Dal social network al volontariato, Chieri sperimenta l’associazionismo “aumentato”
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Torino - Capita, a volte, di imbattersi in storie che infrangono tutti i luoghi comuni, anche quelli che consideriamo più inattaccabili. Tra questi il fatto che i social network isolino le persone e che la solidarietà fra cittadini si possa trovare solo all’interno delle comunità di minori dimensioni.
È questo il caso di “puliAMOchieri”: il nome è evocativo delle intenzioni ma la genesi e le prospettive del gruppo vanno raccontate, perché in qualche modo superano le più rosee aspettative.
Tecnicamente stiamo parlando di un gruppo Facebook in cui gli attivisti si coordinano per dare seguito alla pulizia di alcune aree verdi della città di Chieri. Sono tutti volontari inquadrati in quello che in burocratese si chiama “patto di condivisione”. In pratica l’amministrazione comunale mette a disposizione dei volontari tutti gli strumenti necessari per espletare la loro opera di volontariato e i volontari prestano il lavoro manuale. L’iniziativa è di per sé lodevole eppure rappresenta solo una piccola parte della storia che sto per raccontare.
La spiega con entusiasmo Antonella Legato, fondatrice e animatrice del gruppo. «”puliAMOchieri” si occupa principalmente della gestione delle aree verdi di Chieri, ma nasce da una precedente esperienza. Il primo gruppo che ho fondato si chiama infatti “CHIERI è…..».
Perché ha deciso di fondare un gruppo Facebook?
«Frequentavo alcuni gruppi Facebook e mi ero stufata dei cosiddetti “leoni da tastiera”, persone che nelle chat passano facilmente all’insulto e si divertono a provocare. Mi sono chiesta in che modo si potesse limitare questo comportamento e mi sono risposta che la scortesia è più difficile se ci si conosce di persona. Ho quindi fondato un mio gruppo con lo scopo di portare le persone ad incontrarsi fisicamente, che sia anche solo per bere una birra o mangiare una pizza in compagnia. Ora ci incontriamo regolarmente e organizziamo eventi con decine e decine di persone».
Quindi non è poi così vero che i social network finiscano per isolare le persone…
«No, in effetti la mia esperienza mi dice che le persone attraverso i gruppi si incontrano e anzi, si sentono tanto coinvolte da far scattare vere e proprie “gare di solidarietà“: ad esempio abbiamo trovato casa ad una famiglia che l’aveva persa per impicci burocratici, grazie all’impegno e alla solidarietà dei membri del gruppo che si sono attivati, chi per trovare effettivamente la casa, chi per ospitare temporaneamente queste persone. Significativi sono anche i casi di chi trova lavoro grazie al gruppo».
E qui cade un altro mito: ci si aspetterebbe che queste gare di solidarietà e questo senso comunitario siano appannaggio esclusivo dei piccoli paesi più che di cittadine come Chieri. «Quali sono i numeri dei suoi gruppi?
Il più grande, “CHIERI è…..”, conta circa 4000 iscritti in quattro anni, ovvero 1000 nuovi iscritti all’anno! Ciò di cui si occupa “puliAMOchieri” è politica nel senso etimologico del termine: impegno per la propria città. È politica libera, perché apartitica e perché svolta liberamente dalle persone che si incontrano e si impegnano, compatibilmente con la loro disponibilità di tempo. Faticare per ottenere un risultato rende responsabili per quello stesso risultato e permette di apprezzarlo di più. In pratica, si finisce per amare maggiormente la propria città».
Che rapporti avete con le istituzioni?
«Anche se non si possono evitare piccoli conflitti, la collaborazione con le amministrazioni è reciprocamente soddisfacente: da un lato il nostro volontariato fa risparmiare parecchio alle casse comunali, dall’atro, gratifica i nostri volontari. Gli interventi ammontano a 60/70 ore di lavoro, perché siamo tanti. Ciò permette di dirottare i fondi comunali ad altri interventi più urgenti. Del resto, in questi anni, ho potuto conoscere personalmente numerose personalità dell’amministrazione pubblica. Molti di questi amministratori sono entrati a fare parte dei miei gruppi unendosi agli altri partecipanti, ci siamo successivamente incontrati e abbiamo fatto personalmente conoscenza.
Del resto, è normale che questi gruppi diventino una fonte di segnalazioni. Intendo dire che se qualcosa non funziona, capita che i membri lo segnalino nei “post” del gruppo. Ho sempre fortemente voluto controllare i contenuti di questo tipo. La presenza delle personalità di cui parlavo prima, mi ha permesso di farlo al meglio: mi ha permesso di chiedere direttamente alle istituzioni preposte se il problema fosse noto, o magari in via di soluzione o addirittura risolto, in modo da moderare le discussioni inserendo le spiegazioni del caso o cancellando direttamente quei post che lamentavano problemi ormai inesistenti».
Ma alla fine è riuscita a tenere fuori i leoni da tastiera?
«Sì, e in effetti, frequentando altri gruppi, mi succede di capire che cosa non vorrei che succedesse al nostro. Ottenere questi risultati è costato molto impegno ma riuscire a tenere bassi i toni, ci rende tutti più attendibili».
Quali sono le prospettive per il futuro?
«Ho intenzione di continuare a fare quel che faccio, anche se ormai i numeri ci suggeriscono di trasformarci in un’associazione vera e propria. Abbiamo già pronto lo statuto e a breve diventeremo associazione.
Per entrare a far parte del gruppo è sufficiente chiedere l’iscrizione. Con il tempo siamo diventati bravi a scoprire i profili falsi creati solo per disturbare e nel caso, non li accettiamo, ma in generale accettiamo tutti».
E se fosse questo il futuro delle città e dei social network? E se fosse questo il modo in cui i cittadini possono riappropriarsi delle proprie comunità, a prescindere da quanto grandi e spersonalizzanti possano essere? puliAMOchieri” e “CHIERI è…..” sono un modo per aggregare efficacemente la buona volontà di molti, abbattendo le barriere di tempo e spazio, per conoscersi e coordinarsi e poi partire all’azione pratica in un ambito territoriale prossimo. I risultati ottenuti dai gruppi di Antonella Legato sembrano dare ragione a questo tentativo, chissà che a breve queste esperienze non incomincino a replicarsi un po’ ovunque.
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