La gioia di Enrico: va in scena la lotta alla sclerosi multipla – Io faccio così #253
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Savona - Lo scorso febbraio abbiamo pubblicato la storia di Teatro Cantiere, un progetto artistico, culturale, sociale e riabitativo, nato tra Liguria e Toscana e basato, da pochi anni, nell’entroterra di Savona, a Piania Crixia. Come chi ci segue ricorderà, tra le tante iniziative portate avanti da questa compagnia, troviamo il cohousing e l’attenzione alle tematiche sociali nella loro produzione artistica.
Questi due elementi si incontrano nella storia di Enrico Tagliavini, o meglio ne La Gioia di Enrico. Enrico è un uomo di 47 anni che vive al secondo piano della grande casa che fa anche da sede ufficiale di Teatro Cantiere. Enrico convive con la sua compagna, Rosa Fenoglio. Enrico è ammalato di sclerosi multipla da molti anni. Enrico cammina, fa le scale, e porta la sua esperienza in teatro.
Facciamo un passo indietro. Hengel Tappa, che porta avanti la compagnia insieme a Sara Pirotto e Davide Cangelosi, dopo avermi descritto le varie iniziative che abbiamo riportato nel precedente articolo mi introduce a questo – per me nuovo – mondo: “Nelle nostre attività – mi spiega – gli attori coinvolti in qualche performance fanno una ricerca molto personale su se stessi, sulla loro vita, su quello che sono e su quello che vorrebbero essere. Per noi è un aspetto molto importante. L’attore cerca dentro di sé. Ciò diventa lampante nel caso di Enrico e della sua storia personale. Enrico ha fatto diverse scelte importanti nella sua vita e insieme a Teatro Cantiere ha deciso di raccontare la sua storia in modo fedele, portando tutto in scena. Questo lavoro ha sicuramente rappresentato uno dei momenti più importanti della nostra storia e della nostra ricerca”.
Tutto ha inizio oltre vent’anni fa. Enrico era al bar e a un certo punto si rese conto di non avere sensibilità sulla pancia. Il giorno dopo non sentiva più pancia e mani. Il terzo giorno erano diventati insensibili anche i piedi. Da qui la corsa al pronto soccorso dove fu ricoverato.
“Quando mi hanno ricoverato – racconta – non mi hanno detto cosa avevo. Dopo qualche mese, continuavo a vedere i miei genitori un po’ evasivi, perché i medici avevano detto che l’aspetto psicologico era il più importante. In realtà, quello è stato per me il momento peggiore, vedevo che non stavo bene e non capivo perché. Negli anni ho avuto diversi attacchi, fino a quando, nel 2006, non riuscivo più a muovermi.
Ho deciso subito di non seguire le terapie tradizionali perché sentivo che non mi avrebbero fatto bene. I medicinali che mi davano sarebbero stati forti. Ho fatto tante ricerche, incontrato anche diversi ciarlatani, ma ho trovato anche medici molto in gamba.
Piano piano alcune cose andavano a posto. La cannabis terapeutica mi ha aiutato per quanto riguarda la vescica neurologica, che è un problema per chi ha la sclerosi; inoltre, ha svolto un ruolo fondamentale la sperimentazione che ho seguito, il metodo Zamboni. Mi hanno fatto una semplice angioplastica, entrandomi dall’inguine e gonfiando un palloncino nelle vene e grazie a questa operazione si è risvegliata una gamba che non sentivo da sette anni. Ora sto seguendo un altro metodo brasiliano: il metodo Coimbra, che si basa sulla assunzione di vitamine D, quella del sole, che prendo 6 volte al giorno. Ovviamente devo seguire un certo protocollo, ma mi ha dato un grande aiuto”.
Enrico ha conosciuto Sara ed Hengel a Pisa oltre 10 anni fa. Lo scorso anno – in occasione di Balla con i cinghiali – Hengel propone a Enrico di realizzare una video-testimonianza sulla cannabis terapeutica. Ma subito dopo, l’idea del video si è trasformata nella proposta di realizzare uno spettacolo e così è stato.
“Ho cominciato a venire qui nel maggio 2017 – mi confida Enrico – mi sono trovato subito molto bene con loro. Abbiamo messo su questo spettacolo in cui io racconto la mia storia sulla sclerosi multipla, spiegando che ho rifiutato i medicinali tradizionali, ho fatto una mia ricerca e, contro ogni previsione, oggi sto meglio. A marzo 2018 mi sono addirittura trasferito qui e condivido l’appartamento – tra gli altri – con Rosa e Samuel”.
Come anticipato, con Rosa è sbocciato anche l’amore. Lei, giornalista, aveva recensito il suo spettacolo. Oggi vivono felicemente in questo paesino che vanta circa 800 abitanti, immerso nella natura.
“Qui ho trovato la mia dimensione – continua Enrico – perché vivo a contatto con al natura; i ragazzi mi danno una mano, facciamo l’orto, e io mi occupo di far pascolare le galline. Ho una stanza al secondo piano, cosa che per me è fondamentale perché mi costringe a far le scale, mantenendo le mie gambe attive. Adesso sto bene rispetto a come sono stato; prima camminavo con due stampelle e stavo molto piegato. Per ogni cosa dovevo ricorrere alla sedia a rotelle. Poi piano piano, con una serie di terapie che ho fatto, con gli stimoli della vita e con il cambiamento, ho cominciato a stare meglio”.
Portare la sua storia in teatro è stata un’esperienza intensa, inedita non avendo lui in precedenza fatto l’attore teatrale. “Mi ha aiutato molto raccontare la mia storia – ci spiega – non mi devo calare in una parte, faccio me stesso! Ricordo ancora una delle prime rappresentazioni. Eravamo al teatro centrale di Cairo Montenotte,un teatro pieno di 350 persone… mi sono lanciato ed è stata una bella esperienza”.
Sul palco insieme a Enrico c’è Damiano Scaletta. Il taglio dello spettacolo vuole essere a tratti anche allegro, perché – sempre citando Enrico – “facendo le corna, il lieto fine per ora c’è”.
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