Cosa dicono i bilanci sull’impegno dei comuni per la qualità dell’aria
Seguici su:
L’Organizzazione mondiale della sanità stima che ogni anno nel mondo, 4 milioni di decessi siano attribuibili all’inquinamento atmosferico. Le attività industriali, il riscaldamento domestico, il traffico veicolare e altre cause sono all’origine della presenza di agenti inquinanti nell’aria, a un livello pericoloso per la vita umana. Il contrasto di questo fenomeno rappresenta una delle sfide cruciali del terzo millennio e coinvolge tutti i paesi del mondo, compreso il nostro.
Il rapporto Ispra sulla qualità dell’aria in Italia mostra che, nel 2017, 35 aree urbane hanno superato il limite previsto dall’Ue sulla presenza nell’aria del Pm10. Questo termine identifica il materiale particolato aerodisperso, l’inquinante atmosferico con il maggior impatto sulla salute dell’uomo. Tra le cause della presenza del Pm10 riconducibili all’azione umana, la combustione del carburante dei veicoli è la principale.
Qualità dell’aria, più sforamenti al nord
Per legge è stato fissato un limite giornaliero di Pm10, da non superare più di 35 volte in un anno. La mappa mostra le aree urbane che hanno superato il limite, tra quelle per cui il dato 2017 era disponibile. Notare che le aree urbane si estendono oltre i confini della città di riferimento. I dati su Milano sono rappresentativi anche di Como e Monza.
Le aree urbane che hanno superato il limite del Pm10 sono concentrate nel nord Italia. Torino tra tutte registra il maggior numero di superamenti: 118 giorni al di sopra del valore stabilito. Seguono Cremona, Alessandria e Padova. Al centro e al sud del paese emergono Frosinone, con 93 giorni di superamento, Caserta e Avellino.
La spesa dei comuni per la qualità dell’aria
L’inquinamento atmosferico è un fenomeno di portata globale e richiede soluzioni politiche nazionali e internazionali. Ciò non toglie che degli sforzi per tutelare la qualità dell’aria debbano essere perseguiti anche a livello locale. In Italia, le regioni svolgono un ruolo centrale in questo senso, attraverso l’attività delle Arpa, le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. Questi enti pubblici monitorano fonti e fattori di inquinamento ambientale e svolgono un ruolo di supporto tecnico alle regioni, da cui sono gestite, e a province e comuni.
Nei bilanci comunali, la voce destinata alla qualità dell’aria include le spese per la costruzione e manutenzione di stazioni di monitoraggio, barriere anti-rumore per l’inquinamento acustico, impianti per decontaminare terreni inquinati. Comprende inoltre i sussidi a sostegno delle attività collegate al controllo dell’inquinamento e la spesa per interventi di controllo delle emissioni di agenti inquinanti nell’aria.
Mantenendo come territorio di analisi le aree urbane, abbiamo considerato quelle che fanno riferimento alle città più popolose d’Italia e osservato, in quei comuni, la spesa pro-capite per la riduzione e il controllo dell’inquinamento.
Genova spende di più delle altre grandi città per la qualità dell’aria
Spesso i comuni non inseriscono le spese per la qualità dell’aria nella voce di bilancio dedicata. Un comune potrebbe riportare una somma pari a 0 nel bilancio, non per l’effettiva mancanza di spesa in quell’ambito, ma perché ha utilizzato un riferimento diverso nel rendiconto rispetto a quello indicato.
Le grandi città del nord Italia, guidate da Genova, Padova e Venezia, hanno i livelli più alti di spesa, con un ampio distacco rispetto a Milano, Trieste e Torino. Sono invece escluse dalla classifica Roma, Verona e tutte le grandi città del sud (Napoli, Palermo, Bari, Catania, Messina), in quanto nei rispettivi bilanci riportano una spesa per qualità dell’aria e riduzione dell’inquinamento pari a 0.
Ma stanno veramente spendendo zero?
Vista la particolarità dei risultati e l’ampia discrepanza emersa dal grafico, abbiamo approfondito questa voce di spesa attraverso il documento unico di programmazione di alcune delle grandi città del sud. Si tratta dell’atto con cui gli enti locali traducono gli obiettivi dell’amministrazione nelle scelte di bilancio. Spesso le spese per la qualità dell’aria non sono inserite nella voce di bilancio dedicata. I comuni di Napoli e di Palermo fanno riferimento, nei propri Dup, ad attività relative al monitoraggio e alla riduzione dell’inquinamento, ma senza collegarle direttamente alla voce di spesa specifica.
Nel caso di Roma, queste attività sono associate a voci diverse da quella predisposta. Nell’ultimo Dup approvato dall’amministrazione capitolina, relativo al biennio 2019-2021, sono previste delle spese per regolamentazione e monitoraggio delle emissioni inquinanti nell’aria, ma vengono inserite nel programma di “tutela, valorizzazione e recupero ambientale”. Una voce che comprende, tra le altre cose, le spese per la manutenzione del verde pubblico, ed è quindi diversa da quella dedicata, che negli schemi di bilancio è denominata “qualità dell’aria e riduzione dell’inquinamento”.
Alla luce di questi casi, un comune potrebbe dunque riportare una somma pari a 0 nel bilancio, non per l’effettiva mancanza di spesa in quell’ambito, ma perché ha utilizzato un riferimento diverso nel rendiconto rispetto a quello indicato. 7.145 i comuni italiani che hanno una spesa pari a 0 per la qualità dell’aria nel 2017. Questo pone dei grossi limiti alle analisi sulla gestione delle risorse pubbliche da parte degli enti locali, mentre su un tema così centrale come la qualità dell’aria, sarebbe importante poter verificare in modo più immediato gli sforzi di chi amministra il territorio.
Solo 339 comuni registrano una spesa per la qualità dell’aria nel proprio bilancio
Le amministrazioni che spendono parte del proprio bilancio per la voce relativa alla qualità dell’aria si concentrano nel nord del paese. Questo risultato è in linea con quanto visto in precedenza: le aree urbane settentrionali hanno livelli di emissioni inquinanti più alti del resto d’Italia e questo potrebbe spingere i comuni a investire nella riduzione dell’inquinamento. Tuttavia, il dato più rilevante che emerge da questa mappa è che per la maggior parte dei territori italiani, compresi i più inquinati, è molto difficile ricostruire l’impegno degli enti locali nel controllo di questo fenomeno.
Articolo tratto da Openpolis.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento