Pediatra 2.0 2.0, a Torino il cambiamento entra in corsia
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Torino - Il progetto Pediatra 2.0 2.0 è un percorso formativo triennale nato dalla collaborazione tra la Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università di Torino, l’Istituto CHANGE, a cui è affidato il coordinamento didattico del progetto, e l’Associazione Piccoli Passi.
I primi destinatari del progetto sono gli specializzandi futuri pediatri iscritti al terzo e quarto anno della Scuola di Specializzazione nell’anno accademico 2018-2019.
Il percorso formativo si basa sul metodo sistemico-narrativo sviluppato dall’Istituto CHANGE per la formazione alla comunicazione dei professionisti della cura ed è finanziato dalla Fondazione CRT di Torino.
Perché insegnare couselling e tecniche di comunicazione in una Scuola di Specializzazione per pediatri? Lo chiediamo a Silvana Quadrino, fondatrice dell’Istituto CHANGE e coordinatrice del progetto:
“Dal 2016 sono docente di counselling al quinto anno della Specializzazione in Pediatria di Torino. I futuri pediatri mi segnalano spesso di sentirsi impreparati nel gestire la comunicazione con i genitori, i bambini e gli adolescenti nei diversi momenti dell’intervento di cura e di sentire la mancanza di una formazione adeguata su questi temi.
Per questo abbiamo cominciato a pensare a un percorso di formazione sui temi della comunicazione e della relazione di cura che iniziasse al terzo anno della specialità e accompagnasse i futuri pediatri per tre anni, fino al conseguimento della specializzazione. Si tratta di un corso facoltativo e gratuito parallelo alla formazione accademica.
Il progetto è stato presentato alla Fondazione CRT che lo ha accolto e ha concesso un contributo per realizzarlo.
L’interesse degli specializzandi per il corso è stato subito molto alto: anche se sono molto impegnati con le lezioni e con i turni nei reparti, si è iscritto l’85 % degli studenti. Infatti nel loro lavoro all’interno dei diversi reparti pediatrici sperimentano situazioni comunicative difficili: reazioni emotive dei genitori e dei bambini, domande a cui non possono dare risposte, situazioni di incertezza riguardo alle condizioni del bambino. Poter aggiungere alle competenze cliniche che acquisiscono nel corso della specializzazione anche competenze di comunicazione solide e concrete permette loro di affrontare il futuro lavorativo con maggiore sicurezza e minori preoccupazioni.
Il percorso formativo si sviluppa su tre aspetti.
Primo, l’acquisizione di una logica sistemica, che permette al medico di essere consapevole della complessità della rete di persone coinvolte nella salute e nella cura del bambino, di tenere conto degli effetti di tutte le comunicazioni che i genitori ricevono e di vedere la salute e la malattia non soltanto nei suoi aspetti fisici e biologici ma in quelli sociali, economici, relazionali e culturali.
Una maggiore capacità di tenere conto di questi aspetti permette di dare senso a comportamenti e atteggiamenti che possono sembrare incomprensibili o “cattivi” agli occhi dei medici, come, ad esempio, una presenza discontinua accanto al bambino malato. Spesso le giovani mamme hanno lavori precari o che non consentono assenze prolungate poiché rischiano il licenziamento. Oppure ci sono altri figli piccoli che richiedono l’attenzione dei genitori, specialmente quando la malattia di un fratello ha assorbito il loro tempo e questo li ha fatti sentire abbandonati e soli. Sono aspetti di cui i medici non sono abituati a tenere conto e che creano tensioni nella relazione con le famiglie e interferiscono con la qualità della cura.
Secondo, l’approfondimento della conoscenza di sé, dei propri pregiudizi, dei propri valori che influiscono sugli atteggiamenti nei confronti dei genitori e dei bambini. I futuri pediatri si rendono conto, lavorando su questi argomenti, di avere aspettative di comportamento “saggio” da parte del bambino malato, di trovare fastidiosi o incomprensibili alcuni atteggiamenti della mamma o della famiglia e di tendere a giudicare “cattivi genitori” quelli che si comportano in modo troppo diverso dalle proprie aspettative. Essere più consapevoli delle proprie convinzioni permette di rapportarsi meglio nelle diverse situazioni e di limitare la conflittualità che talvolta emerge nelle situazioni di cura.
Infine l’acquisizione di strumenti e tecniche di comunicazione che permettano al pediatra di gestire con maggiore efficacia tutti i momenti del suo intervento con il bambino e con i genitori che vanno dall’offerta di informazioni chiare e comprensibili sulle condizioni del bambino, sulle proposte di intervento fino all’affiancamento nei momenti in cui è necessario prendere decisioni importanti, il sostegno della motivazione nella cura di malattie croniche o la comunicazione delle cattive notizie.
Silvana Quadrino racconta come questo metodo di formazione sia stato applicato con successo a partire dal 2005 all’Ospedale Sant’Anna di Torino nella formazione di tutto il reparto di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale della Clinica Universitaria diretta dal prof. Claudio Fabris.
Per circa 12 anni, grazie a contributi della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT e della Fondazione Paideia, tutto il personale del reparto ha frequentato regolari incontri di formazione sui temi della comunicazione ed è stato affiancato con incontri per la discussione di situazioni comunicative, organizzative e decisionali. Questo ha portato a consolidare l’acquisizione di un metodo di comunicazione che caratterizza a tutt’oggi lo stile del reparto.
Interessante il percorso che ha portato nel 2006 ad aprire 24 ore su 24, ai genitori, il reparto di Terapia Intensiva Neonatale. L’obiettivo, fortemente voluto dal prof Fabris, suscitava perplessità soprattutto nel personale infermieristico, che temeva che quel cambiamento disturbasse lo svolgimento della delicata attività di assistenza dei piccoli e creasse affollamento in reparto.
Per superare queste perplessità le modalità di apertura del reparto sono state oggetto di una serie di incontri con il personale, per individuare le difficoltà immaginate, le esperienze già realizzate in altri contesti italiani e stranieri e le possibili soluzioni ai problemi che potevano presentarsi. Il percorso che ha consentito l’apertura del reparto 24 ore su 24 è stato così costruito dagli operatori stessi, con norme precise, opuscoli informativi chiari, regole di comunicazione con i genitori condivise da tutti.
Questo ha permesso fin da subito di evitare l’affollamento che si temeva potesse ostacolare il normale svolgimento delle attività del reparto; al contrario la presenza dei familiari risultò più scaglionata, con vantaggi sia per le famiglie che per gli operatori.
In questo caso l’uso competente della comunicazione si è rivelato uno strumento fondamentale per gestire un cambiamento.
Anche per Pediatra 2.0 2.0 il tema del cambiamento ha portato il prof. Ugo Ramenghi, direttore della Scuola di specializzazione in pediatria, a condividere e sostenere il progetto: il pediatra dei prossimi decenni dovrà muoversi in una società in cambiamento e dovrà avere gli strumenti per farlo.
Nel 2020 il percorso verrà proposto anche agli specializzandi in pediatria di altre città italiane, in modo da aprire al maggior numero di futuri pediatri la possibilità di acquisire le competenze necessarie per svolgere tutti gli interventi di cura, di informazione e di educazione sulla salute che il loro lavoro prevede sia negli ospedali che sul territorio.
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