18 Giu 2019

“In che lingua giochiamo?” Ritrovare le proprie origini tramite il gioco

Scritto da: Diego Garassino

La società italiana è ormai multietnica e alcune comunità si sono integrate così bene da rischiare di perdere le proprie radici culturali e affettive. Per far sì che le nuove generazioni possano continuare a relazionarsi con i parenti rimasti nella madrepatria L’associazione culturale italo romena “Ovidio” di Chieri ha istituito un laboratorio linguistico di romeno “În ce limbă ne jucăm? (“in che lingua giochiamo”) che recentemente ha terminato il primo anno di attività.

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Torino - È pomeriggio e siamo a Chieri, in via San Filippo, 2 nella sede dell’associazione italo romena Ovidio. Un gruppo di bambini gioca festoso e chiacchiera in italiano, come potrebbe accadere in una qualsiasi scuola durante l’intervallo. Poi gli adulti li chiamano perché è ora di iniziare l’attività. I bambini “passano” al romeno e iniziano a leggere i racconti e a recitare le poesie della signora Doiniṭa Ioneṭ, scrittrice piuttosto famosa in Romania, venuta a Chieri appositamente per l’occasione.

È la festa di fine corso del laboratorio linguistico “in che lingua giochiamo”, un’iniziativa della durata di un anno che l’associazione ha promosso per insegnare a parlare, leggere e scrivere in romeno ai figli degli associati, bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni.

L’associazione ha reso disponibili i suoi spazi e il materiale didattico che le era stato inviato espressamente per queste attività dal ministero per i romeni all’estero (Ministerul Românilor de Pretutindeni) di Bucarest. L’iniziativa è stata possibile anche grazie al grande contributo delle famiglie che hanno sempre incoraggiato i piccoli “studenti”. “La maggior parte dei bambini ha sei anni e frequenta la prima classe della scuola italiana. Si può quindi dire che abbiano imparato a leggere e scrivere contemporaneamente in due lingue” ci dice l’animatrice del corso Irina Niculescu.

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Irina è mamma di due bambini “bilingui” e moglie in una coppia mista romena e italiana. “La questione del bilinguismo è una straordinaria opportunità, ma svela anche alcuni problemi della nostra società multietnica: ci sono almeno due aspetti che devono essere messi in luce. Infatti, da un lato c’è la potenza soverchiante della scuola italiana, che fa apprendere l’italiano molto in fretta e molto bene ai bambini degli immigrati e delle coppie miste, dall’altro la difficoltà dei bambini nati in Italia di intrattenere rapporti affettivi con i parenti rimasti in patria”.

“Mi spiego meglio – chiarisce l’insegnante – è un’ottima cosa che i bambini imparino presto e bene l’italiano: è la lingua del Paese dove vivono e questo sicuramente aiuta la loro integrazione e quella delle loro famiglie. Solo che così l’italiano diventa l’unica lingua che imparano e quindi si riducono le possibilità di interagire con nonni e zii rimasti in Romania.
Insieme ai rapporti affettivi si perdono anche le proprie radici e la conoscenza della propria cultura. Inoltre, con questi bambini anche i genitori stranieri iniziano a parlare in italiano. Però nel farlo incorporano errori di espressione tipici di chi non ha studiato la lingua e, paradossalmente, ciò peggiora l’apprendimento dell’italiano da parte dei loro bambini”.

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Qui la testimonianza si fa appassionata: “Collaboro con alcuni logopedisti che stanno proprio analizzando il fenomeno dei bambini bilingui. E questi ormai concordano sul fatto che oltre ad avvantaggiare negli affetti, essere bilingui aiuta nelle competenze di entrambe le lingue. Quindi i bambini di immigrati e a maggior ragione quelli di coppie miste, devono essere educati nella conoscenza di entrambi gli idiomi. Il nostro non è esattamente un corso, è piuttosto un laboratorio di gioco e lettura in romeno ed è stato fortemente voluto dalla nostra presidente Iulia Maria Boroianu”.

La presiedente è una figura storica dell’associazionismo chierese. Romena di origine ma in Italia ormai dagli anni ’70, è stata un punto di riferimento nei periodi difficili dell’immigrazione romena per tutta la provincia di Torino e non solo. A maggior ragione ora che il processo d’integrazione è compiuto, continua la sua opera in favore delle seconde generazioni.

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La signora Niculescu ci spiega perché l’LCCR è differente dal suo laboratorio: “il corso di lingua cultura e civiltà rumena è un progetto comune realizzato in collaborazione tra i due governi Romeno e Italiano. Il primo si impegna a trovare docenti qualificati e a fornire il materiale didattico, il secondo fornisce gli edifici in cui realizzare il corso, che poi sono le stesse scuole italiane in cui i ragazzi studiano.
Questi ultimi sono suddivisi in base a classi di età, analoghe a quelle delle scuole italiane. Di fatto, il corso è aperto a tutti i ragazzi interessati allo studio della lingua e della cultura rumena. Quindi non è appannaggio esclusivo degli immigrati ed è completamente gratuito. Al termine rilascia un attestato che consente ai partecipanti di iscriversi senza ulteriori esami ad una scuola di pari grado in Romania. Sebbene sia pensato per favorire eventuali immigrati di ritorno, potrebbe rivelarsi un’opportunità anche per studenti con qualsiasi cittadinanza.
La questione della doppia lingua e l’orgoglio per la propria cultura sono un argomento molto sentito dalla comunità italo-romena.

Ed è con un sentimento misto di gioia e commozione che si conclude il primo laboratorio di lingua romena. Un esperimento ben riuscito che si spera aprirà la strada a esperienze più strutturate. Un progetto che nella forma di gioco si è proposto di suscitare nei bambini e nelle loro famiglie la consapevolezza di un’integrazione compiuta e l’orgoglio per essere portatori di ben due millenarie culture europee.

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