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I media, di qualsiasi tipo essi siano, nascono con lo scopo di informare la società con fatti di quotidianità, di politica, cultura, sport ecc. Negli anni, con la crescita esponenziale delle tecnologie, delle trasmissioni televisive e dei social media, siamo arrivati a conoscere ciò che succede anche in tempo reale ma, la fame di soldi di chi le gestisce, fa si che al pubblico arrivino quasi solamente notizie parziali o distorte, oppure che si parli raramente di fatti che possono interessare ed essere d’aiuto a molti cittadini se questi non generano direttamente fatturati.
Per esempio, ancora oggi si vedono servizi delle indagini sulla morte di Sarah Scazzi o Yara Gambirasio (fatti risalenti a tempo fa) invece ad una fuga di gas successa il giorno stesso, viene dedicato uno spazio di pochi minuti. Questo perché per chi produce informazione è più conveniente divulgare notizie che generano più ascolti e quindi vendono di più.
Troviamo un altro esempio significativo di informazione distorta nella rappresentazione che i media danno del mondo del lavoro: al telegiornale, infatti, viene spesso evidenziato come in Italia ci sia un tasso elevato di disoccupazione facendo intendere che si tratti di una delle tante colpe del governo di turno o di una società malata che è ferma in ambito produttivo. Secondo alcune statistiche molte persone, soprattutto fra i giovani, smettono addirittura di cercare lavoro influenzati da tali notizie negative, bloccando tutto il sistema. In realtà il lavoro c’è, sparso per tutta Italia, grazie ad imprenditori, associazioni e startup che decidono di cambiare delle realtà difficili creando lavoro per molte famiglie ma, di questo, non ne parla quasi mai nessuno.
Non è tutto. I media ci danno informazioni sugli omicidi o su altri atti di stampo mafioso (come ad esempio riciclaggio di denaro, negozi saltati in aria perché non pagavano il pizzo, gioco d’azzardo); non stiamo negando l’importanza di dare visibilità a questo tipo di informazioni ma riteniamo che sia altrettanto importante raccontare di tutte quelle persone che si uniscono per creare progetti, associazioni nuovi che in qualche modo cercano di contrastare la mafia sensibilizzando quante più persone possibili.
Ci sembra quindi evidente che sia più conveniente, per chi divulga le notizie, mantenere nella società questo clima di depressione e sconforto funzionale alle logiche economiche che abbiamo presentato all’inizio. Per contrastare queste logiche una soluzione sarebbe quella di sfruttare i social media condividendo le nuove opportunità di lavoro o creandone altre.
Realizzato da: Ciancio Veronica, Cuzzolin Simone, Accardo Antonio, Sala Mattia
Leggi l’articolo di Daniel Tarozzi che racconta il progetto Facci Caso!
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