Silenzio e relazioni, il patrimonio da tutelare dei borghi italiani
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Cosenza - Silenzio, acqua buona, aria pulita, cibo sano e relazioni umane sincere e appaganti. È ciò che Silvia Salmeri, cofondatrice di Destinazione Umana, ha trovato quando ha cominciato a frequentare un borghetto incastonato fra le montagne del Pollino. Queste caratteristiche l’hanno talmente colpita per la loro bellezza e le capacità rigenerative che possiedono, che ha avuto un’idea: perché non creare una scuola per sostenere questa e altre realtà simili, che negli anni della grande urbanizzazione hanno perso via via importanza, abitanti e identità, fino quasi a scomparire?
Come ti sei ritrovata al sud, in particolare in Calabria?
Mi ci sono ritrovata prima per lavoro e poi per amore. Avevo iniziato a notare un risveglio interessante di questa regione ed ero curiosa di andarci, non essendoci mai stata, se non di passaggio nei lunghi viaggi verso i parenti siciliani. Così, ho colto al balzo la proposta giunta da una host della nostra rete che mi invitava a partecipare a un loro evento ed è stato amore. Prima verso questa terra e poi verso quello che è diventato il mio compagno.
Prevedi un’inversione dei flussi migratori che hanno caratterizzato l’Italia negli ultimi decenni, ovvero da sud a nord e dai piccoli centri alle grandi città?
Parlare di inversione dei flussi migratori è un’affermazione impegnativa che richiede un’analisi non di mia competenza, poiché mi occupo di turismo, seppur alternativo. Quello che noto dal mio punto di vista è sicuramente un’inversione di tendenza: sono sempre di più le persone in cui mi imbatto che magari, dopo anni al nord o all’estero, sentono l’esigenza di tornare al sud e di ricongiungersi con le proprie radici.
Altre, come me, hanno origini al sud ma sono nate e cresciute altrove e a un certo punto della loro vita sentono l’esigenza di riconnettersi con quella parte di loro stesse che a malapena conoscono. Altre ancora non hanno origini qui ma quando ci si ritrovano si sentono a casa e decidono quindi di fare cambiamenti, anche radicali, per ricostruirsi una vita in luoghi che apparentemente promettono poco ma che nella sostanza hanno molto da offrire in termini di qualità della vita.
Qual è la ricchezza dei piccoli borghi del meridione e perché è un patrimonio da tutelare?
Senza cadere nella retorica, io credo che la ricchezza dei piccoli borghi sia il silenzio. Sto rispondendo a questa intervista da Civita, piccolo borgo in provincia di Cosenza: stamattina mi sono svegliata con la luce del sole che entrava dalla finestra, sono uscita sul terrazzino della mia camera ed ero circondata dalle montagne del Pollino. E ho pensato: cosa mi manca? A parte un caffè (che scendo a farmi!) nulla. Franco Arminio direbbe che andrebbero prescritti dai medici questi borghi proprio per intendere: “Vai a prenderti un po’ di silenzio, vai a prenderti un po’ di luce, vai soprattutto a respirare un po’ di aria buona. La vita è essenzialmente respirare”.
Quindi il patrimonio da tutelare è questo: il silenzio, la luce, l’acqua buona, l’aria pulita, il cibo sano, le relazioni sociali. Non dico che sia semplice e non voglio assolutamente dare una versione romanticizzata del tutto, perché è ovvio che semplice non lo è. Ma non lo è nemmeno vivere altrove. Credo che la soluzione stia nel movimento, laddove possibile: andare e tornare, distanza e vicinanza. Per portare sempre nuove energie: dentro noi stessi in primis e, a cascata, nelle relazioni e nei territori in cui decidiamo di stare.
L’interazione con le comunità locali è importante? Come si può realizzare?
È fondamentale perché uno dei limiti qui – e l’ho sperimentato personalmente – è che ti manca tutta la rete di relazioni sociali che magari hai altrove. O almeno, qui è più distante: può essere che trovi persone con cui condividere interessi e progetti, ma che sono in altri territori della regione. Quindi è fondamentale entrare in contatto con chi il paese lo vive e questo puoi farlo solo essendo presente. Andando a comprare il pane in bottega, andando in posta a fare la fila, passando un po’ di tempo in piazza.
Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a lanciare la summer school e quali gli obiettivi?
La motivazione è mostrare che si può fare e ce lo racconteranno docenti che stanno portando avanti progetti molto concreti al sud o, più in generale, in aree interne italiane, come Fondazione Cariplo che ha confermato la sua presenza. L’obiettivo è accendere scintille, sia nelle persone che parteciperanno (i posti sono limitati e in esaurimento!) ma anche in chiunque ci si imbatta perché legge un articolo o ne se sente parlare.
In che modo i concetti di turismo ispirazionale e comunicazione umana possono contribuire a rilanciare queste realtà?
Faccio una premessa per spiegare entrambi questi concetti. Il turismo ispirazionale propone quella nuova forma di viaggio che porta alla scoperta di stili di vita alternativi, di piani B, di strade sterrate ma panoramiche che ci facciano uscire da quello che sembra un unico modo di vivere, per farci assaporare qualcosa che sia più affine a noi, al nostro sentire più che agli innumerevoli doveri.
La comunicazione umana è invece quella strategia di comunicazione che abbiamo ideato e che mette, come sempre, al centro la persona. Non è vero che per raggiungere il nostro interlocutore bisogna essere ovunque e saper usare tutti gli strumenti. Quello non è comunicare, quello è stalking! Per comunicare bisogna avere innanzitutto qualcosa da dire e non è detto che questo sia sempre chiaro. Una volta chiarito il messaggio, noi cerchiamo di capire quali strumenti sono più affini al comunicatore e come usarli al meglio per raggiungere il suo interlocutore. Ecco quindi che il primo strumento – far conoscere stili di vita alternativi attraverso esperienze di viaggio – e il secondo – capire come comunicare – possono essere, a nostro parere, due validi mezzi per rilanciare queste realtà.
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