nel momento del compimento del primo anno di età: l’etichetta riportava il nome e la tipologia della mela. In questo modo, dicevano loro, era «molto semplice ricordarsi tutti i nomi e sapere sempre con chi ti trovavi a parlare».
Mel, però, era diversa dai suoi famigliari e dal resto del regno. Sin dalla nascita, infatti, nonostante facesse parte della famiglia Perfettamentetonda, il suo corpo presentava delle caratteristiche alquanto strane: aveva metà corpo tondo e metà piatto. Nessuno aveva mai visto nulla di simile nel suo piccolo villaggio, tanto che l’etichetta che le avevano assegnato riportava: “Mel, la mezza mela”.
Mel era cresciuta sentendo che qualcosa in lei non andava. Si era abituata agli sguardi di stupore delle mele che la vedevano per la prima volta. Ciò a cui non riusciva proprio ad abituarsi era il sentirsi sola e triste, non compresa dalla sua famiglia, diversa da tutti e non accettata. Le mele della sua età la guardavano con diffidenza e tendevano a starle quanto più possibile lontano. Così Mel piangeva spesso: avrebbe tanto voluto essere come tutte le altre mele.
Appena raggiunta l’età adulta, quindi, iniziò a vagare in tutto il regno di Melandia e anche oltre, alla ricerca dell’altra sua metà: le avevano inculcato l’idea che senza l’altra parte mancante la sua esistenza non avesse senso… e lei, essendo solo una metà, si era convinta di non possedere una propria identità e che quindi, senza questa, non avrebbe potuto fare nulla. Ma qualcosa dentro di lei le diceva di non arrendersi, di cercare, di capire… e così vagava per villaggi, strade, fiumi e mari alla ricerca di risposte. La domanda che rivolgeva a chiunque incontrasse era sempre la stessa: «Ciao, hai per caso visto un’altra mezza mela?». Mel aveva bisogno di sapere di non essere sola al mondo, aveva la necessità di scoprire che qualcuno, che ancora non conosceva, fosse uguale a lei. Pensava che solo così avrebbe potuto sentirsi completa. Purtroppo però più vagava, più le risposte che incontrava erano le stesse: nessuno aveva mai visto qualcuno che le somigliasse.
Si rivolse, dopo lunghi anni di viaggio, ai Saggi della Ragione, che incontrò in cima ad una montagna. Erano creature dalla testa ovale allungata e dalla lunga barba bianca, seduti in cerchio su dei troni blu e oro. Questi saggi pensavano tutto il giorno per tutti i giorni, riflettevano, discutevano e scrivevano su grandi libri color senape la conclusione di ogni pensiero elaborato dalle loro menti. Mel, quando li intravide passandovi vicina, pensò subito che potessero avere la soluzione a tutti i suoi problemi. Gli corse incontro. Salutandoli con un cenno del capo, pose anche a loro la stessa domanda tutto d’un fiato: «Salve Saggi della Ragione, avete visto passare di qui una mezza mela?».
All’udire questa domanda di Mel, i Saggi portarono i loro indici alle tempie, chiusero gli occhi e si concentrarono per lunghi attimi.
Passato un tempo che a Mel sembrò non finire mai, risposero tutti in coro: «Non abbiamo mai visto nulla di simile qui. Sei sicura di cosa tu stia cercando?». Mel era più confusa di prima. Scoraggiata, li salutò e si rimise in viaggio.
Fece poi la conoscenza, mesi dopo, all’interno di grotte trovate lungo il cammino, di un gruppo di Saggi delle Emozioni: creature dalle forme indefinite e dai colori intensi. Taluni erano grandi e dalla consistenza solida e apparentemente pesante quanto rocce. I loro colori erano accesi e i contorni delle loro forme ben definiti. Mel era sorpresa perché li sentì borbottare, mugugnare, urlare e lamentarsi. Avvicinandosi poi, conobbe anche altri saggi, però. Questi avevano invece corpi dalla forma più cangiante. Li vide fluttuare leggeri come piume nell’aria. Erano di colori sfuggenti, quasi inafferrabili ai suoi occhi.
«Quale emozione ti guida, creatura vagabonda?» domandò a Mel uno di questi Saggi, con voce leggera e melodiosa. Ma Mel rimase sorpresa: non sapeva rispondere, non si era mai soffermata ad ascoltare le proprie emozioni, né tanto meno aveva mai pensato di poter essere guidata da una di esse. Presa alla sprovvista, dunque, non sapendo cosa rispondere, decise di scrollare le emozioni e i pensieri che le si erano presentati tutti insieme in quell’istante. E così pronunciò la sua domanda ignorando che si trattasse di un quesito e non di una risposta: «Avete per caso visto un’altra mezza mela?». Al sentir pronunciare tali parole alcuni dei Saggi caddero a terra tenendosi la pancia dal ridere, altri scoppiarono in un pianto a dirotto, altri ancora divennero rossi dalla rabbia per essere stati ignorati. Ma nessuno rispose.
Mel sentì dentro di sè un gran scompiglio e cercando di fuggirne, si voltò e si rimise in cammino. Era partita da molto tempo, ma le risposte tanto cercate tardavano ad arrivare.
Un giorno, però, quando le speranze erano ormai perdute e le lacrime da versare ormai terminate, qualcuno all’improvviso le tagliò la strada, fermandosi proprio davanti a lei: era una essere dal colore cangiante e dalle ali aperte pronte a prendere il volo. Non più grande di una ciliegia, non più piccolo del suo nocciolo. Era uno scarabeo e si presentò così: «Buongiorno creatura magnifica di questo mondo. Sono Kepher e ti sto seguendo da molto tempo in silenzio. Ho udito parecchi giorni fa i tuoi pianti e da allora ti seguo nella speranza di capire chi ti stia facendo del male. Ora dimmi, se vuoi, cosa ti sta succedendo, in modo che io possa provare ad aiutarti».
Mel era incredula: come aveva fatto a non accorgersi che qualcuno la stesse seguendo? Frastornata dall’incontro inaspettato rispose: «Ma… non lo so. Io non ti conosco». Rimase poi in silenzio a studiare la creatura che le si trovava davanti. E guardandola bene, a lungo negli occhi, decise alla fine di fidarsi di lei. Forse poteva aiutarla. Alla fin fine cosa aveva da perdere?
«Ehm, sì. In effetti io sto cercando qualcuno, ma ancora non lo conosco».
Kepher probabilmente cambiò espressione a tali parole, perché Mel, comprendendo che non avesse capito, si decise a narrare tutta la sua storia, sin dal principio: raccontò del luogo da cui arrivava, della famiglia che aveva lasciato a Melandia, dei tanti incontri avuti in questi anni e delle speranze che via via si erano assottigliate, sino a sparire.
Quando Mel ebbe terminato il suo racconto, Kepher annuì e disse: «Ora ho compreso. Grazie per avermi raccontato la tua storia. Sono dispiaciuto che tu abbia desiderato per molto tempo di essere qualcuno che non sei. Veniamo al mondo con queste forme e colori per un preciso motivo».
E così dicendo invitò Mel ad interrompere la sua ricerca, per trovare prima dentro se stessa chi fosse. Le narrò infatti di aver visto, nei suoi lunghi viaggi, tante creature diverse all’apparenza, ma molto simili dentro. «Fuori non hanno tutti la stessa forma: alcuni sono frutti, altri verdure, altri insetti, altri ancora alberi o animali».
Kepher raccontò a Mel di creature di forme strane, di esseri volanti, di giganti e di esseri talmente piccoli che a malapena si riuscivano a vedere.
«Nessuno è uguale a qualcun altro, ma dentro, se riesci a guardare bene lì, nel centro dove la vita si genera e pulsa ogni istante, lì tutti hanno un cuore: è quella l’unica forma che conta davvero!». Mel abbassò lo sguardo e notò per la prima volta da quando era nata quella strana forma, proprio al centro del suo corpo: era un cuore capovolto! Prima di allora non ci aveva mai fatto caso, eppure era sempre stato lì.
«Mah, come è possibile? Non l’ho mai visto, eppure…». Kepher annuì vedendo il suo stupore e proseguì: «Pensa che fortuna hai a poter vedere il tuo cuore. Se fossi come la tua famiglia non potresti vederlo, ma solo immaginarlo. Invece tu ce l’hai sempre lì e puoi farti guidare da lui: capire quando sei agitata sentendolo pulsare più in fretta, notare quando cambia colore perché sei emozionata».
Mel imparò a conoscere il proprio cuore, ad individuare i segnali e le sue più piccole sfumature e con il tempo, grazie al saggio scarabeo, a conoscere anche chi si trovava davanti, senza far caso all’etichetta che questi possedeva: aveva capito che poche parole non potevano bastare a definire una creatura perché “ogni essere è un mondo a sé!”.
Tornò a Melandia insieme al suo nuovo inseparabile amico.
La mamma e i fratelli la accolsero con gioia abbracciandola. Mel vedendo quanto affetto le fu riservato, capì che sino a quel momento era stata lei a non accettarsi: ora finalmente sapeva quanta bellezza portava con sé ed era pronta a volersi bene. Ma non volle accontentarsi, e dopo qualche mese di riposo, decise di continuare il suo viaggio alla scoperta di nuovi mondi e creature.
Ora finalmente non doveva più aspettare nessuno, poteva fare ciò che voleva della sua vita. E la ricerca continuò: non più per trovare qualcuno che la completasse, ma questa volta… per conoscere se stessa, per sperimentare, creare ed incontrare nuove creature da cui apprendere. Ora aveva capito di essere non più la metà di qualcosa, ma un meraviglioso e unico intero con un cuore grande e fantasticamente visibile a tutti!
The End
Immagini in acquarello di Silverio Edel
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