Un ragazzo in cammino tra la bellezza e la resistenza post terremoto
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Ha ventisette anni Matthias Canapini, scrittore e fotografo di Fano, che ha scelto di camminare sull’Appennino del post terremoto per raccontare la resistenza silenziosa delle nostre terre. Dopo otto anni di viaggi all’estero raccontando conflitti, rotte di migranti e storie di guerra dai Balcani alla Siria passando per Nepal e Mongolia, Matthias ha deciso di percorrere le vie dei nostri partigiani alla scoperta delle memorie d’Italia. Nasce così la voglia di raccontare i borghi e le realtà del “cratere dimenticato” dei terremoti del 2016 del centro Italia.
In viaggio scopre una resistenza silenziosa, esperienze inaspettate per riempire i vuoti e contrastare lo spopolamento. Ci racconta Matthias: «È un viaggio anche introspettivo per raccontare le radici della nostra gente. Da un anno e mezzo camminando raccolgo storie per restituire nomi e volti. Ho scelto di viaggiare a piedi perché ho ritenuto che questi fossero lo strumento più rispettoso per raccontare, andando lento, un dramma sotto casa».
Matthias parla infatti di un conflitto silenzioso, fatto di vittime, traumi e di feriti. Una forte umanità che tenta di risollevarsi, che torna comunità e condivide ciò che è rimasto aiutandosi. Emerge una solidarietà tipica delle situazioni difficili che riservano sorprese straordinarie. «Voglio continuare a tessere una rete tra le varie comunità che con tenacia resistono. Ho abbandonato le fotografie delle macerie al terzo giorno poi ho capito il bello che sopravvive al dramma».
Gli domando quale progetto stia seguendo al momento. «Ho deciso di sostenere alcune realtà vendendo le mie foto, dopo aver pubblicato anche un libro, ad esempio il progetto sul Monte Vettore: Monte Vector. Insieme a due amici che hanno perso casa e lavoro abbiamo riaperto questo rifugio di fortuna per un turismo sostenibile e inclusivo. Infatti vogliamo riaprire un sentiero chiamato “sentiero per tutti”, reso inagibile dalle piogge, anche per i disabili. Stiamo lanciando una campagna per diffondere in ogni Parco Nazionale d’Italia una sedia a rotelle da trekking per disabili come la Joëlette. Questo rifugio ci permette di aiutare viandanti e pellegrini, di creare rete e comunità. Poi lanceremo una raccolta fondi per una yurta per disabili che vorremmo aprire l’anno prossimo».
Dal terremoto nasce un’idea molto diversa di come stare al mondo, c’è qualcosa di molto di più.
Matthias ci racconta della storia dell’Agrinido “La quercia della memoria” di San Ginesio. Questa realtà sviluppa esperienze legate al contesto rurale con una forte attenzione alla naturalità ed alla selvatichezza. È un esempio di buona pratica di agricoltura civica e sociale nel contesto speciale del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Federica e Franco che gestiscono l’Agrinido hanno scelto di vivere nell’unica stanza agibile del ristorante e hanno messo una Yurta nel terreno donato al Comune dai loro genitori e dalla solidarietà nazionale di tante associazioni, gruppi e singoli cittadini, dalle Associazioni nazionali dei Pediatri, dagli operai dell’azienda Frau di Tolentino, per permettere ai bambini di superare l’inverno. L’agrinido ha molti più bambini di prima del 2016, c’è stata una forte risposta della comunità che li supporta nelle diverse iniziative.
Un’altra protagonista della rinascita che ci racconta il fotografo di Fano è l’archeologa Assunta Perilli di Campotosto, in provincia dell’Aquila. Dal 2000 ha rispolverato e ridato utilità al vecchio telaio della nonna imparando l’antica tessitura dalle anziane del luogo. Con il terremoto ha perso la casa ma andando contro i divieti e le norme ha riaperto una bottega in legno “La fonte della tessitura”. Assunta è diventata così un personaggio famoso in un paese muto, all’interno di quel “cratere dimenticato” della zona terremotata. «Ora la si trova a lavorare all’entrata del paese e fa laboratori in giro, si sostiene vendendo tutto a turisti e viandanti», spiega Matthias. Vive nei map: modelli abitativi provvisori del terremoto dell’Aquila e si definisce semplicemente un’amante della montagna.
«Mi interessa dare voce ai margini di questo terremoto – conclude Matthias – raccontare cosa c’è oltre la scossa perché il terremoto ha inizio nel momento in cui finisce».
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