Il Pollaio Sociale: adottare una gallina e avere in cambio uova fresche
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Può un pollaio diventare un cantiere sociale? Nelle colline imolesi il Pollaio sociale è già realtà, fin dal 2015. L’idea è molto semplice: “adottando” una gallina – con 95 euro l’anno – si ha diritto a ritirarne le uova fresche, mediamente 250 uova l’anno.
Nutrite con gli scarti delle verdure dell’orto, libere di razzolare e con a disposizione perfino dei giochi – altalene e altre strutture di legno – le galline vengono diligentemente accudite e producono uova di ottima qualità. Il Pollaio sociale non è solo un progetto volto alle buone pratiche di produzione alimentare, ma coniuga anche un impegno verso l’inclusione sociale. A prendersi cura del pollaio, raccogliere le uova due volte al giorno, a confezionarle dentro contenitori in carta riciclata e a consegnarle sono infatti persone con lievi disabilità, per le quali il progetto assume degli aspetti della cosiddetta “pet therapy”.
Il Pollaio sociale è nato in seno alla Cooperativa Sociale Seacoop e più in particolare all’interno del centro occupazionale diurno La Tartaruga, rivolto a persone con lievi disabilità cognitive. Qui si trovano una serra, orti (anche rialzati con dei cassoni di legno per fornire l’opportunità di coltivare anche a coloro che hanno disabilità o limitazioni a livello motorio) e si svolgono attività di vario tipo, come la lavorazione della ceramica e del legno.
Nel 2015, sulla base dell’idea di un’agronoma e consulente della Cooperativa, è stato costruito il primo pollaio, in legno, nel quale sono state inserite 35 galline ovaiole: un’iniziativa che per i ragazzi è stata fonte di entusiasmo e di nuovi stimoli.
Prendersi cura di altri esseri viventi è infatti un’attività gratificante, così come lo è la costruzione di relazione con le persone che vengono regolarmente a ritirare le uova. «Il rischio, in certi ambienti di fragilità come può essere un centro occupazionale per disabili, è l’isolamento. Magari sono strutture che funzionano benissimo, però poi non avviene una contaminazione con la società», ha riportato Simona Landi, responsabile della comunicazione presso la Cooperativa Seacoop. Non accade così nel caso del pollaio sociale.
«Con molti clienti i ragazzi hanno costruito un rapporto di confidenza, e le persone che adottano, a loro volta, imparano a conoscere i ragazzi sempre meglio». Dunque, oltre a consentire l’inclusione, il pollaio diventa uno strumento di scambio relazionale: un’esperienza valorizzante significativa. E forse anche per questo, sebbene l’adozione sia annuale, tutti gli “adottanti” hanno finora sempre rinnovato la loro opzione.
A seguito di una crescente attenzione mediatica sono arrivate molte nuove richieste di adozione, da tutta Italia. «Molti ci chiedono se facciamo spedizioni” – ci ha detto Simona Landi – Non le facciamo. Un po’ perché vogliamo rispettare un concetto di km0, e un po’ per un discorso di relazione e di creazione di rapporti diretti». In compenso, ad aprile, è stato aperto un secondo pollaio con galline, questa volta, livornesi. Tutte e 70 le galline sono attualmente adottate.
Trattandosi della prima esperienza italiana con questa formula – che coniuga l’attività ad un progetto sociale – la Cooperativa ha deciso di depositare sia il marchio che il progetto, che ora sono protetti da copyright. Chiunque voglia replicare il progetto dovrà dunque aderire ad una serie di richieste: «Innanzitutto è necessaria la presenza di un’implicazione sociale». Ci sono poi dei criteri sul trattamento delle galline, inclusa la condizione che «le galline, a fine ciclo di produzione, non vengono soppresse – ma affidate a una casa di riposo o date al proprietario». La Cooperativa Seacoop, è disponibile a fornire un affiancamento alle cooperative, associazioni, scuole e altri che vogliano replicare il progetto.
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