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Parma, Emilia-Romagna - Durante il mio viaggio alla ricerca di una bella storia da raccontare sono arrivata in Emilia Romagna grazie ad un amico che mi ha invitata a partecipare alla raccolta della lavanda. È stata un’esperienza meravigliosa: i colori ed il profumo sono indescrivibili, ci si immerge e tutto si calma.
Mi è stata raccontata la storia di questi campi e mi è stato spiegato come avvicinarsi alle piante per prendersene cura, coltivando la pazienza, la calma e l’ascolto. Ci sono stati momenti in cui l’unico suono era il ronzio delle api intorno a noi. Ho ascoltato, ho osservato e sperimentato e mi sono sentita parte di una grande famiglia. Sono stata presa letteralmente per mano e guidata tra le piante, mi è stato insegnato come liberarle dalle erbe che non servono e come riconoscere le altre piante officinali.
A rendere possibile tutto questo è stata Emanuela Grazian. Ecco cosa ci ha raccontato.
Raccontaci un po’ di te
Sono Emanuela Grazian. Sono tante cose, le definizioni mi stanno strette. Ho svolto tanti lavori, spostandomi sempre più dalla trasformazione degli alimenti (mi sono laureata in scienze e tecnologie alimentari) alla loro produzione in agricoltura, passando anche per il servizio (gestivo un ristorante). Stando a contatto con gli agricoltori mi sono resa conto che forse l’agricoltura poteva essere il mezzo, non quindi il fine, per avvicinarmi alla Natura, cui sempre più anelavo. Così ho cominciato a cercare un terreno dove poter mettere insieme tutte le competenze che avevo acquisito nella vita.
Ho cercato a lungo nelle Marche, Toscana e infine degli amici mi hanno suggerito la Valtaro e la Valceno in provincia di Parma. E così sono andata alla ricerca del mio west, come una pioniera. Sono infatti luoghi, questi, dimenticati per lungo tempo dal progresso e ora animati da un neoruralismo fatto da persone che come me, sentono il richiamo della Natura e vogliono dare il proprio contributo a migliorare il mondo.
Qui, dopo anni di ricerca, un luogo mi ha scelto: Rizzone, nel comune di Borgo Val di Taro. Mi ha colpito per la sua energia, per la sua natura immacolata, querce secolari, animali, paesaggi ampi, solatii, che vedono una piacevole alternanza di boschi e prati. Ho avviato qui una piccola azienda agricola che porta il mio nome.
Perché hai deciso di produrre oli essenziali?
Al momento di scegliere cosa produrre, mi sono tornati in mente gli oli essenziali, di cui due donne meravigliose, Caterina Lazzarin Zago e Fabiola Kishori Susinna, mi avevano parlato ad un corso di massaggio olistico. Il seme che loro avevano lanciato, ora stava germogliando.
È un mondo vasto quello degli oli essenziali che mi permette di crescere, studiare, evolvermi, incontrare persone e, tramite gli oli, aiutarle a riconnettersi alla natura e a loro stesse, così come è stato per me. Dico infatti che distillando oli in qualche modo sto distillando la mia essenza, quella che stilla dalla mia anima!
Ho considerando anche il luogo che mi ha scelto: parco di acqua d’estate, con terreni ben pendenti, non irrigui, poveri e marginali, non potevo pensare di fare ortaggi o frutta. Per fare questo era meglio la pianura, da cui venivo.
Così – facendo tesoro degli insegnamenti della permacultura, dalla lunga e attenta osservazione dei luoghi e delle risorse e per le esperienze che avevo fino a quel momento vissuto – ho scelto le piante officinali da cui si ricavano gli oli essenziali. E tra queste, progressivamente, sono andata selezionando quelle resilienti, quelle che vivono con poco e si rialzano ancora più forti dopo le sfide della vita. Perché penso che di questa qualità, di questa plasticità di adattamento abbiamo soprattutto bisogno oggi.
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Quali conoscenze hai dovuto approfondire per iniziare questo progetto?
Innumerevoli. Dagli studi fatti ho ereditato una buona base di chimica, microbiologia e anche botanica. La scuola di agricoltura biologica mi ha permesso di vedere e conoscere nel concreto alcune pratiche fondamentali in agricoltura: la preparazione del terreno, il sovescio, la cosiddetta concimazione verde, comprendere le avversità cui può andare incontro la pianta e come contrastarle in modo biologico. Ho studiato molto per conto mio, libri di agricoltura, ma soprattutto di oli essenziali, la mia missione. In questa ricerca mi sono imbattuta in maestri di fama internazionale, come l’aromaterapeuta Thomas Von Rottenburg, che gira il mondo insegnando oli essenziali. Lui mi ha permesso di accedere a un nuovo livello di approccio a queste creature, quello “sottile”, energetico e direi quasi divino. Infatti secondo il suo punto di vista, ogni olio ha un messaggio divino da veicolarci.
Ho appreso molto anche dalla natura, che pazientemente mi ha disvelato i suoi cicli, i suoi tempi, mi ha insegnato ad aspettare, a prospettare, a programmare… e infine fondamentale è stato l’insegnamento di alcune persone del posto, come Luciano, che mi ha trasmesso le conoscenze e le tradizioni del luogo. Mi ha insegnato che in montagna l’agricoltura funziona in modo diverso che in pianura, che anche se il terreno è inclinato basta un piccolo avvallamento per creare un ristagno e fare morire una pianta, mi ha indicato i tempi giusti per seminare e quando raccogliere…
Come mai la lavanda?
Ho scelto la lavanda vera, Lavandula angustifolia, come prima pianta da coltivare, per la sua bellezza e per la sua rusticità, ha infatti bisogno di poca acqua e poche cure, si adatta al clima appenninico. Poi lei e io abbiamo fatto conoscenza, l’una dell’altra, e ho scoperto la sua pazienza. La lavanda è infatti paziente come una mamma: ti accoglie anche quando hai sbagliato e mi ha educato a riconoscere i miei limiti e affinare le mie capacità. Ne è nata una solida amicizia che mi ha aperto la via ad altre piante officinali.
Come si svolge il raccolto? Quali sono le tempistiche e quali procedure utilizzi?
Il principale problema per le piante officinali sono le infestanti o meglio le erbe accompagnatrici che, lasciate andare, diventano un po’ “invadenti”. Pertanto ora due tre volte l’anno e in particolare in prossimità del raccolto provvedo a falciarle. È l’unico trattamento che faccio, le taglio con una trincia e con il decespugliatore. Mi piacerebbe lo facessero delle pecore e questo un domani spero sia possibile grazie alla collaborazione con un allevatore.
A giugno ormai la fioritura sta partendo e chiedo alle piante quando è possibile cominciare a raccogliere. Per fare questo mi servo di un biosensore che mi consente di dialogare con le piante. Sembra un po’ folle ma in realtà le piante sanno benissimo quando è il momento balsamico, cioè il momento in cui è massimo il contenuto di sostanze volatili in loro. In genere questo coincide proprio con i giorni più potenti del calendario biodinamico, quelli di metà luglio, più favorevoli ai processi di luce, con luna crescente e in giorni di fiori/luce.
All’approssimarsi dei giorni, raccolgo altri segnali dall’ambiente: osservo i fiori, che devono essere per lo più sfioriti, ascolto il progressivo diminuire del ronzio delle api, che indica che i fiori stanno sfiorendo, guardo che il sole sia alto e forte e le piogge lontane. Una pioggia infatti blocca per due giorni la raccolta, perché bagna le piante, che devono essere raccolte asciutte, e rompe le celle di olio (tricomi), che devono ricostruirsi e ricaricarsi.
E finalmente “si compirono per lei i giorni del parto” perché di fatto questa operazione della raccolta permette una nuova nascita. Il giorno dell’inizio della raccolta raduno più persone desiderose di fare questa esperienza meditativa di raccolta a mano, col falcetto, della lavanda. Si cimano le sommità fiorite, sotto le prime due foglioline. Il taglio deve essere deciso e tuttavia delicato sulla pianta per non compromettere il raccolto successivo. S i deve prendere un po’ di dimestichezza ma poi la coordinazione dei gesti permette di alzare lo sguardo verso l’infinito verso cui è orientato il campo di lavanda. È un momento di socialità reso ancora più armonico e armonioso dagli effluvi della lavanda.
Ti occupi di altre attività oltre alla raccolta della lavanda?
Alla coltivazione della lavanda ho aggiunto anche quella della salvia sclarea, dell’issopo e della balsamita, di cui forse son l’unica detentrice al mondo. Questa pianta è arrivata a me per sbaglio. L’ho coltivata, distillata e ne è venuto fuori un olio che mi sta riservando piacevoli sorprese… Ho poi affiancato la raccolta di piante spontanee che crescono in zona: l’elicriso, la melissa, il ginepro, l’alloro. Infine da tre quattro anni a questa parte distillo da me gli oli, cercando di distillare le piante il più vicino possibile alla raccolta.
Quali sono le proprietà principali e quali benefici ha portato a te?
Ogni olio ha le sue proprietà e il suo messaggio da portarci. L’olio essenziale di lavanda ad esempio ha molteplici proprietà sul piano fisico e sottile. Sul piano fisico è un riequilibrante psicosomatico che calma se si è agitati e sostiene se si è giù. Lenisce la pelle, calma il bruciore di una puntura d’insetto o un prurito o una scottatura, messo sulle tempie diminuisce il mal di testa. Sul piano sottile dona armonia ed equilibrio, rilassa, calma, acquieta le emozioni, il nervosismo, l’ansia, l’iperemotività, le fobie, le paure, le tensioni nervose, i disturbi del sonno, aiuta ad accettare la propria individualità e trovare la propria strada e ispirazione…
Un po’ alla volta credo che sto facendo mie queste qualità, perché mi sento in equilibrio, ispirata e sicuramente sto scoprendo lati nuovi di me che un po’ alla volta accetto e integro.
Com’è cambiata la tua vita e quella della tua famiglia?
La mia vita sicuramente è cambiata. Grazie a questo lavoro sono entrata in contatto con persone in evoluzione, ho potuto lavorare su di me e prendere parte a vari percorsi di crescita personale che a volte son stati letteralmente sul campo, in natura. La mia famiglia mi sostiene, in primis mio marito, Walter, che mi aiuta nel momento delle distillazioni, e i miei figli, che se la cavano bene anche se la mamma non è a casa per alcuni giorni perché impegnata ai campi. Anche i miei genitori mi hanno aiutato, mio papà ha creduto nel progetto, e mia mamma mi aiuta coi figli quando sono assente.
In realtà se sono arrivata fino a qui è grazie anche a tutte le persone che mi hanno ospitato nel mio girovagare per l’Italia in cerca del mio paradiso, a coloro che mi aiutano durante la raccolta e a chi sente e apprezza i miei prodotti.
Dove vivi attualmente?
La mia vita non è ancora residenziale a Borgotaro, perché vivo a Padova e poi per svolgere i lavori mi reco lì, dove soggiorno in roulotte in mezzo alla natura il tempo che mi serve per svolgere i lavori. Non abbiamo ancora ristrutturato gli immobili nel podere. Un tempo di solitudine e lavoro in condizioni essenziali e a contatto con la natura è per me rigenerante ogni volta.
Com’è nata l’idea di coinvolgere altre persone nella raccolta e nel farle avvicinare a questo fiore?
È nata perché mi sono resa conto che è una fatica bella da condividere, che permette di creare un legame tra le persone ma soprattutto di riavvicinarsi alla Natura attraverso un’attività semplice e alla portata di tutti.
Qualche consiglio per chi desidera fare una scelta simile?
Valutate bene, non è sempre sole e caldo, arrivano l’inverno e il freddo, nei campi e nel cuore. La fatica a volte sovrasta e fa vedere tutto più scuro di quanto sia. Organizzatevi bene, mantenete una fonte di reddito sicura e quando tutto è pronto fate il salto. Tuttavia osate, informatevi, alleatevi con altri sognatori o meglio “desideratori” come voi. Un altro mondo è possibile, una vita più autentica e rispettosa del proprio sé è possibile. Nonostante tutte le difficoltà incontrate, gli errori commessi (non venendo dal mondo agricolo) sono contenta della scelta che ho fatto.
Quali progetti hai per il futuro?
Ogni giorno desidero migliorare quel che faccio e grazie a questo lavoro posso farlo. Un giorno ce la farò a condividere con quante più persone possibili tutto ciò che questo luogo e attività mi hanno dato. Infatti ho in mente un progetto non solo agricolo (di espansione della produzione di piante officinali, cui secondo me questo luogo è vocato) ma anche di ospitalità diffusa e integrata nella natura. Sto cercando intanto persone con i miei stessi valori (primo fra tutti il rispetto e l’amore per la natura e gli esseri umani e non) che possano condividere e sviluppare con me questo progetto “agrifuturistico”.
Foto di Cristina Maestri
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