6 Nov 2019

Le aree post industriali di Torino diventano oasi per le farfalle

Scritto da: Lorena Di Maria

Chi ha detto che la città non può essere più colorata, naturale e vivibile per persone e animali? Torino ha accettato questa scommessa con il progetto “Farfalle in ToUr”. Si tratta di un’idea collettiva che unisce Università, Asl e cooperative sociali per permettere il ritorno delle farfalle in città attraverso la riconversione di aree postindustriali in infrastrutture verdi, grazie al protagonismo di persone fragili che diventano promotrici e divulgatrici ambientali.

Salva nei preferiti

Torino - Una città a misura di farfalle, che riportano colore dove prima c’erano soltanto cemento e fabbricati industriali. Nelle aree urbane i fiori e le piante di cui questi insetti si nutrono scarseggiano a causa dell’inquinamento e della cementificazione che soffocano le nostre città.
Per ovviare a questa triste realtà nasce “Farfalle in ToUr” (Torino Urbana), un progetto scientifico finalizzato a realizzare dei corridoi biologici all’interno dei quartieri per creare piccole oasi che consentano alle farfalle di diffondersi, impollinare e ripopolare le aree verdi. In che modo? Facendo sì che la biodiversità diventi un mezzo di inclusione sociale. Saranno infatti utenti con disabilità psichica, assistiti da educatori e ricercatori dell’Università di Torino, a prendersi cura di questi spazi, permettendo il ripopolamento di lepidotteri, ovvero farfalle e api, e la riqualificazione delle aree urbane.

Il progetto nasce nel 2014 dalla collaborazione tra diversi soggetti pronti a cooperare per il medesimo obiettivo: ASL (Centro di Salute Mentale), Dipartimento di Scienze della vita e Biologia dei sistemi dell’Università di Torino, insieme alle cooperative sociali Il Margine e la Rondine. Insomma, un’alleanza strategica per dare vita ad una rete di conoscenze nella quale ogni realtà possa mettere in campo le proprie competenze partendo dal presupposto del “fare insieme”.

Attraverso questo progetto gli utenti diventano veri e propri «“esperti cittadini” nell’allevamento dei bruchi e nell’individuazione delle piante più adatte per facilitare il passaggio delle farfalle» proprio come si legge sul sito. «E saranno sempre loro a farsi carico di divulgare il valore della biodiversità in altre realtà del territorio: scuole, case di accoglienza per nuclei fragili, strutture sanitarie, strutture di accoglienza per rifugiati, feste di quartiere».

Così come questi insetti sono soggetti ad una magica trasformazione da bruco a farfalla, il progetto è pensato per far sì che coloro che soffrono di disturbi psichici possano evolvere da una condizione di marginalità ad una situazione di protagonismo. In questo modo divengono elemento centrale di un progetto collettivo che coinvolge la comunità, si fanno promotori di un messaggio scientifico e ambientale, intraprendono di un percorso che permette loro di migliorare la propria condizione psicofisica.

Farfalle in ToUr però non finisce qui. Dal 2018 entra a far parte di un più ampio progetto europeo dal nome “ProGIreg – Productive Green Infrastructure for Post-industrial Urban Regeneration” della Commissione Europea, che sostiene iniziative indirizzate alla rigenerazione sociale, economica ed ecologica, il cui obiettivo è la riconversione di aree postindustriali in infrastrutture verdi, attraverso sperimentazioni che prevedono nuove soluzioni innovative basate sulla natura e sul coinvolgimento di cittadini e associazioni del territorio.

Tra i vari obiettivi il progetto prevede la coltivazione di piante nutrici proprie di ciascuna specie di farfalle affinchè queste possano crescere e riprodursi, l’effettuazione di un monitoraggio per confrontarne l’aumento con dati futuri, la segnalazione di nuove specie come testimoniato dalla “mappa degli avvistamenti” che rileva la presenza delle farfalle nel tessuto urbano e anche l’informazione, attraverso incontri che coinvolgano gli abitanti per confrontarsi su tematiche legate all’ambiente.

«Le farfalle necessitano del loro nutrimento per tornare ed incontrarsi, il prendersi cura di loro è il nutrimento relazionale per uscire dalla solitudine e riscoprire il piacere di fare insieme. Realizzare delle oasi verdi nei servizi di salute mentale e non solo, con la partecipazione dei soggetti pubblici e del privato sociale, permetterà di creare nei quartieri luoghi in cui incontrarsi e tessere nuovi rapporti. Occuparsi delle farfalle significa anche prendersi cura della propria dimora, del proprio territorio e dell’ambiente».

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Scampia: via al progetto del Comune per la ristrutturazione e riqualificazione delle Vele
Scampia: via al progetto del Comune per la ristrutturazione e riqualificazione delle Vele

La rivoluzione “dolce” di Banda Biscotti: il riscatto nelle carceri passa per la pasticceria
La rivoluzione “dolce” di Banda Biscotti: il riscatto nelle carceri passa per la pasticceria

Still I Rise e il modello educativo che offre agli “ultimi” le possibilità migliori
Still I Rise e il modello educativo che offre agli “ultimi” le possibilità migliori

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Dopo i droni, le radiazioni: che succede negli Usa? – #1034

|

Il Comitato per la liberazione di Assange: “Julian è libero, ma l’informazione no”

|

A Campobello di Licata c’è un forno di comunità in cui lavora tutto il paese

|

Buon Natale globale, tra riti solstiziali e consumismo moderno

|

L’archeologia lo mostra: la cura è stata centrale nella storia della civiltà

|

I rifiuti elettronici sono un grosso problema. La soluzione? Riparare invece che ricomprare

|

Perché dire basta ai botti di Capodanno: petizioni e proposte sostenibili

|

Smartphone, pc, elettrodomestici: ripararli è possibile con “The Restart Project” – Soluscions #4

string(8) "piemonte"