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Che cosa è un’opera d’arte? Che cosa significa trasformare la propria vita in un’opera d’arte? Mi accade spesso di confrontarmi con questi quesiti, sentendoli profondamente connessi alla missione di Italia che Cambia e alla mia vita. Di fronte ai grandi problemi di questo periodo storico e alle difficoltà che la vita presenta, c’è il rischio di considerare l’arte come un bene superfluo. E invece abbiamo bisogno di artisti, di creativi, perché essere un creativo significa anche saper cogliere delle potenzialità diverse nella realtà che ci circonda, qualità essenziale per il cambiamento, e saperle concretizzare, renderle opera, appunto, superando le difficoltà con creatività.
Siamo a Corviale, nella periferia romana, è qui che l’artista Monica Melani è cresciuta. Viveva qui quando ancora il Nuovo Corviale, il così detto “Serpentone”, complesso residenziale lungo quasi un chilometro costruito a partire dagli anni ’70, non c’era ancora. All’ombra di questo imponente manufatto architettonico ispirato a Le Courbusier, Monica ha iniziato a portare avanti la sua personale ricerca sentendo che l’arte si era allontanata dalla sua vera funzione. Quella di ricordarci che siamo tutti co-creatori della realtà, che, come oggi ci dice anche la fisica quantistica, quando poniamo la nostra attenzione su qualcosa creiamo una possibilità che poi diventa la nostra realtà.
Una ricerca che ha portato Monica alla creazione della pittura energetica, ma sopratutto a considerare il luogo in cui abita, fatto di luoghi, persone, dinamiche sociali, la tela sulla quale creare la propria opera d’arte.
«Sentivo la necessità di rimettere al centro del territorio il valore dell’arte e degli artisti. Come molti artisti della mia età, mi sentivo un po’ emarginata, non coinvolta nella riqualificazione del territorio e della qualità della vita. Quindi ho pensato di fare qualcosa, partendo dal territorio che abitavo. Quando era stato costruito il Nuovo Corviale erano state predisposte una serie di strutture per i servizi che però poi non erano state ultimate. Tra queste c’era un luogo abbandonato da più di 20 anni, che si trova attualmente sotto la sala del Consiglio del Municipio XI, dove ci sono gli uffici tecnici, i vigili urbani. Di fronte c’è una scuola e una biblioteca, un luogo ideale per ospitare un centro per i servizi alla comunità di questo grande quartiere. Quando sono entrata in questo grande spazio seminterrato (oltre 800 metri quadri), sono rimasta folgorata dalla sua struttura inconsueta, con soffitti alti fino a otto metri e una parte centrale circolare tipo anfiteatro. Ho iniziato ad immaginarmelo già finito, ma ovviamente non avevo i soldi per poterlo risistemare», racconta Monica.
È nata così l’idea de Il Mitreo, spazio polifunzionale dedicato all’arte e alla comunità. Un progetto che il Municipio XI ha subito apprezzato. «Chiaramente anche loro non avevano i soldi necessari, così ho iniziato a cercare bandi che mi permettessero di realizzarlo e nel 2004 ho individuato un bando dell’assessorato alle periferie del Comune di Roma, che ho vinto nel febbraio 2005. Ho dovuto creare un’impresa, una srl, perché il bando prevedeva un soggetto giuridico di questo tipo che ho chiamato Iside, Impresa al Servizio dell’Individuo e Della sua Evoluzione, e così ho ottenuto dal Municipio la convenzione per attuare il progetto. I lavori sono iniziati nel 2005 e lo abbiamo inaugurato ufficialmente nel maggio del 2007 questo spazio».
Certo ci sono state tante difficoltà lungo il percorso ormai decennale, a partire dalla iniziali difficoltà finanziarie. Infatti, «il bando prevedeva un contributo di 98.000€, ma ne dovevano spendere almeno 200 per averli e nessuna banca era disposta a fare credito ad una nuova impresa. Però alla fine sono sempre riuscita a trovare delle soluzioni. In questo caso, ho posto il problema al Comune di Roma che ha deciso di fare da garante presso alcune banche. Per ottenere l’autorizzazione al pubblico spettacolo ci sono voluti due anni e mezzo, perché l’ambiente polifunzionale che abbiamo creato, uno spazio ideato per trasformarsi e stimolare la creatività grazie a pareti mobili, non rientrava in nessuna casistica normativa. Ma alla fine siamo stati i primi nel comune di Roma ad avere l’autorizzazione triplice, per rappresentazioni teatrali, concerti, serate danzanti.
Una delle battaglie più impegnative è stata portare qui le persone. Abbiamo iniziato a fare serate con ospiti internazionali, ma quando arrivano a Termini nessun tassista voleva portarli a Corviale di sera. C’è voluto tempo per farci conoscere e superare questi problemi. E non è stato semplice neanche portare qui le persone del quartiere, erano disilluse dalle tante promesse tradite in passato e ci guardavano con sospetto. Abbiamo iniziato a fare attività specifiche per loro, attirando prima gli anziani che vivono di più il territorio, con incontri di movimento corporeo ed anche una giornata a settimana dedicata al burraco, con i tavoli in mezzo alle opere d’arte».
Oggi il Mitreo è frequentato da tantissime famiglie, anche dei quartieri limitrofi, che vogliono stare insieme in un modo creativo. All’interno sono ospitate numerose associazioni, insieme all’associazione “Mitreo-Iside” fondata nel 2011, che offrono quotidianamente corsi e laboratori sui vari linguaggi dell’arte per bambini e adulti dai 3 ai 90 anni (arti visive, danza classica, contemporanea, popolare, teatro, artiterapie, canto, ecc. e migliaia di ore offerte gratuitamente a soggetti svantaggiati affinché abbiano pari opportunità). Un luogo-opera in continuo divenire, dove si incontrano artisti di vari linguaggi, istituzioni, enti pubblici, associazioni, imprese private e pubblico, coniugando cultura, impegno sociale e sviluppo economico. Un luogo divenuto negli anni un importante punto di aggregazione e riferimento culturale che ha saputo anche avvicinare le persone all’arte.
«Per me il Mitreo è un’opera d’arte perché è calzante con quello che ho sempre pensato rispetto al valore dell’arte: qualcosa a servizio dell’essere umano e che lo aiuta a conoscersi meglio, a conoscere le dinamiche anche quelle invisibili. È vero che è nato da me, ma è un progetto collettivo. Un’opera in cui gli elementi non sono più il colore, la figura che metti in uno spazio per creare un quadro, ma sono le persone, con i loro sogni, con i loro bisogni, con i loro caratteri, personalità e quello che c’è da fare è armonizzare il tutto, come avviene su una tela. Cambia solo la dimensione, cambia la complessità, ma la dinamica del processo creativo è la medesima. Devi osservare, capire l’altro chi è, come quando hai un colore in mano, che ha le sue caratteristiche, il suo modo di porsi su una tela. Devi comprendere come raggiungere il massimo risultato, cioè la massima armonia con gli elementi che hai a disposizione».
Quest’anno il Mitreo ha vinto il Premio Cultura di Gestione per la rigenerazione urbana di Federculture, e si è formata una rete tra le imprese locali grazie al progetto Co&Ca. Ma è arrivata anche l’imprevista comunicazione che alla scadenza della convenzione, a dicembre 2020, la nuova giunta ha intenzione di non rinnovarla e mettere a bando la gestione dello spazio in base alla delibera 140 del Comune di Roma che prevede il riordino delle concessioni degli immobili e proprietà del Comune. Una decisione a cui tutta la comunità si oppone.
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